Permesso di costruire in sanatoria e determinazione degli oneri concessori

Permesso di costruire in sanatoria e determinazione degli oneri concessori

Secondo il Consiglio di Stato gli oneri concessori vanno determinati secondo le tabelle vigenti al momento del rilascio del titolo in sanatoria.


CONTRIBUTO DI COSTRUZIONE IN CASO DI SANATORIA EDILIZIA
Ai sensi dell’art. 36, comma 2 del D.P.R. 380/2001, il rilascio del permesso in sanatoria è subordinato al pagamento, a titolo di oblazione, del contributo di costruzione in misura doppia, ovvero, in caso di intervento che, se regolare, sarebbe stato escluso dal contributo, in misura pari a quella prevista dall'art. 16, D.P.R. 380/2001. Nell'ipotesi di intervento realizzato in parziale difformità, l'oblazione è calcolata con riferimento alla parte di opera difforme dal permesso.

FATTISPECIE
Nel caso di specie il ricorrente contestava la sentenza del TAR che, in relazione a tre pratiche di condono edilizio, sosteneva che gli oneri concessori dovessero essere calcolati in base alle tabelle vigenti al momento della presentazione della domanda di sanatoria (momento in cui andava versata la quota di anticipazione) ed escludeva l’applicazione di eventuali future revisioni delle tariffe da parte dei singoli Comuni. Il TAR interpretava in tal senso l’art. 6, comma 3 della L.R. Campania n. 10/2004 che stabilisce che gli oneri concessori relativi alle opere abusive oggetto di condono sono aumentati del cento per cento rispetto alla “misura stabilita dalla disciplina vigente”.

PRINCIPI ESPRESSI DAL CONSIGLIO DI STATO
Al riguardo il C. Stato 27/04/2020, n. 2667 ha affermato che gli oneri concessori vanno determinati secondo le tabelle vigenti al momento del rilascio del titolo in sanatoria e non della presentazione della domanda. Tale principio trova fondamento:
- in primo luogo, nell’applicazione del canone tempus regit actum, perché è soltanto con l’adozione del provvedimento di sanatoria che il manufatto diviene legittimo e, quindi, concorre alla formazione del carico urbanistico che costituisce il presupposto sostanziale del pagamento del contributo e
- in secondo luogo, su considerazioni di ordine teleologico, in quanto consente di meglio tutelare l’interesse pubblico all’adeguatezza della contribuzione rispetto ai costi reali da sostenere.

CONCLUSIONI
Sulla base di tale principio il Consiglio di Stato ha accolto il ricorso ritenendo che per “misura stabilita dalla disciplina vigente”, ai sensi dell’art. 6, comma 3, della L.R. Campania n. 10/2004, doveva quindi intendersi quella stabilita dalle tabelle che erano in vigore al momento della definizione del procedimento di sanatoria.

 

Fonte: Bollettino Online di Legislazione Tecnica
www.legislazionetecnica.it

Per la realizzazione di un muro di contenimento è necessario il permesso di costruire

Per la realizzazione di un muro di contenimento è necessario il permesso di costruire

Il Consiglio di Stato ha ribadito che è necessario il permesso di costruire per la realizzazione di un muro di contenimento, in quanto si tratta di un’opera che trasforma in modo durevole l’assetto edilizio del territorio e dunque qualificabile come intervento di nuova costruzione.

FATTISPECIE
La sentenza del TAR Lazio impugnata riguardava il ricorso per l’annullamento dell’ordinanza con la quale si era ingiunto di sospendere i lavori e demolire un muro di contenimento di altezza variabile da mt. 1,50 a mt. 2,50 e lungo mt. 8 circa, interessante una superficie di mq. 16, eretto abusivamente in zona “Centro storico”, in San Felice Circeo; zona soggetta a vincolo panoramico e paesaggistico e nella quale il P.R.G. consentiva solo il risanamento igienico ed il restauro conservativo e non anche la realizzazione di nuove opere, comportanti la trasformazione dello stato dei luoghi.

L’appellante sosteneva che l’opera, consistente in un muro di contenimento che si sarebbe reso necessario nel corso di lavori di manutenzione della fossa settica della sua abitazione, sarebbe stata prettamente funzionale alla costruzione principale e, per la sua natura di opera pertinenziale, non avrebbe necessitato del permesso di costruire.

CONSIDERAZIONI GIURIDICHE
Il TAR aveva osservato che il muro realizzato non poteva essere qualificato come un intervento di risanamento igienico né di restauro conservativo di volumi esistenti e, per altro verso, che la edificazione di un muro di contenimento costituisce un’opera di carattere permanente che richiede la concessione edilizia, incidendo in modo permanente e non precario sull’assetto edilizio del territorio.

Secondo la Sent. C. Stato 09/01/2020, n. 212 la sentenza appellata è conforme alla consolidata giurisprudenza in materia, sia amministrativa che penale, che ha espresso i seguenti principi:
- il muro di cinta o di contenimento è struttura che - differenziandosi dalla semplice recinzione, la quale ha caratteristiche tipologiche di minima entità al fine della mera delimitazione della proprietà - non ha natura pertinenziale, in quanto opera dotata di specificità ed autonomia soprattutto in relazione alla funzione assolta, consistente nel sostenere il terreno al fine di evitarne movimenti franosi in caso di dislivello, originario o incrementato;
- il concetto di nuova costruzione è comprensivo di qualunque manufatto autonomo ovvero modificativo di altro preesistente, che sia stabilmente infisso al suolo o ai muri di quella preesistente, ma comunque capace di trasformare in modo durevole l’area coperta, ovvero ancora delle opere di qualsiasi genere con cui si operi nel suolo e sul suolo, se idonee a modificare lo stato dei luoghi;
- in materia edilizia, è necessario il permesso di costruire per la realizzazione di un muro di contenimento, in quanto si tratta di un manufatto che si eleva al di sopra del suolo ed è destinato a trasformare durevolmente l’area impegnata, come tale qualificabile intervento di nuova costruzione.

 

 

Fonte: Bollettino Online di Legislazione Tecnica
www.legislazionetecnica.it

Pertinenze urbanistiche: opere di modestissima entità e accessorie rispetto a un’opera principale

Pertinenze urbanistiche: opere di modestissima entità e accessorie rispetto a un’opera principale

Le pertinenze possono essere qualificate come tali solo se consistono in opere di modestissima entità e accessorie rispetto a un’opera principale, quali ad esempio i piccoli manufatti per il contenimento di impianti tecnologici e simili.

FATTISPECIE
Nel caso di specie, il ricorrente realizzava, senza titolo, un manufatto edilizio di mq. 18,29, con altezza interna di ml. 2,10 e volume complessivo di mc. 38,41, suddiviso in due parti. La costruzione era ubicata all’interno del cortile di proprietà, a ridosso del muro di recinzione e destinata a ricovero dell’autoclave e del serbatoio a servizio del complesso residenziale.

Al fine di regolarizzare l’edificazione, il ricorrente presentava, al Comune di San Benedetto del Tronto, istanza di sanatoria che veniva respinta sulla scorta delle seguenti considerazioni:
- l’intervento ricadeva in zona soggetta a vincolo paesistico;
- l’entità dell’intervento risultava eccessiva per poterlo considerare una pertinenza.

PRINCIPI DI DIRITTO E CONCLUSIONI
In proposito, la Sent. TAR. Marche 23/09/2019, n. 593 ha richiamato la giurisprudenza ormai consolidata, secondo la quale la qualifica di pertinenza urbanistico-edilizia va riconosciuta soltanto ad opere di modestissima entità e accessorie rispetto a un’opera principale, quali ad esempio i piccoli manufatti per il contenimento di impianti tecnologici e simili, ma non anche a opere che, dal punto di vista delle dimensioni e della funzione, si caratterizzino per una propria autonomia rispetto all’opera cosiddetta principale e non siano coessenziali alla stessa, di tal che ne risulti possibile una diversa e autonoma utilizzazione economica.

Di conseguenza, il Tribunale, rilevato che si trattava di un manufatto di oltre mq.18, cioè di dimensioni planimetriche equivalenti a due camere da letto singole; ha ritenuto che si trattasse di un vero e proprio ampliamento di cui non veniva fornita alcuna particolare giustificazione tecnica ineludibile, poiché risultava verosimile, anche in base alla comune esperienza, che l’impianto di autoclave (praticamente una pompa) potesse limitarsi ad occupare spazi modesti all’interno di cantine o garage o anche all’esterno sotto piccole tettoie all’uopo dedicate.

 

 

Fonte: Bollettino di Legislazione Tecnica online
www.legislazionetecnica.it