Volumi Tecnici e Paesaggio: la Cassazione ribadisce, “Contano anche se non generano carico urbanistico”

Con la sentenza 22611/2025, la Corte di Cassazione chiarisce un nodo interpretativo di lungo corso: i volumi tecnici vanno computati ai fini dei vincoli paesaggistici se visibili e impattanti. Non sono “neutri” se modificano la percezione del paesaggio tutelato.
Anche i volumi tecnici, se emergenti e visibili, incidono sull’impatto paesaggistico e devono essere computati nella volumetria per valutare eventuali abusi edilizi in area vincolata. A ribadirlo è la Corte di Cassazione con la sentenza n. 22611/2025, che ha confermato l’ordine di ripristino per un manufatto realizzato in zona tutelata, dichiarando inammissibile il ricorso della proprietà.
Il caso esaminato riguardava un’opera che, pur non generando carico urbanistico, presentava una consistenza volumetrica pari a 1.106,61 metri cubi, oltre la soglia di 1.000 mc prevista per far scattare il reato paesaggistico più grave, come stabilito dalla sentenza n. 56/2016 della Corte Costituzionale.
Il peso giuridico dei volumi tecnici visibili
Tradizionalmente considerati irrilevanti ai fini urbanistici – in quanto non destinati a ospitare persone o funzioni residenziali – i volumi tecnici assumono tutt’altra rilevanza quando si passa al piano paesaggistico. Secondo la Suprema Corte, se un manufatto tecnico è visibile, emerge dal terreno o altera lo skyline, diventa rilevante perché modifica la percezione del bene tutelato.
Una valutazione non più solo tecnica, dunque, ma visiva e percettiva. La Corte ha ribadito come ciò che si vede conta, soprattutto se si tratta di interventi in aree sottoposte a vincolo. Da qui l’obbligo di computo anche per i volumi tecnici quando si verifica il superamento dei limiti volumetrici fissati dall’art. 181 del Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio (D.lgs. 42/2004).
Quando il volume tecnico non è più “neutro”
I volumi tecnici comprendono strutture come vani impianti, torrette di aerazione, cavedi, alloggiamenti per ascensori o impianti tecnologici. In ambito urbanistico non generano carico insediativo e sono spesso esclusi dal conteggio. Ma dal punto di vista paesaggistico, ciò che incide è l’emergenza visiva e l’alterazione del contesto.
Il Regolamento DPR 31/2017, che individua gli interventi esclusi dall’autorizzazione paesaggistica o sottoposti a procedura semplificata, già include i volumi tecnici tra quelli autorizzabili solo se entro i 30 metri cubi di volume emergente. Oltre tale soglia, anche questi devono essere valutati tramite autorizzazione paesaggistica ordinaria.
La Corte: criteri urbanistici non vincolano l’analisi paesaggistica
Nel ricorso, i proprietari avevano sostenuto che la volumetria dovesse essere calcolata escludendo i volumi tecnici, un piano ammezzato non abitabile e la copertura a falda, appellandosi a orientamenti amministrativi favorevoli. La Corte ha respinto questa impostazione, precisando che i criteri urbanistici non possono automaticamente estendersi alla sfera paesaggistica, dove prevale la dimensione percettiva.
La sentenza 22611/2025 conferma una linea giurisprudenziale sempre più netta: l’impatto paesaggistico non si misura solo in metri cubi “funzionali”, ma in elementi visibili che alterano l’equilibrio estetico e ambientale di un luogo vincolato. I volumi tecnici, se emergenti, non sono mai neutri: possono trasformarsi da dettagli tecnici a veri e propri elementi di violazione del paesaggio tutelato.
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