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“Salva Casa” e cambio di destinazione d’uso: nessuna sanatoria in zona agricola. La conferma del Consiglio di Stato

Con la sentenza n. 7951 del 10 ottobre 2025, il Consiglio di Stato ribadisce: il mutamento d’uso da residenziale a commerciale in zona agricola resta un abuso edilizio, anche dopo il Decreto “Salva Casa”.

Nessuna scorciatoia per chi tenta di trasformare immobili rurali in spazi commerciali. È questo il messaggio netto e inequivocabile che arriva dal Consiglio di Stato, che con la sentenza n. 7951/2025 conferma la linea dura in materia di destinazione urbanistica: anche alla luce del recente “Decreto Salva Casa”, il cambio d’uso in zona agricola (zona E) continua a richiedere un permesso di costruire, restando soggetto ai vincoli imposti dai piani regolatori locali.

Il caso: un cambio d’uso mascherato da ristrutturazione
La vicenda nasce nel Lazio, dove il proprietario di un fabbricato in zona agricola aveva effettuato interventi edilizi non autorizzati, tra cui un soppalco in legno, aperture non previste e, soprattutto, la trasformazione funzionale dei locali a piano terra da uso residenziale ad artigianale-commerciale. Il Comune, dopo aver rilevato la difformità rispetto alla DIA (Denuncia di Inizio Attività) originaria, ha emesso un’ordinanza di demolizione, poi confermata da una determina di inottemperanza.

Il proprietario ha tentato la carta del contenzioso amministrativo, sostenendo che il cambio di destinazione non avesse rilevanza urbanistica e che i lavori fossero stati in parte rimossi. Tuttavia, il TAR ha respinto il ricorso, decisione poi confermata anche dal Consiglio di Stato.

Vincoli agricoli e limiti del “Salva Casa”
Il cuore del problema è normativo. In base al combinato disposto delle norme regionali e statali (L.R. Lazio n. 36/1987, L.R. n. 15/2008, d.P.R. n. 380/2001 e D.M. n. 1444/1968), il mutamento d’uso tra categorie funzionalmente autonome – come da residenziale a commerciale – è sempre considerato “urbanisticamente rilevante” e richiede un titolo abilitativo, anche se non accompagnato da nuove opere edilizie.

La recente introduzione del Decreto “Salva Casa” (D.L. n. 69/2024) ha sì previsto una parziale liberalizzazione dei cambi d’uso senza opere, ma limitatamente alle zone urbane (A, B e C). Le zone agricole (zona E) restano escluse, per motivi di tutela del territorio e pianificazione del suolo.

Le parole del Consiglio di Stato
Secondo i giudici di Palazzo Spada, “la disciplina introdotta dal ‘Salva Casa’ non è applicabile alle zone agricole; la liberalizzazione dei cambi d’uso opera solo nelle zone A-B-C del D.M. n. 1444/1968”.

Una presa di posizione che mette un freno alle interpretazioni più estensive del decreto e riafferma un principio fondamentale: la destinazione agricola non può essere alterata per iniziativa unilaterale, anche in assenza di opere edilizie visibili.

Implicazioni e precedenti
La sentenza conferma che:
– il mutamento d’uso in zona E necessita sempre di permesso di costruire;
– la liberalizzazione del “Salva Casa” non si applica alle aree agricole;
– anche in assenza di aumento di volume, il cambio di destinazione resta sanzionabile.

Questo orientamento giurisprudenziale rappresenta un punto fermo per Comuni e tecnici del settore, offrendo chiarezza sull’applicabilità del decreto e ponendo un argine al rischio di urbanizzazione selvaggia in aree a vocazione agricola.

Il messaggio è chiaro: il “Salva Casa” non è uno scudo per ogni tipo di abuso. In particolare, la tutela delle aree agricole resta prioritaria. Le trasformazioni funzionali devono rispettare la pianificazione urbanistica e non possono essere sanate a posteriori senza il necessario titolo edilizio.

Per chi sperava in un’interpretazione più elastica delle norme, la sentenza del Consiglio di Stato suona come un richiamo alla legalità e al rispetto delle regole.

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