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La durabilità dei materiali

Ancora oggi, come in passato, la resistenza all'invecchiamento dei materiali impiegati in edilizia è uno dei parametri fondamentali del "Buon Costruire".

I primi trattati o codici, danno indicazioni per la scelta dei materiali e il loro impiego, e autori quali Vitruvio, poi Leon Battista Alberti come altri nel Rinascimento considerano la durata degli stessi un fattore intrinseco nel materiale.
Successivamente, la trattatistica ottocentesca affronta la normalizzazione dei parametri di durata dei materiali e delle strutture, aumentando la specificità del costruire.
La veloce trasformazione e crescita dei processi industriali portano nel '900 ad una nuova definizione: la "durevolezza" o "durabilità" dei materiali. Con questa definizione si vuole stabilire il tempo "normale" di durata di un manufatto in condizioni "normali", come esigenza di natura soprattutto economica.
Dal punto di vista pratico operativo esiste un continuo scontro, tra la necessità di far durare i materiali di facciata – finiture e intonaci - in considerazione dell'impegno economico sostenuto dai proprietari e l'impiego dei materiali e le tecniche da impiegarsi.
Tutti sappiamo ormai che la durabilità degli intonaci e delle finiture colorate si scontra con la velocità d'applicazione, il costo della manodopera, le impalcature, costi burocratici e di gestione imprenditoriale in genere, a cui si aggiungono anche la mancanza di manodopera qualificata e formata e, non ultimo, i materiali tradizionali non reperibili facilmente.
L'offerta, sempre più vasta, di prodotti alternativi a questi e, soprattutto, la mancanza di un approccio sistematico al sistema di equilibrio sinergico tra muratura e paramento murario e tra questo e tutta la fabbrica.
La progettazione di un intervento non sarà mai esaustiva, se non dopo un approccio analitico delle superfici, degli intonaci esistenti e della struttura tutta del corpo dell'edificio, compreso l'interno, con definizione degli impianti tecnici e quant'altro; dipenderà anche dall'utilizzo dell'edificio che, a volte, influenza i parametri termodinamici e l'interscambio con l'esterno.
Così capita per esempio di vedere un intonaco nuovo e colorato con macchie per perdita di acqua dalle grondaie o lesionato da movimenti strutturali della muratura, indotti dalla modifica su setti murari trasversali o dall'inserimento di nuove strutture orizzontali.

La Manutenzione Intelligente

Etimologia delle parole
manus (mano) - tentionen (tenere, possedere); intelligentia-intelligens (l'atto del comprendere e del distinguere)
ovvero: usare la mano con la testa

Cos'è la manutenzione intelligente e programmata delle facciate: 

è lo studio progettuale della manutenzione che, attraverso l'acquisizione di dati e parametri oggettivi esistenti, permette di individuare il ciclo protettivo più idoneo (non necessariamente il più durevole in assoluto) che consenta una gestione semplice, economica e soprattutto programmabile, delle manutenzioni future. Parleremo quindi del mantenimento dell'efficienza delle superfici.
La manutenzione, e in particolar modo la manutenzione programmabile, è una disciplina che avrà sempre maggior importanza nel futuro delle nostre città.
Oggi, dopo la sconsiderata crescita delle periferie, sfuggita spesso al saggio controllo suggerito dal "genius loci", si affrontano temi come "L'immagine urbana, l'arredo urbano, la riqualificazione di quartieri o aree degradate o abbandonate, il recupero dell'archeologia industriale".
Questi argomenti, di carattere urbanistico e quindi di ampio respiro, si concretizzano e realizzano però attraverso il lavoro capillare del singolo.
E' quindi la manutenzione del testo, eseguita nel modo più appropriato e consono, gestita in armonia con il contesto, che porta ad ottenere un linguaggio omogeneo, scorrevole, fluido che ci dà l'esatta dimensione della cultura, delle radici e delle tradizioni del luogo.

Considerazioni
I fattori da tenere in considerazione nel progettare la manutenzione, il recupero e/o restauro di facciate.
1. Le strutture portanti (sia nuova edilizia sia storica)
2. La fisica termodinamica di interscambio tra ambiente interno ed esterno
3. Gli intonaci e le finiture esistenti
4. Le patologie
5. L'aspetto filologico

1. Le strutture portanti
Abbiamo sei tipologie di strutture portanti degli edifici:
• Muri antichi e comunque antecedenti al '900, composti da elementi a blocchi omogenei per natura e dimensione e malta d'allettamento in calce, con strutture orizzontali in legno.
• Muri antichi e comunque antecedenti al '900, eterogenei composti da elementi a blocchi eterogenei per natura e/o dimensione e malta d'allettamento in calce, con strutture orizzontali in legno.
• Muri antichi e comunque antecedenti al '900, sia omogenei sia eterogenei e malta d'allettamento in calce, con nuove strutture orizzontali in latero cemento (aumento di carico non previsto al momento della costruzione sui muri portanti).
• Strutture verticali posteriori al '900, composte da elementi a blocchi (mattone o pietra) e malta d'allettamento in cemento, con strutture orizzontali in latero cemento.
• Strutture verticali e orizzontali miste in laterizio e cemento armato, dove il laterizio non assolve a funzione portante ma solo di tamponamento o riempimento.
• Strutture verticali e orizzontali in cemento armato, sia industrializzato sia prefabbricato, utilizzate in Italia ora prevalentemente nel settore produttivo e industriale, ma impiegate anche nel civile nella nuova edilizia popolare degli anni 70 e 80.
Queste diverse tipologie implicano parametri chimico-fisici diversi che influiscono, attraverso movimenti di dilatazione, comportamenti statici, permeabilità al vapore, correnti elettrochimiche determinate dai Ph dei materiali e altri ancora, sulla scelta del più opportuno materiale di finitura e protezione delle superfici.
La scelta del ciclo di finitura condiziona, a livello progettuale, anche l'intonaco.
Ad esempio, se pensiamo di rifinire e proteggere le superfici esterne con tinte minerali, quali calci e silicati, dovremo prevedere intonaci di calce naturale che, interagendo in modo ottimale con la finitura protettiva, comporterà un aumento di durata e di prestazioni della stessa.

2. Fisica termodinamica di interscambio tra ambiente interno ed esterno
Temperatura e umidità relativa dell'aria, diverse tra gli ambienti interni ed esterni, comportano "differenze di pressione", denominate di saturazione e relativa, che creano migrazione di vapore tra le opposte superfici, con direzione che cambia e si inverte a seconda del periodo stagionale.

3. Intonaci e finiture esistenti
Gli intonaci e le eventuali finiture colorate esistenti condizionano moltissimo la durabilità del ciclo protettivo che noi andremo a prevedere nella manutenzione.
Ricordiamo la necessaria compatibilità chimico-fisica tra i diversi strati, non dimenticando che gli intonaci cementizi, a Ph molto elevato, scatenano fenomeni elettrochimici che portano ad un "effetto pila" con formazione di corrente elettrica che scompone e richiama anche le molecole d'acqua trattenendole nel substrato dell'intonaco, all'interno del muro.
Finiture sintetiche esistenti, essendo di natura termoplastica, non sono idonee a ricevere finiture minerali, come calci e silicati. Diffidate anche di miracolosi "ponti d'adesione": permettono sì la realizzazione del lavoro ma la durabilità dello stesso sarà fortemente compromessa, soprattutto nel caso di forti escursioni termiche sollecitate anche da tinte scure.

4. Le patologie
Etimologia
Patos (Malattia) e Logos (discorso, descrizione)
Definizione:
Scienza che tratta dei disordini, relativi alla disposizione materiale degli "organi" e alle loro funzioni.
Le patologie in facciata sono molteplici e, proprio come negli esseri umani, alcune evidenti e facili da individuare e altre nascoste, "sottopelle" o addirittura nello scheletro portante, la struttura.
Va notato che la maggior parte dei danni che subisce una facciata proviene dall'acqua o da elementi contenuti e veicolati dall'acqua stessa; acqua meteorica, acqua a Ph acido, acqua da condensazione, acqua da schizzi provocati dal traffico stradale, acqua sotto forma di gelo, acqua da risalita capillare, acqua sotto forma di aerosol, acqua da percolazioni di lattonerie malandate, acqua come attivatore di reazioni chimiche disgreganti ecc. E, assieme all'acqua, troviamo frequentemente i sali, che provocano distruzioni chimiche, attraverso trasformazioni molecolari e fisiche, dovute alla crescita enorme di volume nel momento in cui il sale passa dalla fase di ione in soluzione a quella cristallina.

Per valutare le patologie, e la loro entità, si utilizza la seguente metodologia.
A. DOCUMENTAZIONE STORICA
Se la facciata da mantenere è importante, storica o inserita in un contesto importante, cerchiamo di attingere informazioni documentarie storiche, cercando di conoscere eventuali appalti di lavori di manutenzione e restauro passati, che riportassero le metodologie di lavoro e le tipologie dei materiali da utilizzarsi.
Studiamo attentamente a tavolino questi documenti e memorizziamoli.
B. L'APPROCCIO VISIVO
Il primo metodo è un approccio visivo che deve porre attenzione al particolare sapendolo però inserito in un contesto più ampio. Non soffermarsi quindi all'episodio locale ma cercare cosa, nel contesto generale della facciata, ha potuto incidere sulla zona "ammalata".
C. RIPRESE FOTO E VIDEO
Una scrupolosa ripresa fotografica ci aiuterà poi a ricomporre i particolari di facciata, ed un'attenta osservazione dei singoli oggetti ingranditi può mostrarci cose a noi sfuggite durante il sopralluogo. Oggi grazie al digitale foto e video diventano strumenti facilmente utilizzabili per rivedere e scoprire particolari sfuggiti. Oggi un normale smartphone è in grado di cogliere e memorizzare molti più dati di una macchina fotografica professionale. Raccomandiamo l'uso di riprese video per poter commentare in tempo reale ciò che si sta riprendendo.
Strumenti indicati:
1. Uno smartphone con grandangolo e teleobiettivo fisico, non digitale. Capacità della fotocamera almeno 12 megapixel. Non usare teleobiettivo digitale in quanto l'ingrandimento è ottenuto da una interpolazione digitale e si perdono inevitabilmente particolari. Meglio se ha una stabilizzazione fisica delle ottiche e non digitale.
2. Se lo smartphone non ha la stabilizzazione ottica possiamo aggiungere alla nostra dotazione un supporto, da tenere in mano, stabilizzato sui tre assi, chiamato in gergo "gimbal". Oggi se ne trovano di ottima qualità intorno ai 100,00 € e poco più.
3. Altra valida alternativa, in fatto di riprese stabilizzate, sono le ultime novità di video/fotocamere miniaturizzate e stabilizzate. Questi strumenti sono chiamati "mini gimbal" e, nonostante le ridottissime dimensioni, sono in grado di riprendere immagini e video in altissima definizione. Il loro costo varia dai 150,00 ai 400,00 €.
D. ANALISI DIAGNOSTICHE
A questo punto possiamo integrare ulteriormente i dati acquisiti con analisi oggettive (chimico-fisico), da svolgere sia in situ sia in laboratorio.
Le analisi saranno descritte in altro capitolo di questo manuale, dove cercheremo anche di descrivere le attrezzature occorrenti per analisi in situ e le analisi più utili e richieste sui campioni spediti ai laboratori.
L'insieme di tutti questi dati ci aiuteranno a valutare l'entità e la gravità della o delle patologie, permettendoci di comporre un quadro nitido e di progettare l'azione risanante o confinante della patologia stessa. In questo modo eviteremo azioni che, invece di risolvere il problema, possono addirittura incrementarlo sia in estensione sia in gravità, cosa che succede più frequentemente di quello che si possa pensare, non solo in campo manutentivo ma anche nel restauro conservativo.

5. Aspetto filologico
Ultimo, ma sicuramente non meno importante degli altri, è l'aspetto filologico che, come sappiamo, può venire al di sopra di ogni altra considerazione tecnica progettuale.
Etimologia
Philologia da Philologos (amante della scienza, del linguaggio)
Definizione:
Scienza della parola, come espressione del pensiero umano. Arte di interpretare criticamente i testi di una lingua, di un linguaggio.
Ovvero: interpretare il linguaggio del "genius loci".

LA DURABILITA' DELLE FINITURE PER FACCIATA

Da cosa dipende la durabilità di una finitura?
Ingenuamente, la prima considerazione che facciamo istintivamente, è quella che dipenda soprattutto dalla qualità della finitura stessa.
Purtroppo, non è così; almeno in molti casi la qualità del prodotto assume una valenza minoritaria.
Sono parecchi i fattori che pregiudicano la durata dei cicli protettivi.
Credo che i grafici seguenti, derivati da 30 anni di lavoro sul campo, siano abbastanza esaustivi:

Nello scegliere il ciclo più indicato di finitura, saremo influenzati da tre tipi di fattori:
tecnici, normativi ed emozionali.
Possiamo così elencarli:
1. La tipologia architettonica dell'edificio.
2. Ambiente nel quale è collocato l'edificio.
3. Il tipo di struttura portante.
4. La natura degli intonaci di supporto.
5. Le eventuali problematiche del supporto, determinate da condizioni patologiche e/o fisiologiche.
6. L'imposizione di normative locali e/o nazionali.
7. Il rispetto di regole filologiche.
8. La scelta del materiale in funzione della natura biologica o della risposta estetica cromatica e/materica.
Teniamo presente che ad ogni errore di interpretazione, preparazione e applicazione del ciclo protettivo, corrisponderà una progressiva diminuzione della durabilità della finitura.

1. Tipologia architettonica dell'edificio
La forma, l'epoca di costruzione e l'ambiente in cui l'edificio è inserito sono fattori importanti, da tenere in considerazione per la progettazione del ciclo di finitura protettivo.
Un edificio moderno senza cornicioni e protezioni agli agenti atmosferici necessiterà di finiture estremamente protettive e idrorepellenti.

Un edificio con tetto spiovente e buoni sporti di gronda manterrà più a lungo le finiture protettive.
Superfici difficili da raggiungere (per es. poste sopra proprietà confinanti) possono richiedere l'uso di ponteggi come ad esempio le piattaforme aeree, che permettono la corretta esecuzione di pitture e tinte ma risultati esteticamente scarsi sia con cicli a spessore (intonachini, marmorini, spatolati ecc) sia con effetti decorativi quali le velature e patinature.

2. Ambiente che circonda l'edificio
L'ambiente che circonda l'edificio condiziona molto, oggi, la durabilità del ciclo di finitura. Ambienti marini, cittadini e industriali sono decisamente più aggressivi rispetto ad ambienti rurali o montani.
Non confondiamo però gli elementi aggressivi naturali con quelli artificiali, cioè prodotti dall'uomo.
L'intonaco a marmorino veneziano, di calce aerea è, ancora oggi, la superficie più resistente in assoluto agli agenti atmosferici naturali (Venezia ne è ampio banco di prova e testimonianza). Però sappiamo che la calce aerea stessa non resiste all'aggressivo inquinante (pollution o smog), a Ph acido ed in grado di trasformare il carbonato di calcio (cioè il legante calce aerea indurito) in solfato di calcio (gesso), con conseguente degrado. Lo stesso marmorino, quindi, non potrà garantire la medesima durabilità, passando dall'ambiente marino a quello industriale o cittadino.

3. Tipo di struttura muraria
Struttura portante in blocchi assemblati (mattoni, pietre, mattoni artificiali), mista in cemento armato e tamponamento, legno intonacato, cemento armato, isolamenti termici esterni a cappotto: tutte queste diverse tipologie di muro comportano condizioni molto diverse "di lavoro" e di comportamento per le finiture. In particolare, i cappotti isolanti espongono le finiture a enormi stress dovuti a condizioni climatiche di gelo e caldo. In inverno la finitura non può ricevere calore dalla muratura perché isolata e in estate non riesce a cedere al muro il calore ricevuto dall'irraggiamento solare, restando in assolute condizioni estreme di gelo e di caldo.

4. Intonaci di supporto
La natura dell'intonaco di supporto alla finitura ne condiziona molto la durabilità.
Come già chiarito in altro capitolo, sappiamo che certe finiture protettive interagiscono chimicamente con il supporto (quelle minerali come le calci, i silicati liquidi di potassio ed i silossani).
La "lettura chimica" del supporto è uno dei fattori tra i più importanti, da prendere in considerazione, quando progettiamo la manutenzione ma anche la prima esecuzione delle opere murarie.
Intonaci prettamente cementizi, oltre alle già note problematiche che creano al muro per scarsa elasticità, bassa permeabilità al vapore, contenuto di sali, corrente elettrochimica generata col muro per la forte differenza di Ph, condizioneranno la durabilità della finitura minerale (calci e silicati) per una scarsa interazione chimica.
Intonaci premiscelati monostrato, oltre all'eventuale uso del cemento e le problematiche connesse, contengono una elevata componente di additivi, che caratterizza fortemente l'impasto. Una scarsa protezione all'acqua delle successive finiture (vedi diagramma di Kunzell) potrebbe portare a migrazione degli additivi contenuti nella massa verso le superfici, con conseguenti fenomeni fisico-chimici incontrollabili. Attenzione quindi a finiture colorate non protettive e idrorepellenti quando si opera su questi intonaci.
Gli intonaci premiscelati monostrato risentono spesso anche di fenomeni di cavillatura, denominati "ragnatele" o "carte geografiche" per il loro andamento caratteristico, dovuti ad un eccessivo ma necessario dosaggio d'acqua, che comporta ovviamente maggiori ritiri nella fase di maturazione. Su queste superfici, normative permettendo, dovremo prevedere finiture elastiche, in grado di reggere le maggiori tensioni.

5. Le patologie murarie
Le patologie murarie, fisiologiche se nate con il muro o patologiche se intervenute in tempi successivi alla costruzione, condizionano notevolmente la scelta del tipo di materiale di finitura e le tecniche applicative.
Crepe strutturali, crepe da movimento dovuto ai diversi moduli elastici di strutture eterogenee, ponti termici, condense interne alla muratura dovute a fenomeni di pressione termoigrometrica, umidità da risalita capillare, percolazioni d'acqua, ecc. Queste situazioni devono essere valutate attentamente per la scelta tecnica del tipo di finitura e del conseguente ciclo applicativo.
È necessario e molto importante procedere, in questi casi, ad un'attenta analisi delle superfici; la più immediata sarà visiva poi, acquisendo via via elementi documentali (ricerche da documenti storici, fotografici, notarili, ecc) e, non ultimo, indagini diagnostiche svolte in situ o in laboratorio, per eliminare dubbi sulla effettiva natura della patologia.

6. Imposizione di normative locali e/o nazionali
Spesso le normative pongono una giusta attenzione all'aspetto estetico e/o materico delle superfici dei contesti storici, cittadini o rurali. Non dedicano però lo stesso interesse al materiale che compone o deve comporre il supporto (l'intonaco). Questo comporta la necessità, da parte dell'impresa applicatrice, di mettere in atto certe preparazioni del supporto prima di intervenire con il ciclo di finitura. E' ovvio che, per avere una buona durabilità, occorreranno sia la giusta esperienza dell'impresa e/o del tecnico a cui ci si affida per progettare l'intervento sia il riconoscimento economico da parte del committente di queste (spesso non previste nei capitolati) ulteriori lavorazioni.
Per fare un esempio pratico, se il regolamento edilizio del Comune in cui si opera prevede l'esclusivo uso di materiali di finitura in calce nel centro storico e noi troviamo un supporto prettamente cementizio, noto per la sua scarsa compatibilità con la calce, saremo costretti a "condizionare" il supporto in modo da prepararlo a "ricevere" la finitura in calce senza pregiudicarne la durabilità.

7. Il rispetto delle Regole filologiche
Anche regole filologiche cioè le richieste che provengono dall'architettura e dall'uso storico dell'edificio stesso, nel rispetto della filosofia con il quale fu costruito e mantenuto nel tempo, imposte quindi da etica o da enti preposti alla tutela del patrimonio storico, possono accorciare la vita della finitura (es. una finitura in calce su edificio storico posto su una via di enorme traffico urbano: la durata sarà inevitabilmente più breve del normale).
A tal proposito vorremmo fare un piccolo inciso sull'utilizzo di materiali tradizionali "storici", composti in cantiere dai restauratori e non formulati dalle case produttrici. Succede, e non poche volte, che, nel comporre un materiale in cantiere seguendo le raccomandazioni degli organi che soprintendono al patrimonio storico, il restauratore si trovi ad acquistare grassello di calce dal rivenditore di materiali edile più vicino e additivi naturali (per es. latte scremato) o sintetici (leggi resina acrilica) non sottoposti a controllo di qualità. Il grassello che si trova dal rivenditore edile solitamente non ha più di 15 giorni di stagionatura! Assolutamente inadatto a lavorazioni di finitura nel restauro (ma vorremmo dire anche nel nuovo cantiere). Per assurdo è quindi meglio utilizzare sempre prodotti confezionati che provengono da produzioni controllate qualitativamente.

8. Scelta del materiale in funzione della natura biologica o della risposta estetica cromatica e/materica.
Questa è una scelta che possiamo definire "emozionale" o "di pelle" e non tecnica. E' una scelta voluta solitamente dal progettista, o dal proprietario del bene, per la categoria a cui appartiene il prodotto naturalità del prodotto o perché offre particolari risposte cromatiche che non si riscontrano in altri prodotti.
Sono scelte del tutto condivisibili ma, spesso, queste finiture vengono scelte senza considerare la natura del supporto e portando a limitarne la durabilità nel tempo.

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