Architettura in bambù

Architettura in bambù

6 nomi che stanno portando l'architettura in bambù a un nuovo livello

Lo chiamano "acciaio verde" ed è una vera e propria rivoluzione nel mondo dell'architettura sostenibile, che arriva da terre lontane ma sta riscuotendo un grande successo anche in Europa

Bambù per case ecosostenibili: gli edifici in bambù non sono più associati all’idea di architettura povera, ma rappresentano oggi la frontiera dell’architettura green elegante e innovativa.

Se prima infatti questa pianta era utilizzata come materiale da costruzione prevalentemente in Asia e America Latina, oggi la troviamo sempre più frequentemente anche nei mercati Europei e Nord Americani, e molti giovani architetti stanno sperimentando tecniche per renderla sempre più contemporanea, per sdoganare i pregiudizi che si avevano su di essa e sensibilizzare anche l’occidente al suo impiego creativo.

La sua implicazione non è solo nella sfera del design. Il bambù è infatti una pianta davvero strepitosa. Graminacea perenne, sempreverde, dalla crescita spontanea e rapida, la pianta di bambù non ha bisogno di essere curata e si propaga autonomamente, rigenerandosi all'infinito, caratteristica che la rende un materiale estremamente ecologico.

Oltre ad essere universalmente conosciuta come il “il cibo dei panda” le sue caratteristiche e le storie su di essa sono davvero incredibili. Non solo i panda lo apprezzano, nella cucina orientale è molto usato come alimento, per il suo gusto delicato e la ricchezza di vitamine. La resistenza a tensione delle sue fibre lo rende perfetto in edilizia come materiale strutturale, ma in Cina da più di mille anni è impiegato nella realizzazione di gomene e cime di navi, funi dei ponti sospesi; la sua facilità di lavorazione e versatilità (merito delle fibre di bambù molto lunghe) per la produzione di carta, tessuti, parquet; i suoi benefici sono anche nelle foglie, che assorbono anidride carbonica e rilasciano ossigeno come poche altre specie.

Tra gli aneddoti sul bambù più interessanti si racconta che sia la prima specie vegetale rinata sui suoli di Hiroshima e Nagasaki dopo il bombardamento atomico del 1945; che sia stato utilizzato da Edison per gli esperimenti che lo condussero allo sviluppo della prima lampadina e che sia finito nel Guinnes dei Primati per aver stabilito il record di pianta che è cresciuta più velocemente in tutto il mondo (70 centimetri in un solo giorno).

Soprattutto negli ultimi anni abbiamo visto sorgere strutture in bambù dal risultato estetico molto diversificato, testimonianza della flessibilità della pianta e della sua rivalutazione, nel campo delle arti creative moderne, come materiale tradizionale e contemporaneo allo stesso tempo, tanto da essergli dedicato un evento, la International Bamboo Architecture Biennale che ha esordito sotto la cura di Ge Qiantao e dell’architetto George Kunihiro nel villaggio di village of Baoxi in Cina nel 2016.

La prima Biennale Internazionale dell'Architettura in Bambù ha presentato 18 costruizioni, realizzate da 12 architetti di fama internazionale tra i quali Kengo Kuma, Vo Trong Nghia, Anna Heringer, Li Xiaodong Atelier and Simon Velez, che sono state costruite in una scenario agricolo.

Partendo da alcuni di quelli che hanno partecipato all'evento e ampliando la ricerca, abbiamo selezionato 6 architetti che, per caratteristiche differenti, si possono definire veri e propri maestri del bambù.

Simon Velez è considerato un esponente autorevole dell’architettura vegetale e ne fa una vera e propria filosofia di vita, associando la costruzione in cemento alla caverna, mentre l’architettura il legno alla vita aerea, sinonimo di liberazione dell’uomo dal suo stato di primitivo rude e carnivoro ed elevazione a essere sano, equilibrato.

Considerato il leader del movimento architettonico volgare, una scuola di design fortemente ancorata al contesto geografico e che utilizza esclusivamente materiali provenienti dal territorio a cui è legata è l'autore di alcune tra le prime realizzazioni contemporanee in bambù d'Europa.

Tra queste il padiglione Zeri all'Expo 2000 di Hannover e la più recente presenza alla 15. Mostra Internazionale di Architettura di Venezia con l’allestimento Bamboo. L’installazione per la Biennale Reporting from the front a cura del cileno Alejandro Aravena ha visto riflettere l'architetto colombiano sulle straordinarie qualità del bambù come materiale architettonico e strutturale che Vélez definisce “acciaio vegetale” nel tentativo di esaltarlo ed innovarlo ad esempio combinandolo con altri materiali più moderni.

Vo Trong Nghia

Il bambù è veramente il materiale preferito di Vo Trong Nghia, architetto vietnamita fondatore di uno studio che oggi conta più di 40 persone e si contraddistingue per una progettazione che conserva l’espressività della tradizione asiatica, impiegando materiali naturali ed economici per creare un’architettura green contemporanea. Autore del padiglione vietnamita dell’Expo 2015, e già presente con un’installazione alla 15.Biennale Architettura Venezia, anche quest’anno è stato invitato come esponente del Vietnam alla16. Biennale di Architettura di Venezia in occasione della quale ha interpretato il tema Freespace con un padiglione intitolato Bamboo Stalactite, una serie di volte, realizzate incurvando e intrecciando steli di bambù intorno ad una sequenza di stalattiti lignee che corrono da terra alla copertura.
L’ intreccio del materiale crea uno spazio denso, protettivo e ombreggiato ma allo stesso tempo trasparente, aperto, perfetto per contemplare le acque dell’Arsenale di Venezia e riposare sulle poltrone pouf chaise longue. Un’architettura iconica interamente realizzata in bambù, che dimostra le potenzialità estetiche e tecniche di questo materiale.

Mauricio Cardenas Laverde

Il lavoro di Mauricio Cardenas Laverde, architetto colombiano con studio a Milano, si concentra sullo studio e la ricerca di possibili impieghi del bambù nell’edilizia così come nell’architettura d’interni. Un elemento strutturale della sua terra che lui sa adattare anche al contesto europeo., in sostituzione al legno lamellare, ma anche per rivestimenti interni, arredi e design che parlino un linguaggio contemporaneo.

In Cina, ha progettato una casa ecocostenibile in bambù a Baoxi Longquan, in Cina, con una struttura che esplora nuovi modi di costruire usando il bambù: un’architettura a secco, con connessioni in alluminio leggere e facili da assemblare, che combina quello che viene definito “acciaio vegetale” con l’acciaio vero e proprio per creare un sistema di costruzione industrializzato e applica la proporzione aurea per ottenere la standardizzazione dei pezzi, e un impatto visivo armonico.

Marco Lavit

Tra gli autori di sperimentazioni contemporanee, abbiamo scelto un giovane talento dell’architettura italiana, Marco Lavit nominato talento emergente ai Rising Talent Awards 2018, e autore del recentissimo Senato Roof, il progetto di Senato Hotel Milano che ogni anno coinvolge un designer e un produttore di mobili outdoor nel makeover totale dei 100 metri quadri della terrazza. Nella “Milano da bere”, il tetto del Senato Hotel di Lavit cita Le Corbusier con il progetto Modulor, una griglia progettata su modulo regolare con struttura in bambù con cui imbriglia le coordinate spaziali per lasciare al sole, alle nuvole e alle ombre il compito di rompere le regole.
Un gioco di contrasti, prospettive, simmetrie e irregolarità già sperimentato a Port-Louis, Mauritius, nel progetto di una facciata di una facciata in bambù che trasforma un elemento naturale in elemento ordinatore e si risolve in un prospetto che è come un "moucharabieh" per sensibilizzare all’utilizzo del bambù come materiale architettonico.

Kengo Kuma

Se si parla di architettura e bambù non si può non citare il giapponese Kengo Kuma, uno dei massimi esponenti di un’architettura che ricerca la sintesi perfetta fra edificio e paesaggio, fra intervento dell'uomo e gioco della natura. Una delle sue opere più poetiche è la Great Bamboo Wall House, una casa costruita a Pechino, a ridosso della Grande Muraglia, dalla quale l’architetto prende ispirazione. A differenza della Muraglia il muro non è però un elemento che divide ma che unisce popoli e culture, mescolando insieme l’architettura tradizionale giapponese con elementi propri della modernità, come gli arredi minimal chic che caratterizzano l’interno.

Il materiale della tradizione costruttiva locale riveste la struttura, esternamente e internamente, con cortine di canne a distanza variabile l'una dall'altra, che creano una pelle non uniforme attraverso la quale lo spazio passa dall’essere più chiuso e protetto a far filtrare completamente al paesaggio, che si mescola con l’architettura.

Chiangmai Life Architects

Chiangmai Life Architects and Construction è una società con sede in Tailandia specializzata nella progettazione e costruzione di architetture in bambù e terra che combinano un moderno design organico, l'ingegneria del 21 ° secolo e i materiali naturali. Una delle loro opere più imponenti è il Bamboo Sports Hall per la Panyaden International School del 2017, un ecologico campo sportivo in bambù di 782 metri quadrati che riprende la forma del fiore di loto, simbolo della Tailandia e degli insegnamenti buddisti.

La struttura completata ospita un campo da basket e futsal e può ospitare anche campi da pallavolo e da badminton, con gli impianti di stoccaggio posizionati dietro un palco che può essere sollevato automaticamente, e gli spalti per il pubblico. Oltre alla caratteristica di essere un edificio a basso impatto ambientale, grazie alla ventilazione naturale e l’isolamento che assicurano un clima interno ideale per tutto l’anno, quello che rende l’architettura in bambù innovativa è il design strutturale per la portata dell’intervento.

Tralicci di bambù prefabbricati di nuova concezione con una campata di oltre 17 metri senza rinforzi o connessioni in acciaio formano capriate che sono state pre-montate sul posto e sollevate in posizione con l'aiuto di una gru. Un incontro perfetto tra progettazione, tecnologia e tradizione artigianale, per un’ architettura che rappresenta il futuro della costruzione sostenibile.



Architettura urbana, la città è sempre più verde

Architettura urbana, la città è sempre più verde

Si moltiplicano gli esempi di architettura sostenibile integrata ai contesti urbani

Non ci sono più scuse. Le tecniche per costruire nuovi edifici, ampliare le città, continuare ad evolvere dal punto di vista urbanistico smettendo di incidere negativamente sull’ambiente esistono, e offrono mille possibilità. Dagli edifici ‘verdi’ a quelli passivi, dalle strutture in legno a quelle che riutilizzano luoghi abbandonati, l’architettura urbana in chiave green propone tantissime soluzioni. E parliamo di tecniche che vanno ben oltre l’uso di fonti rinnovabili o di materiali riciclati.
L’architettura urbana pensa in verde

E’ divenuto così celebre che dalla sua versione originale italiana che è stato replicato a Losanna, Utrecht, Nanchino, Liuzhou e Parigi. Parliamo del Bosco Verticale, capolavoro di architettura urbana verde che Stefano Boeri ha concepito per Milano. Un edificio che si sviluppa in verticale con una fittissima coltre di vegetazione che lo avvolge. Alberi, arbusti, piante spuntano da terrazzi e scanalature, cambiando di stagione in stagione, diventando un nuovo polmone verde della città. Ma se vogliamo parlare di edifici letteralmente avvolti nel verde possiamo anche citare 88 Market Street di Singapore. Il nuovo progetto di Carlo Ratti (firma che sta dietro la progettazione del padiglione Hortus di F.I.C.O.) prevede di inserire un parco cittadino con un grattacielo, nella città-stato asiatica è tra le prime al mondo per edilizia che integra il verde con l’urbanistica. O ancora Mille Arbres, vera e propria ‘foresta’ parigina: un maxi edificio polifunzionale che ospita un enorme parco verde. Progettato da OXO Architectes e Sou Fujimoto Architects.
Poco consumo, molta efficienza

Ulteriore interpretazione eco dello sviluppo cittadino è quella degli edifici passivi. Ovvero che, grazie ai materiali altamente isolanti, l’esposizione studiata nei minimi dettagli, e una serie di soluzioni architettoniche, non hanno bisogno né di impianto di riscaldamento. Perché sono in grado di mantenere una temperatura interna costantemente piacevole. E’ specialmente nei Paesi nordici che l’architettura passiva sta facendo passi da gigante. A Vancouver è stato appena inaugurato The Heights, un condominio di 60.000 metri quadrati dalle performance energetiche elevatissime.

Inoltre, grande attenzione viene rivolta alle micro-case autosufficienti. Abitazioni piccolissime, il cui design permette di disporre di tutto il necessario. Autosufficienti, grazie a pannelli solari, turbine eoliche, impianti di riuso dell’acqua. E magari anche mobili. Come le Ecocapsule. Inoltre, il tema degli spazi ristretti si collega ad una nuovissima, innovativa soluzione architettonica che diversi studi stanno sperimentando. Si tratta delle case plug-in, prolungamenti di abitazioni già esistenti che si ‘attaccano’ alle facciate dei palazzi. In pratica l’edificio si espande senza alcuna necessità di nuovi cantieri, ma grazie a prefabbricati di design. Un esempio è quello di Plug-In City 75 di Studio Malka.

Altre soluzioni

Tra le soluzioni che più si stanno facendo largo nel mondo dell’architettura urbana c’è l’impiego (anzi, la riscoperta) del legno. Edifici realizzati con strutture lignee per garantire salubrità, resistenza, e minimo impatto ambientale. Ogni mese un edificio si propone come il ‘grattacielo in legno più alto del mondo’. Al momento sembra che quello di Tokyo, che vedrà la luce nel 2041, sia il progetto più ambizioso. Si chiama W350, misurerà 350 metri ed è un progetto di Sumitoro Forestry Co.

Non è da sottovalutare poi l’importanza della riconversione di edifici in disuso, specialmente quelli industriali. Che magari nella loro realizzazione originale non erano affatto ecologici. Ma il concetto di riutilizzarli, ‘riciclarli’ dona loro una nuova aura green. Particolarmente curioso Wunderland Kalkar, un parco di divertimenti tedesco realizzato nella sede di un’ex centrale nucleare.

Infine, una soluzione che vanta una incredibile rapidità di costruzione (e quindi un bassissimo impatto ambientale dovuto all’assenza di cantieri) e una grande possibilità di personalizzazione. Sono gli edifici modulari, prefabbricati che si assemblano in poche ore, dando vita ad abitazioni ad impatto zero. Modscape è una firma di architettura che esplora i confini dell’architettura modulare e produce eccellenti esempi di questa tecnica. Tra i più recenti, Project Franklinford, una villa completamente autosufficiente dal punto di vista energetico.

fonte: stile.it