Vepa, tra edilizia libera e permessi: cosa dice la legge e come orientarsi

La recente sentenza del Consiglio di Stato accende i riflettori sulle incertezze normative riguardo l’installazione delle Vepa. Un approfondimento per capire quando serve un titolo abilitativo e quando no.
L’installazione delle Vepa, le vetrate panoramiche amovibili, rappresenta ormai un intervento diffuso in molti contesti abitativi. Complice il desiderio di chiudere balconi o logge per proteggersi dagli agenti atmosferici o per guadagnare spazio fruibile, in molti ritengono che si tratti sempre di edilizia libera. Ma una recente sentenza del Consiglio di Stato (n. 2975/2025) chiarisce che non è sempre così.
Il caso: la veranda “abusiva” di Parma
Il caso che ha portato alla sentenza ha origine a Parma, dove una proprietaria ha chiuso un balcone con vetrate, senza chiedere permessi. Il Comune ha ordinato la demolizione dell’opera, sostenendo che si trattasse di un intervento soggetto a titolo abilitativo. La donna ha fatto ricorso al TAR, dichiarando che la struttura fosse temporanea e removibile. Ma i giudici hanno ritenuto che l’opera, comprendente due vetrate scorrevoli autonome, fosse una veranda a tutti gli effetti.
Il Consiglio di Stato: conta l’effetto finale, non il materiale
Anche in appello, il Consiglio di Stato ha confermato il rigetto del ricorso. Pur trattandosi di vetrate richiudibili e removibili, la chiusura del balcone ha generato un nuovo volume abitabile, il che rende necessario un permesso di costruire. La Corte ha sottolineato che l’effetto pratico e l’uso dell’opera sono determinanti, più del tipo di materiale usato o della sua rimovibilità.
Vepa in edilizia libera: cosa prevede la legge dal 2022
Il decreto “Aiuti-bis” del 2022 ha introdotto una novità rilevante: le Vepa, in determinate condizioni, rientrano tra gli interventi di edilizia libera. Nello specifico, le vetrate devono:
– non creare nuovi volumi o modificare la destinazione d’uso;
– garantire la micro-areazione degli spazi;
– rispettare criteri estetici e costruttivi che non alterino le linee architettoniche dell’edificio.
I limiti dell’edilizia libera: il ruolo del contesto
Nonostante il quadro normativo più chiaro, l’applicazione concreta della norma resta complessa. I giudici, in più casi, hanno interpretato la legge in modo restrittivo, valutando se la struttura incida realmente sull’immobile e se sia conforme alle definizioni edilizie di loggia, balcone o porticato.
Il decreto “Salva Casa” e le Linee Guida del Mit
Con il decreto “Salva Casa”, si è cercato di ampliare ulteriormente il raggio d’azione dell’edilizia libera, includendo anche i porticati tra le strutture su cui è possibile installare Vepa senza permesso. Il Ministero delle Infrastrutture è intervenuto con le Linee Guida, chiarendo che:
– una loggia è uno spazio coperto, non aggettante, aperto su almeno un fronte e accessibile dall’interno;
– un porticato è uno spazio coperto al piano terra, aperto su uno o più lati.
In definitiva, l’installazione di una Vepa non può essere considerata automaticamente edilizia libera. Occorre valutare attentamente il contesto, le caratteristiche tecniche dell’opera e la sua destinazione d’uso. L’incertezza normativa e le differenti interpretazioni giurisprudenziali suggeriscono prudenza. Chi intende installare una Vepa farebbe bene a consultare l’ufficio tecnico del proprio Comune e, se necessario, richiedere un parere tecnico-legale.
La direzione è verso una maggiore semplificazione, ma per ora restano margini di dubbio che possono portare a sanzioni e obblighi di demolizione se non si rispettano le regole.
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