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Energia solare: ENEA studia nuovi film plastici per pannelli fotovoltaici più efficienti e durevoli

ENEA ha avviato un’importante attività di ricerca sui materiali incapsulanti per moduli fotovoltaici, con l’obiettivo di incrementarne efficienza, durabilità e sostenibilità ambientale. Il lavoro è stato condotto dal team del Laboratorio Dispositivi Innovativi del Centro Ricerche ENEA di Portici (Napoli) e pubblicato sulla rivista scientifica Polymer Degradation and Stability. Il focus è sui film plastici a base di poliolefine, materiali innovativi che si candidano a sostituire il più diffuso EVA (etilene vinil acetato), ancora largamente utilizzato nell’industria fotovoltaica.

Questi nuovi film si distinguono per un’elevata trasparenza ai raggi UV, una caratteristica chiave che consente di sfruttare un più ampio spettro della radiazione solare. Ciò si traduce in una maggiore efficienza nella produzione di energia, poiché le celle fotovoltaiche possono assorbire una quantità superiore di luce. Ma non solo: i materiali analizzati si sono dimostrati anche più stabili e resistenti nel tempo, riducendo i fenomeni di degrado che compromettono la resa dei pannelli.

Durante i test comparativi, i ricercatori hanno realizzato mini-dispositivi fotovoltaici rivestiti con diversi tipi di film plastici, sottoponendoli poi a un processo di invecchiamento accelerato. Questo metodo simula le condizioni ambientali a cui i pannelli sono sottoposti nel corso degli anni, per valutarne la tenuta e le prestazioni a lungo termine.

I risultati sono stati significativi: la TPO (poliolefina termoplastica) ha riportato una perdita di corrente di cortocircuito dello 0,2%, dimostrandosi il materiale più resistente all’esposizione ai raggi UV. Seguono la POE (poliolefina elastomerica), con una perdita dell’1,1%, e infine l’EVA, che ha registrato un degrado dell’1,4%.

Oltre alla performance, la TPO presenta anche un vantaggio in termini di sostenibilità: essendo un materiale termoplastico, può essere riscaldato e modellato più volte senza subire alterazioni chimiche irreversibili, rendendolo completamente riciclabile. Un elemento non trascurabile, considerando l’impatto ambientale dei materiali fotovoltaici alla fine del loro ciclo di vita. Al contrario, l’EVA, una volta reticolato, non può essere riutilizzato.

Anche la POE offre vantaggi interessanti: è costituita prevalentemente da carbonio e idrogeno, elementi che le conferiscono una maggiore stabilità chimica e termica. Questo la rende meno soggetta a fenomeni di scolorimento, perdita di trasparenza e degradazione strutturale nelle condizioni operative reali, come esposizione prolungata al calore, alla luce solare e all’umidità.

L’EVA, nonostante la sua larga diffusione per le ottime proprietà adesive e la trasparenza iniziale, presenta tuttavia un limite strutturale: la presenza del gruppo acetato nella sua composizione molecolare. Durante l’invecchiamento, questo porta alla formazione di acido acetico, un sottoprodotto corrosivo che può danneggiare i componenti metallici dei moduli, accelerare la degradazione interna e abbattere le prestazioni del pannello nel tempo.

Secondo Valeria Fiandra, ricercatrice del Dipartimento ENEA Tecnologie Energetiche e Fonti Rinnovabili, una delle sfide maggiori è conciliare trasparenza ai raggi UV e stabilità chimica. “Sebbene gli incapsulanti a base di poliolefine siano già presenti sul mercato, mancavano studi sperimentali a lungo termine sul loro comportamento reale nei moduli fotovoltaici. Il nostro lavoro vuole colmare questa lacuna, fornendo dati affidabili alle aziende per orientare la scelta dei materiali”, ha dichiarato.

Oggi la maggior parte degli incapsulanti fotovoltaici contiene additivi che filtrano i raggi UV, con lo scopo di proteggere le celle dall’invecchiamento precoce. Tuttavia, questa protezione comporta anche una minore esposizione della cella all’intero spettro solare, con conseguente perdita di efficienza. I nuovi materiali sviluppati puntano invece a mantenere un’elevata trasparenza UV pur garantendo una maggiore resistenza alla radiazione ultravioletta, rappresentando una soluzione innovativa e promettente per il settore.

Il prossimo passo della ricerca ENEA prevede l’implementazione di materiali fluorescenti nei rivestimenti superficiali. L’obiettivo è sfruttare la fluorescenza per assorbire la luce incidente e riemetterla a lunghezze d’onda più compatibili con l’assorbimento delle celle fotovoltaiche, aumentando così ulteriormente l’efficienza del modulo.

Questo lavoro si inserisce nel più ampio quadro della transizione energetica, promuovendo soluzioni tecnologiche avanzate per una produzione di energia rinnovabile più efficiente e sostenibile. Grazie a studi come questo, l’industria fotovoltaica potrà disporre di materiali migliori, più duraturi e riciclabili, in grado di garantire alte prestazioni per oltre 25 anni di utilizzo.

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