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Condono edilizio 2026: tra riaperture e nuove sanatorie, torna al centro del dibattito la regolarizzazione degli abusi

Il tema del condono edilizio torna prepotentemente al centro del dibattito politico con la Manovra 2026, grazie a quattro emendamenti presentati in Senato che delineano scenari di forte impatto sul patrimonio immobiliare italiano. Le proposte in discussione prevedono da un lato la riapertura della sanatoria del 2003, con particolare attenzione alle regioni come la Campania che all’epoca ne limitarono l’applicazione, dall’altro l’introduzione di un nuovo condono più ampio, potenzialmente esteso a tutte le opere abusive concluse entro il 30 settembre 2025.

Due binari: riapertura del 2003 o nuova sanatoria “a maglie larghe”
La prima ipotesi prevede la riattivazione dei termini del terzo condono edilizio, riservata esclusivamente agli abusi edilizi compiuti entro il 31 marzo 2003. Si tratta di interventi come ampliamenti e nuove costruzioni con volumi non superiori a 750 metri cubi, e comunque entro il 30% della volumetria preesistente. Le regioni sarebbero chiamate a emanare specifiche leggi attuative per regolare le modalità di accesso alla sanatoria. Restano escluse, come in passato, le opere in aree vincolate, gli immobili di pregio, le zone boscate percorse dal fuoco e gli edifici non adeguabili sismicamente.

L’alternativa, ben più radicale, è rappresentata da una sanatoria inedita, estesa a tutte le opere abusive ultimate entro il 30 settembre 2025, senza incrementi di superficie o volume, salvo il caso dell’aumento della superficie utile lorda. Rientrerebbero nella sanatoria anche opere di restauro, manutenzione straordinaria, tettoie, portici e balconi, anche in zona A, storicamente protetta. A differenza della proposta sul condono 2003, in questa nuova sanatoria non sono previsti limiti territoriali, esclusioni specifiche o un ruolo attivo delle regioni.

Riapertura anche per i condoni del 1985 e del 1994
Un ulteriore emendamento a firma Matteo Gelmetti (Fratelli d’Italia) propone di prorogare fino al 31 marzo 2026 il termine entro cui i Comuni possono completare le domande pendenti dei condoni del 1985, 1994 e 2003. Una misura che punta a chiudere vecchie pratiche ancora irrisolte e che potrebbe sbloccare migliaia di situazioni in stallo.

Il nodo dei vincoli e il caso Campania
Storicamente, il condono del 2003 imponeva vincoli stringenti, escludendo le aree sottoposte a tutela paesaggistica e ambientale, indipendentemente dalla data d’imposizione del vincolo. Questa rigidità ha portato alcune regioni, come la Campania, a non applicare la norma. Gli emendamenti ora in discussione mirano a superare questi ostacoli, potenzialmente permettendo la sanatoria anche in territori precedentemente esclusi, eccetto quelli con vincolo di inedificabilità assoluta.

Abusivismo edilizio: un fenomeno persistente
Secondo l’ultimo rapporto Istat sugli indicatori Bes, ogni 100 abitazioni costruite in Italia, 15 risultano prive delle necessarie autorizzazioni. Il fenomeno è particolarmente diffuso nel Mezzogiorno, dove oltre la metà delle abitazioni risulta irregolare. La situazione appare cristallizzata da anni: solo il 15,3% dei 70.751 immobili abusivi oggetto di demolizione è stato effettivamente abbattuto, come rilevato da Legambiente.

Le proposte di condono previste nella Manovra 2026 aprono uno scenario complesso, dove la necessità di regolarizzare un vasto patrimonio immobiliare si scontra con le esigenze di tutela ambientale e urbanistica. Il rischio è quello di alimentare nuove ondate di abusivismo in attesa di una futura sanatoria. Ma per migliaia di cittadini, potrebbe rappresentare l’ultima occasione per uscire da una condizione di irregolarità pluridecennale.

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