7 minuti di lettura (1475 parole)

Le finiture ai silicati liquidi di potassio

LE FINITURE COLORATE – 2^ PARTE

Queste finiture, di origine minerale come quelle in calce, erano già conosciute verso la fine del medioevo sotto il nome di Liquor Silicium.
Nel 1768 Johann Wolfgang von Goethe si dedicò a numerosi esperimenti con il silicato di potassio. Nell'ottavo libro della sua "Poesia e verità" scriveva: "quello che mi ha tenuto occupato per la maggior parte del tempo è il cosiddetto "liquor silicium", che si ottiene sciogliendo selce quarzifera pura con una parte appropriata di alcali. Si ottiene così una massa vetrificata che si scioglie all'aria formando un liquido chiaro e trasparente...".
Nel 1878 fu brevettata, sempre in Germania, il legante ai silicati di potassio da un chimico bavarese.

Il silicato liquido di potassio, dal colore giallo paglierino o incolore (dipende dal grado di raffinatezza), applicato su un intonaco di calce, ripetiamo, di calce, interagisce chimicamente con il carbonato di calcio, presente in gran quantità in questo tipo di intonaco, e con l'anidride carbonica presente nell'aria e si trasforma in silice pura (vetro).
Come tutti sanno il vetro resiste perfettamente all'aggressione acida (di conseguenza non resiste ad aggressioni alcaline, cioè l'opposto dell'acido). Formando, quindi, questo strato di vetro sulla parte corticale dell'intonaco – non si deve però pensare a una pellicola, in quanto la trasformazione interessa i primi millimetri di intonaco senza rimanere in superficie – offre un'incredibile protezione al supporto dalle piogge acide aggressive, lasciandolo inalterato per parecchi decenni.
Oggi conosciamo tinte o pitture ai silicati di potassio che ben poco hanno a che vedere con le tinte originali. Non solo, gli intonaci cementizi, non contenendo molto carbonato di calce, permettono un'adesione limitata dei prodotti ai silicati, pregiudicandone la durabilità. Nello stesso ordine con cui abbiamo analizzato la composizione dei prodotti in calce, vediamo che le cariche minerali sono le stesse dei prodotti a calce mentre, per ottenere un bianco di base che permetta la colorazione del prodotto, dobbiamo introdurre una carica bianca che può essere fosfato di zinco o, più frequentemente, biossido di titanio.

Il biossido di titanio è una carica ad alto indice di rifrazione e con un potere coprente assoluto. Per questi motivi oggi è molto utilizzato anche nei prodotti sintetici. Ha però alcuni svantaggi che sono:
• Produzione di 100 tonnellate di scarti tossico-nocivi per ogni tonnellata di titanio resa, con elevati costi di smaltimento e inertizzazione dei rifiuti.
• Capacità di "raffreddare" i colori, ottenendo colori "sordi" e "freddi".
Facciamo attenzione quindi a sostituire il colore originale in calce di un edificio storico con prodotti a base di silicati di potassio. Il risultato che otterremo sarà molto simile all'esempio sotto riportato. La facciata, anche se mantenuta in modo ineccepibile sotto il profilo tecnico, avrà probabilmente perduto la sua personalità.
I pigmenti utilizzati per i prodotti ai silicati devono essere stabili alla luce e all'aggressione alcalina del silicato, ancora maggiore della calce.
Gli additivi che troviamo solitamente nei silicati sono resine sintetiche e metilcellulosa. In Germania il prodotto a base di silicati liquidi di potassio è considerato puro se contiene fino ad un massimo del 5% di resina sintetica. A tal proposito però è importante notare come nel 1997 siano cambiate le stesse norme DIN tedesche permettendo di raddoppiare il contenuto di resina. Si è passati infatti da un contenuto percentuale massimo di resina, espresso in volume liquido, ad un contenuto percentuale massimo espresso in residuo secco (normalmente il residuo secco di una resina è pari al 46-48% del volume liquido originale). Il motivo è che, purtroppo, gli intonaci sono sempre più cementizi e limitano quindi l'adesione chimica dei silicati al supporto.
In Italia non esistono norme che tutelino il consumatore sull'effettivo contenuto percentuale di resina e, costando quest'ultima meno del silicato (al contrario del prodotto in calce dove la resina acrilica costa dalle due alle quattro volte in più della calce stessa), ci ritroviamo con prodotti definiti "ai silicati" dove il contenuto effettivo di silicato liquido di potassio è decisamente basso.

Una piccola prova che invitiamo a fare, per verificare se il prodotto prescelto ha un elevato contenuto di silicato, è quella di applicare un po' di materiale su di una lastra di vetro. Una volta essiccato proviamo a rimuoverlo: se ha corroso la superficie ci indicherà che il prodotto contiene una buona percentuale di silicato. Se non ha prodotto abrasioni superficiali invece vorrà significare che il prodotto è in realtà una emulsione sintetica con un piccolo contenuto di silicati.
È altrettanto evidente la considerazione che, aumentando la resina sintetica nella formulazione, aumenterà proporzionalmente anche il  del prodotto, perdendo capacità traspiranti.

Le finiture sintetiche
Le finiture sintetiche sono nate alla fine della Seconda guerra mondiale. A qualche chimico venne in mente l'idea di smaltire le enormi riserve americane di gomma sintetica, allora vinilica, che serviva all'industria bellica, introducendola nelle pitture murarie. Nacque allora quello che in Italia si chiamò "Ducotone", famoso ancora oggi anche se, ovviamente, è cambiata la formulazione con materie prime più sofisticate.
Negli anni '50 nacquero le prime resine acriliche che, mantenendo maggior lavorabilità anche con clima freddo e umido, ha soppiantato quasi del tutto le resine viniliche negli esterni. Oggi quindi, in formulazione, vediamo utilizzare le resine viniliche per i prodotti da interno e quelle acriliche per gli esterni.
Negli anni '60 la Goodyear brevettò una resina particolare, non solubile in acqua come le altre ma solo in solvente: la Pliolite ®. Una resina che manteneva a lungo flessibilità nonostante l'aggressione dei raggi U.V. Oggi però è poco utilizzata, in quanto i prodotti in fase solvente sono sempre meno richiesti dagli applicatori.
Un capitolo a parte è giusto destinarlo alle resine acrilsilossaniche (o siliconiche o acrilsiliconiche che dir si voglia): sono state l'ultima invenzione nel mercato delle finiture per esterni. Nate verso la fine degli anni '80 in Germania (dove è tuttora concentrata la maggior produzione di materie prime per finiture sintetiche colorate a livello europeo), sfruttano le caratteristiche intrinseche delle resine silossaniche (resine che derivano dalla stessa famiglia dei siliconi, cioè dalla sintesi del quarzo) di conferire traspirazione ed idrorepellenza al materiale nel quale vengono introdotte. Nel prodotto deve rimanere però anche la componente acrilica, in grado di "tenere aggregato" tutti i componenti della formula. La resina silossanica non ha potere collante e non può quindi essere utilizzata da sola. In compenso ha la capacità di interagire chimicamente con il supporto, permettendo al film di aderire al supporto stesso in modo ottimale e, soprattutto, mantenendo uno spessore uniforme anche nei punti critici, come le micro-asperità della superficie.
Oggi troviamo tantissime produzioni di materiali acrilsilossanici, dai prezzi più svariati. La solita mancanza italiana di tutela del consumatore, porta a chiamare "prodotto acrilsilossanico" anche il prodotto contenente una piccolissima percentuale di materia silossanica, ben più costosa per la fabbrica della resina acrilica. L'unico consiglio che possiamo dare è quello di verificare il  del prodotto sulla scheda tecnica, con la speranza che sia veritiero. Più è alto e più identifica un prodotto con maggior componente acrilica rispetto a quella silossanica.
In Italia esistono infinite tipologie di prodotti sintetici per tinteggiare pareti.
Nei prodotti per interni troviamo le normali tempere, i "traspiranti" (evoluzione delle tempere dove, sostituendo le cariche e le resine si migliora la traspirazione del film applicato) le "semilavabili" (non si capisce bene cosa siano in quanto non devono superare alcuna prova di lavabilità), le pitture "idrorepellenti", da non confondere con le pitture silossaniche di qualità ben più elevata, le pitture lavabili.
Per esterni troviamo pitture acriliche pure o caricate con farina di quarzo, pitture elastomeriche (adatte a facciate con crepe, di solito utilizzano resine stirolo-acriliche) e pitture acrilsilossaniche.
Come vedete il mercato è vastissimo. Nel nord Europa, su pareti murarie esterne, troviamo spesso anche smalti all'acqua o in solvente, da noi utilizzati normalmente per verniciare legno e ferro.
Vediamo di seguito come è composto un rivestimento sintetico - anche qui non ha importanza che sia a piccolo o grosso spessore -.
Procedendo nel solito ordine di lettura, verifichiamo che le cariche minerali sono le stesse, mentre la carica bianca può essere titanio o, nei prodotti più poveri come e tempere, semplice carbonato di calcio.
I pigmenti coloranti dei prodotti sintetici possono essere anche di origine organica, pigmenti utilizzati solamente nei materiali per interni, come particolari decorativi, in quanto poco resistenti agli U.V.
Gli additivi introdotti nei prodotti sintetici servono soprattutto a mantenere inalterato il materiale all'interno delle confezioni per almeno un anno, il periodo minimo richiesto per la commercializzazione attraverso gli scaffali dei distributori.
Come avrete notato, nei prodotti a calce e nei silicati, non vengono usati pigmenti organici, in quanto la loro resistenza alla forte alcalinità della calce stessa è molto limitata.

Copyright

© Atena

Build the Future - ALLPLAN Global Summit
Pietro Lingeri, l'architetto razionalista alla Tri...

Forse potrebbero interessarti anche questi articoli

Accettando accederai a un servizio fornito da una terza parte esterna a https://www.edilsocialnetwork.it/