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Riuso del patrimonio esistente pubblico: i beni Demaniali ed il caso delle Caserme

In ogni città italiana molti sono gli immobili facenti parte del patrimonio pubblico avvolti da un velo caliginoso che li rende impraticabili al limitrofo contesto cittadino. Spazi pubblici che, in realtà, sono stati avulsi da qualsivoglia fruizione sociale propria. Da un lato, essi si presentano come i luoghi-simbolo della città antica, ben difesa e circondata da mura; dall'altro, reclamano attenzione in funzione dell'innesco di processi virtuosi di rivitalizzazione e riqualificazione.

Si tratta per lo più aree militari, di carceri e di ospedali psichiatrici giudiziari.
In particolare, i beni immobili della Difesa, rappresentano un patrimonio vasto, articolato e disperso territorialmente, spesso abbandonato o sottoutilizzato.
Infatti dopo la fase degli anni '80 e '90 improntata alla dismissione delle grandi aree industriali urbane, negli ultimi anni si apre una nuova stagione di processi di dismissione causata dall'alienazione e dall'immissione sul mercato di beni immobili pubblici soprattutto di patrimonio del Ministero della Difesa.
Dalla seconda guerra mondiale i continui mutamenti degli scenari politici, la cessazione dell'obbligatorietà della leva militare, hanno generato una nuova categoria di siti "abbandonati", caratterizzati da fili spinati e muri che li hanno resi per anni inaccessibili.
Solo recentemente è stata affrontata la questione della loro cessione, valorizzazione e possibile riutilizzazione, dopo anni in cui queste aree sono rimaste estranee al processo di mutamento, "congelate" proprio in virtù della loro particolare destinazione.
Sono spazi che, oltre ad avere un grande valore storico e culturale, si presentano con connotati fisici di ostilità e inaccessibilità e sotto un regime di gestione statale dal quale la popolazione è stata interdetta per motivi di segreto militare.
Tali luoghi costituiscono un micro-cosmo di "fragilità e sensibilità", per cui un loro recupero non può avvenire attraverso criteri di strategie di riuso generali.
È necessario innanzi tutto ricucire lo spazio tra il territorio e queste aree, affrontando la problematica anche da un punto di vista antropologico e sociale.
Il riutilizzo dei beni militari dismessi, può costituire un'imperdibile occasione per assolvere alle più svariate funzioni, ma tutte finalizzate alla realizzazione di comuni politiche: contenere il consumo di suolo, per intervenire nelle aree urbane sulla dotazione di servizi, sulla densificazione o sul decongestionamento delle aree, per recuperare alla fruizione pubblica porzioni di territorio escluse o emarginate, promuovere il recupero ambientale di aree degradate, incentivare la crescita di attività economiche in una prospettiva di sviluppo sostenibile.
Queste potenzialità, sono generalmente riscontrabili in tutti i progetti di riuso di aree dismesse, ma nel caso specifico dei siti militari, questi hanno sempre localizzazioni centrali e/o strategiche.
Per queste ragioni, il riuso di aree militari dismesse ben si presta a diventare strumento di sviluppo economico e di rigenerazione a più livelli capace di favorire l'identità locale, la coesione e l'inclusione sociale.
Ciò in una prospettiva di attenzione alle persone e ai contesti in cui esse vivono, che tocca il senso di appartenenza alla comunità locale, inteso come radicamento in un determinato spazio di vita fisico e sociale dotato di valore e senso; ad esso si accompagna la capacità di agire in modo solidale e con senso di corresponsabilità per il superamento delle disuguaglianze.
Il contenimento del consumo di suolo, la progettazione urbana integrata e la riqualificazione del patrimonio esistente saranno anche alcuni degli argomenti che verranno trattati e approfonditi nella prossima edizione del B-CAD Roma La Nuvola, manifestazione fieristica internazionale organizzata dal circuito Edilsocialnetwork, in programma dal 31 ottobre al 2 novembre 2024 presso il Roma Convention Center.
Editoriale a cura dell'Arch. Matteo Patamia

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