Recupero sottotetti, cambio d’uso e vincoli urbanistici: cosa ha detto il Consiglio di Stato nella sentenza n. 4848 del 4 giugno 2025

Il Consiglio di Stato, con la sentenza n. 4848 del 4 giugno 2025, ha stabilito principi fondamentali in materia di interventi edilizi nelle zone omogenee A, ossia quelle aree dei centri storici soggette alla massima tutela urbanistica. Il caso esaminato riguardava un permesso di costruire rilasciato per un immobile in tale zona, che autorizzava modifiche interne, cambio di destinazione d’uso e interventi strutturali, tra cui una sopraelevazione. Il titolo abilitativo, originariamente ritenuto legittimo dal TAR, è stato annullato in secondo grado dal Consiglio di Stato, che ha evidenziato una serie di violazioni della disciplina urbanistica.
L’intervento autorizzato prevedeva la trasformazione del piano terra da residenziale a commerciale per realizzare una pizzeria, modifiche interne al primo piano e la ricostruzione della copertura con aumento dell’altezza alla gronda e al colmo. Era inoltre prevista la realizzazione di un abbaino e l’inserimento di cordoli sismici. Tutte queste opere erano state giustificate come funzionali e necessarie per l’adeguamento sismico dell’edificio.
Tuttavia, il fabbricato era situato in una zona sottoposta ai vincoli previsti dal d.m. 1444/1968, per la quale il piano regolatore generale e le relative Norme Tecniche di Attuazione ammettono unicamente interventi di manutenzione ordinaria. Secondo tali prescrizioni, interventi più invasivi come ristrutturazioni, sopraelevazioni o cambi di destinazione d’uso sono espressamente vietati.
Il TAR aveva respinto il ricorso contro il permesso di costruire, sostenendo che le opere non comportassero nuova volumetria, che l’abbaino fosse un elemento accessorio e che il cambio d’uso non fosse in contrasto con le previsioni urbanistiche. Una visione, però, che non ha retto al vaglio del Consiglio di Stato.
I giudici di secondo grado hanno infatti sottolineato che le opere realizzate non potevano essere ricondotte alla manutenzione ordinaria o straordinaria, ma integravano una vera e propria ristrutturazione edilizia ai sensi del d.P.R. n. 380/2001. Inoltre, hanno ribadito che le norme antisismiche non possono costituire una deroga automatica alle disposizioni urbanistiche: l’adeguamento strutturale, per quanto importante, non giustifica interventi vietati dalla pianificazione.
Uno dei punti centrali della decisione è stato quello relativo alla corretta qualificazione edilizia delle opere. Definire un intervento come manutenzione anziché ristrutturazione incide direttamente sulla possibilità di ottenere un titolo abilitativo. Una classificazione errata può quindi comportare la nullità del permesso rilasciato.
Il Consiglio di Stato ha infine censurato l’operato dell’amministrazione comunale, che non aveva valutato con sufficiente rigore la compatibilità urbanistica dell’intervento. Il permesso risultava, infatti, in evidente contrasto con il piano regolatore e non fondato su una motivazione adeguata.
Questa sentenza rappresenta un importante richiamo alla necessità di rispettare scrupolosamente i vincoli urbanistici, soprattutto in aree ad alto valore storico e culturale. La conformità alle prescrizioni locali è un requisito imprescindibile per la legittimità di qualsiasi titolo edilizio e non può essere superata da esigenze funzionali, per quanto giustificate.
L’intervento dei giudici evidenzia l’urgenza di una riforma organica della normativa edilizia, capace di bilanciare le esigenze di sicurezza, sostenibilità e conservazione del patrimonio. Ma fino a quel momento, resta imprescindibile il rispetto rigoroso degli strumenti urbanistici e della loro funzione di regolazione del territorio.
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