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Sopraelevazioni abusive e tolleranze costruttive: il Salva Casa non riscrive il passato

Il recente intervento del Consiglio di Stato, con la sentenza n. 4382 del 21 maggio 2025, fornisce un chiarimento importante in materia di abusi edilizi, ribadendo i limiti del cosiddetto “decreto Salva Casa” (D.L. n. 69/2024, convertito dalla legge n. 105/2024). La pronuncia conferma l’orientamento rigoroso della giurisprudenza: il nuovo art. 34-bis del Testo Unico Edilizia non ha effetto retroattivo e non può legittimare condotte abusive già oggetto di accertamenti e sentenze passate in giudicato.

Il caso esaminato riguarda una sopraelevazione realizzata senza alcun titolo edilizio, sanzionata con un’ordinanza di demolizione e con una sanzione pecuniaria di 15.000 euro. Dopo il rigetto del ricorso e il passaggio in giudicato della sentenza, l’amministrazione comunale ha dato corso alla demolizione d’ufficio. L’appellante ha tentato di bloccare l’esecuzione, richiamando le nuove norme sulle tolleranze costruttive introdotte dal decreto Salva Casa, e invocando altresì l’applicazione dell’art. 37 del Testo Unico Edilizia, relativo agli interventi eseguiti in assenza di SCIA.

Il Consiglio di Stato ha respinto tali argomentazioni, precisando che la nuova disciplina non è applicabile a situazioni già cristallizzate giudizialmente. Le tolleranze costruttive introdotte dall’art. 34-bis consentono variazioni contenute nei limiti del 2% al 6%, a seconda delle dimensioni dell’unità immobiliare, ma non sanano abusi sostanziali e non possono sovvertire decisioni giudiziarie definitive.

Determinante anche la qualificazione dell’intervento: trattandosi di una sopraelevazione che aumentava il volume edilizio di oltre il 20%, l’opera rientrava tra le “nuove costruzioni” (art. 3, comma 1, lett. e.6, d.P.R. 380/2001), soggette a permesso di costruire. Non poteva quindi trovare applicazione né la SCIA né la fiscalizzazione dell’abuso ex art. 37, strumenti riservati a violazioni meno gravi.

Infine, il Consiglio di Stato ha chiarito che la possibilità di commutare la demolizione in sanzione pecuniaria (la cosiddetta “fiscalizzazione”) sussiste solo in fase esecutiva e in presenza di concrete difficoltà materiali di ripristino. L’inerzia dell’amministrazione rispetto all’istanza ex art. 37 è stata correttamente interpretata come tacito diniego, in conformità alla sentenza della Corte Costituzionale n. 42/2023.

In conclusione, la sentenza riafferma principi chiave:
– il decreto Salva Casa non consente sanatorie retroattive su abusi già accertati;
– le tolleranze costruttive si applicano solo nei limiti e nei termini temporali previsti;
– interventi di nuova costruzione richiedono sempre il permesso di costruire;
– la fiscalizzazione dell’abuso è possibile solo nella fase esecutiva e previo accertamento delle condizioni oggettive che impediscono la demolizione.

Il caso rappresenta un monito per i proprietari di immobili e per i professionisti del settore edilizio: le nuove norme non costituiscono un condono generalizzato e non possono scardinare la certezza del diritto già sancita dalle sentenze definitive.

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