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Comunità Energetiche Rinnovabili, il taglio del 64% dei fondi PNRR accende lo scontro politico e operativo

Da 2,2 miliardi a 795 milioni: incertezze e rischi per i progetti già avviati

Una riduzione drastica che scuote il settore della transizione energetica. Il Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica (MASE) ha ufficializzato il 21 novembre 2025 il taglio della dotazione PNRR destinata alle Comunità Energetiche Rinnovabili (CER), che scende da 2,2 miliardi a circa 795,5 milioni di euro. Un taglio del 64% che arriva a ridosso della scadenza del bando, gettando nel caos amministrazioni locali, cittadini e operatori del settore.

I progetti a rischio e le prime reazioni
Il taglio mette a rischio centinaia di progetti tecnicamente pronti ma ora potenzialmente privi di copertura finanziaria. Le CER, considerate un pilastro della strategia italiana per l’autoconsumo collettivo e la decarbonizzazione, si ritrovano ora in una posizione di incertezza critica. Comuni e soggetti aggregatori avevano già sostenuto investimenti in progettazione e assistenza tecnica, confidando sui 2,2 miliardi originariamente previsti.

Associazioni di categoria lanciano l’allarme: l’assenza di informazioni chiare su domande ammissibili, graduatorie e criteri di selezione rischia di paralizzare una filiera che coinvolge progettisti, imprese impiantistiche, tecnici e fornitori di servizi energetici. C’è anche il timore che la fiducia nello strumento delle CER venga compromessa, proprio quando il quadro normativo stava diventando stabile e la misura entrava a regime.

La posizione del Governo: “riallineamento responsabile”
Il Governo difende la rimodulazione come un atto di “responsabilità contabile”. Secondo il MASE, la riduzione serve ad evitare lo spreco di risorse, spostando fondi da misure con potenziali eccedenze verso interventi più bisognosi all’interno del PNRR, e a prevenire il rischio di “reversal” da parte della Commissione europea.

Inoltre, secondo i dati del Ministero, l’obiettivo di nuova capacità FER associata alle CER (1.730 MW) risulta già superato con oltre 1.759 MW installati, rendendo teoricamente sufficiente la nuova dotazione per il raggiungimento del target energetico. Va ricordato che già nella revisione del 2023, il sostegno alle CER è passato da prestiti al 100% a contributi a fondo perduto con una copertura massima del 40%, in linea con la normativa europea sugli aiuti di Stato.

Interrogazioni parlamentari e richieste di chiarimento
La riduzione ha acceso anche il dibattito politico. In Parlamento, l’On. Pavanelli ha presentato un’interrogazione per chiedere chiarimenti su diversi fronti: la reale destinazione dei fondi tagliati, gli effetti sulle domande già presentate, le tutele per gli investimenti già sostenuti e l’eventuale integrazione del budget con risorse nazionali o europee.
Le richieste si sommano a quelle delle associazioni di settore, che temono che la rimodulazione possa trasformarsi in una discontinuità improvvisa per chi ha impostato le strategie sulla base della dotazione iniziale.

Prospettive future e nodi irrisolti
Il MASE ha dichiarato di voler monitorare attentamente i progetti ammissibili ma non finanziabili, valutando eventuali interventi di rifinanziamento tramite altri strumenti. Tuttavia, resta incerto quanti progetti potranno effettivamente accedere ai fondi residui e con quali tempistiche.

In un contesto già complesso, la riduzione del budget rappresenta un ostacolo serio alla piena implementazione delle CER, mettendo alla prova la coerenza tra gli obiettivi climatici dichiarati e le politiche economiche attuate. Resta da capire se e come il Governo riuscirà a ricostruire la fiducia in uno strumento considerato strategico per la transizione energetica nei territori.

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