La Corte di Cassazione chiarisce in quali casi un’opera può essere ritenuta precaria e quindi sottratta al preventivo rilascio del permesso di costruire


FATTISPECIE
Nel caso di specie era stata affermata la responsabilità del ricorrente per la realizzazione, in zona demaniale marittima gravata da vincolo paesaggistico, di una struttura pressostatica delle dimensioni di mq 100, realizzata in elementi metallici e copertura in PVC, con pavimentazione in pietra leccese, in assenza dei prescritti titoli abilitativi.

Il ricorrente sosteneva che dalle dichiarazioni rese dal responsabile dell'ufficio tecnico comunale, risultavano la precarietà ed amovibilità dell'opera, per la quale era stato peraltro rilasciato il permesso di costruire in sanatoria.

PRINCIPIO DI DIRITTO
In proposito, la Suprema Corte ha ribadito che, al fine di ritenere sottratto un manufatto al preventivo rilascio del permesso di costruire in ragione della sua asserita natura precaria, la stessa non può essere desunta dalla temporaneità della destinazione soggettivamente data all'opera dal costruttore, ma deve ricollegarsi alla intrinseca destinazione materiale dell'opera ad un uso realmente precario e temporaneo per fini specifici, contingenti e limitati nel tempo, con conseguente possibilità di successiva e sollecita eliminazione, non risultando, peraltro, sufficiente la sua rimovibilità o il mancato ancoraggio al suolo.

Inoltre, sulla base di quanto disposto dal T.U.E. (D.P.R. 380/2001), sono soggetti a permesso di costruire, tutti gli interventi che, indipendentemente dalla realizzazione di volumi, incidono sul tessuto urbanistico del territorio, determinando una trasformazione in via permanente del suolo inedificato.

CONCLUSIONI
La Corte di Cassazione ha considerato che le dedotte caratteristiche di precarietà e facile amovibilità dell'opera erano evidentemente smentite dalla descrizione della stessa effettuata nella sentenza di appello sulla base delle emergenze processuali del giudizio di primo grado. Il manufatto realizzato si presentava infatti come stabilmente infisso al suolo e dotato di pavimentazione circoscritta da un muretto di contenimento, l'opera poggiava su pilasti in ferro, a loro volta ancorati su plinti in cemento armato ed era stato accertato anche un cambiamento del livello planovolumetrico e pianoaltimetrico del terreno su cui l'opera era stata realizzata. Si era evidenziato, poi, che i plinti su cui poggiava il manufatto erano infissi su di una zattera in cemento sulla quale era stata poi posta una pavimentazione in lastre di pietra leccese.
Avuto riguardo a tali caratteristiche costruttive, risultava evidente che la dedotta precarietà dell'opera era del tutto insussistente.

La Cass. pen. 30/05/2019, n. 24149 ha pertanto ritenuto che nel caso di specie i necessari requisiti individuati dalla giurisprudenza mancavano del tutto ed, anzi, le caratteristiche costruttive accertate deponevano, unitamente alla rilevata alterazione planovolumetrica e pianoaltimetrica del terreno, per un intervento destinato a durare nel tempo che aveva già determinato una modifica dell'originario assetto dell'area su cui insisteva.

Un'ulteriore conferma di una simile evenienza, era data dal fatto che per le opere in questione l'interessato aveva ritenuto di dover richiedere un permesso di costruire in sanatoria (sulla base peraltro di una descrizione delle opere non rispondente alla realtà), che non sarebbe stato necessario per un intervento precario, atteso che la natura dell'opera precaria, che non determina stabili trasformazioni del territorio, non richiede per la sua realizzazione alcun titolo abilitativo.

 

Fonte: Bollettino di Legislazione Tecnica online
www.legislazionetecnica.it

L’Agenzia delle Entrate ha pubblicato la guida “Bonus mobili ed elettrodomestici” aggiornata a maggio 2019 vediamo insieme cosa contiene.

LA DETRAZIONE

Si può usufruire della detrazione Irpef del 50% per l’acquisto di mobili e di grandi elettrodomestici di classe non inferiore alla A+ (A per i forni), destinati ad arredare un immobile oggetto di ristrutturazione.
L’agevolazione è stata prorogata dalla recente legge di bilancio anche per gli acquisti che si effettuano nel 2019, ma può essere richiesta solo da chi realizza un intervento di ristrutturazione edilizia iniziato non prima del 1° gennaio 2018.
Per gli acquisti effettuati nel 2018, invece, è possibile fruire della detrazione solo se
l’intervento di ristrutturazione è iniziato in data non anteriore al 1° gennaio 2017.
Come ottenere il bonus

La detrazione si ottiene indicando le spese sostenute nella dichiarazione dei redditi
(modello 730 o modello Redditi persone fisiche).

 
QUANDO SI PUÒ OTTENERE LA DETRAZIONE

Per avere l’agevolazione è indispensabile, quindi, realizzare una ristrutturazione edilizia (e usufruire della relativa detrazione), sia su singole unità immobiliari residenziali sia su parti comuni di edifici, sempre residenziali.
La detrazione spetta anche quando i beni acquistati sono destinati ad arredare un ambiente diverso dello stesso immobile oggetto di intervento edilizio.
Quando si effettua un intervento sulle parti condominiali (per esempio, guardiole, appartamento del portiere, lavatoi), i condòmini hanno diritto alla detrazione, ciascuno per la propria quota, solo per i beni acquistati e destinati ad arredare queste parti.
Il bonus non è concesso, invece, se acquistano arredi per la propria abitazione.


ATTENZIONE

La guida bonus mobili ed elettrodomestici dice che per ottenere il bonus è necessario che la data dell’inizio dei lavori di ristrutturazione preceda quella in cui si acquistano i beni. Non è fondamentale, invece, che le spese di ristrutturazione siano sostenute prima di quelle per l’arredo dell’immobile.

La data di avvio dei lavori può essere dimostrata, per esempio, da eventuali abilitazioni amministrative o dalla comunicazione preventiva all’Asl, se è obbligatoria. Per gli interventi che non necessitano di comunicazioni o titoli abilitativi, è sufficiente una dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà. Nella provincia di Bolzano la comunicazione preventiva va inviata esclusivamente all’Ispettorato del Lavoro.

Dal 2018, infine, vanno comunicati all’Enea gli acquisti di alcuni elettrodomestici per i quali si può usufruire del bonus (forni, frigoriferi, lavastoviglie, piani cottura elettrici, lavasciuga, lavatrici). Tutte le informazioni sull’invio della comunicazione sono disponibili sul sito dell’Enea. La mancata o tardiva trasmissione non implica, tuttavia, la perdita del diritto alle detrazioni (risoluzione n. 46/E del 18 aprile 2019).

 
INTERVENTI NECESSARI PER LA DETRAZIONE

Ecco gli interventi edilizi di manutenzione ordinarie e straordinaria dell’appartamento o del condominio che concorrono all’ottenimento della detrazione:

• manutenzione straordinaria, restauro e risanamento conservativo, ristrutturazione edilizia su singoli appartamenti. I lavori di manutenzione ordinaria su singoli appartamenti (per esempio, tinteggiatura di pareti e soffitti, sostituzione di pavimenti, sostituzione di infissi esterni, rifacimento di intonaci interni) non danno diritto al bonus
• ricostruzione o ripristino di un immobile danneggiato da eventi calamitosi, se è stato dichiarato lo stato di emergenza
• restauro, risanamento conservativo e ristrutturazione edilizia, riguardanti interi fabbricati, eseguiti da imprese di costruzione o ristrutturazione immobiliare e da cooperative edilizie che entro 18 mesi dal termine dei lavori vendono o assegnano l’immobile
• manutenzione ordinaria, manutenzione straordinaria, restauro e risanamento conservativo, ristrutturazione edilizia su parti comuni di edifici residenziali.

Esempi di lavori su singoli appartamenti o parti condominiali che danno diritto al bonus

Manutenzione straordinaria
• installazione di ascensori e scale di sicurezza
• realizzazione dei servizi igienici
• sostituzione di infissi esterni con modifica di materiale o tipologia di infisso
• rifacimento di scale e rampe
• realizzazione di recinzioni, muri di cinta e cancellate
• costruzione di scale interne
• sostituzione dei tramezzi interni senza alterazione della tipologia dell’unità immobiliare

Ristrutturazione edilizia
• modifica della facciata
• realizzazione di una mansarda o di un balcone
• trasformazione della soffitta in mansarda o del balcone in veranda
• apertura di nuove porte e finestre
• costruzione dei servizi igienici in ampliamento delle superfici e dei volumi esistenti

Restauro e risanamento conservativo
• adeguamento delle altezze dei solai nel rispetto delle volumetrie esistenti
• ripristino dell’aspetto storico-architettonico di un edificio

Esempi di lavori di manutenzione ordinaria su parti condominiali che danno diritto al bonus: tinteggiatura pareti e soffitti, sostituzione di pavimenti, sostituzione di infissi esterni, rifacimento di intonaci, sostituzione tegole e rinnovo delle impermeabilizzazioni, riparazione o sostituzione di cancelli o portoni, riparazione delle grondaie, riparazione delle mura di cinta.

PER QUALI ACQUISTI

La detrazione spetta per l’acquisto di mobili nuovi (per esempio: letti, armadi, cassettiere, librerie, scrivanie, tavoli, sedie, comodini, divani, poltrone, credenze, materassi, apparecchi di illuminazione.
È escluso l’acquisto di porte, pavimentazioni (per esempio, il parquet), tende e tendaggi, altri complementi di arredo.

Elettrodomestici nuovi di classe energetica non inferiore alla A+ (A per i forni), come rilevabile dall’etichetta energetica. L’acquisto è comunque agevolato per gli elettrodomestici privi di etichetta, a condizione che per essi non ne sia stato ancora previsto l’obbligo.
Rientrano nei grandi elettrodomestici, per esempio: frigoriferi, congelatori, lavatrici, asciugatrici, lavastoviglie, apparecchi per la cottura, stufe elettriche, forni a microonde, piastre riscaldanti elettriche, apparecchi elettrici di riscaldamento, radiatori elettrici, ventilatori elettrici, apparecchi per il condizionamento.

Tra le spese da portare in detrazione si possono includere quelle di trasporto e di montaggio dei beni acquistati.

 
L’IMPORTO DETRAIBILE

Indipendentemente dall’importo delle spese sostenute per i lavori di ristrutturazione, la detrazione del 50% va calcolata su un importo massimo di 10.000 euro, riferito, complessivamente, alle spese sostenute per l’acquisto di mobili e grandi elettrodomestici. La detrazione deve essere ripartita tra gli aventi diritto in dieci quote annuali di pari importo.
Per l’acquisto di mobili ed elettrodomestici effettuato nel 2018 e riferito a interventi di ristrutturazione iniziati nel 2017 (anche se proseguiti nel 2018), l’importo massimo di 10.000 euro deve essere considerato al netto delle spese sostenute nel 2017 e per le quali si è già fruito del bonus.
Allo stesso modo, per gli acquisti del 2019 e riferiti a lavori realizzati nel 2018, o iniziati nel 2018 e proseguiti nel 2019, la detrazione deve essere calcolata su un importo complessivo non superiore a 10.000 euro, al netto delle spese sostenute nel 2018 per le quali si è già fruito dell’agevolazione.
Il limite dei 10.000 euro riguarda la singola unità immobiliare, comprensiva delle pertinenze, o la parte comune dell’edificio oggetto di ristrutturazione. Quindi, il contribuente che esegue lavori di ristrutturazione su più unità immobiliari avrà diritto più volte al beneficio.

 
I PAGAMENTI

Per avere la detrazione sugli acquisti di mobili e di grandi elettrodomestici occorre effettuare i pagamenti con bonifico o carta di debito o credito.

Nella guida bonus mobili ed elettrodomestici si legge poi che non è consentito, invece, pagare con assegni bancari, contanti o altri mezzi di pagamento.
Se il pagamento è disposto con bonifico, non è necessario utilizzare quello (soggetto a ritenuta) appositamente predisposto da banche e Poste S.p.a. per le spese di ristrutturazione edilizia. La detrazione è ammessa anche se i beni sono acquistati con un finanziamento a rate, a condizione che la società che eroga il finanziamento paghi il corrispettivo con le stesse modalità prima indicate e il contribuente abbia una copia della ricevuta del pagamento (circolare n. 7/2017). In questo caso, l’anno di sostenimento della spesa sarà quello di effettuazione del pagamento da parte della finanziaria.
Stesse modalità devono essere osservate per il pagamento delle spese di trasporto e montaggio dei beni.

consulta la guida https://bit.ly/2QvfHz0

 

L’inversione contabile o “reverse charge” è quel meccanismo per cui l’Iva è dovuta dal cliente anziché dal fornitore. Le fatture sono emesse dal cedente (o prestatore) senza Iva mentre il cessionario (o committente) integra la fattura con Iva, effettuando la doppia registrazione, nel registro Iva acquisti (per il conteggio dell’Iva a credito) e nel registro Iva vendite (per il conteggio dell’Iva a debito).

Il meccanismo è stato introdotto in alcuni settori considerati a rischio di frodi Iva come, ad esempio, nell’edilizia. In tal modo, l’acquirente risulta allo stesso tempo creditore e debitore del tributo.

Tale sistema trova applicazione nel nostro ordinamento in molteplici ambiti, alcuni dei quali riportati di seguito:

    prestazioni di servizi diversi da quelli di cui alla lettera a-ter), compresa la prestazione di manodopera, rese nel settore edile da soggetti subappaltatori nei confronti delle imprese che svolgono l’attività di costruzione o ristrutturazione di immobili ovvero nei confronti dell’appaltatore principale o di un altro subappaltatore. La disposizione non si applica alle prestazioni di servizi rese nei confronti di un contraente generale a cui venga affidata dal committente la totalità dei lavori (articolo 17, comma 6, lett. a), D.P.R. 633/1972);
    cessioni di fabbricati o di porzioni di fabbricato di cui ai numeri 8-bis) e 8-ter) dell’articolo 10, comma 1, per le quali nel relativo atto il cedente abbia espressamente manifestato l’opzione per l’imposizione (articolo 17, comma 6, lett. a-bis), D.P.R. 633/1972);
    prestazioni di servizi di pulizia, di demolizione, di installazione di impianti e di completamento relative ad edifici (articolo 17, comma 6, lettera a-ter), D.P.R. 633/1972);
    cessioni di rottami, cascami e avanzi di metalli ferrosi e dei relativi lavori, di carta da macero, di stracci e di scarti di ossa, di pelli, di vetri, di gomma e plastica, nonché di bancali in legno (pallet) recuperati ai cicli di utilizzo successivi al primo, intendendosi comprese anche quelle relative agli anzidetti beni che siano stati ripuliti, selezionati, tagliati, compattati, lingottati o sottoposti ad altri trattamenti atti a facilitarne l’utilizzazione, il trasporto e lo stoccaggio senza modificarne la natura (articolo 74, comma 7, D.P.R. 633/1972).

In ottica di fatturazione elettronica le operazioni rientranti nel regime dell’inversione contabile richiedono che il fornitore indichi l’imponibile, specificando la Natura dell’operazione con il codice “N6 – Inversione contabile”, con registrazione dell’operazione nel registro Iva vendite.

Il cessionario (o committente) soggetto passivo Iva che riceve la fattura elettronica riportante la natura “N6”, ai sensi dell’articolo 17 D.P.R. 633/1972, deve procedere all’integrazione della fattura elettronica ricevuta con l’imposta, effettuando la registrazione ai sensi degli articoli 23 e 25 D.P.R. 633/1972.

La mancata integrazione, anche in presenza di doppia registrazione, determina l’applicazione delle sanzioni, ai sensi dell’articolo 6, comma 9bis, D.Lgs 471/1997 che dispone quanto segue: “è punito con la sanzione amministrativa compresa fra 500 euro e 20.000 euro il cessionario o il committente che, nell’esercizio di imprese, arti o professioni, omette di porre in essere gli adempimenti connessi all’inversione contabile di cui agli articoli 17…74…dpr 633/1972”.

Con la fatturazione elettronica in formato xml, pertanto, il destinatario del file fattura ha l’onere di scegliere come assolvere all’integrazione del documento elettronico.

L’Agenzia delle Entrate aveva affrontato la problematica già nella circolare 45/E/2005, paragrafo 2.7.2, analizzando l’ipotesi degli acquisti intracomunitari: “posto che la fattura ricevuta non può essere in alcun modo modificata, l’acquirente deve predisporre un altro documento in cui annotare sia i dati necessari per l’integrazione sia gli estremi della fattura estera (cfr circolare 23 febbraio 1994, n. 13/E). Detto documento, se emesso in forma elettronica, è allegato alla fattura originaria e reso immodificabile mediante l’apposizione del riferimento temporale e della firma elettronica qualificata. Qualora, invece, il documento integrativo sia redatto su supporto cartaceo, si rende necessario materializzare la fattura estera, per conservarla congiuntamente al menzionato documento, ovvero, in alternativa, convertire il documento integrativo analogico in formato elettronico”.

Nella circolare 13/E/2018, inoltre, l’Agenzia delle entrate evidenzia, che “vista la natura del documento elettronico transitato tramite SdI -di per sé non modificabile e, quindi, non integrabile -che la numerazione della fattura o qualsiasi altra integrazione della stessa…possa essere effettuata secondo le modalità già ritenute idonee in precedenza (cfr. la risoluzione n. 46/E del 10 aprile 2017 e le circolari ivi richiamate), ossia, ad esempio, predisponendo un altro documento, da allegare al file della fattura in questione, contenente sia i dati necessari per l’integrazione sia gli estremi della stessa”.

Pertanto, ai fini della corretta applicazione del reverse charge “interno”, l’integrazione della fattura elettronica passa necessariamente da un documento distinto predisposto dal cliente dell’operazione, che dovrà essere conservato insieme alla fattura ricevuta dal fornitore/prestatore, entro il 31 gennaio 2021 (tre mesi dal termine di presentazione della dichiarazione dei redditi riferita all’anno 2019).

A tal proposito l’Agenzia delle Entrate, in risposta ad un quesito specifico sul tema, con la Faq n. 38 del 27 novembre 2018 propone quanto segue: “al fine di rispettare il dettato normativo, l’Agenzia ha già chiarito con la circolare 13/E del 2 luglio 2018 che una modalità alternativa all’integrazione della fattura possa essere la predisposizione di un altro documento, da allegare al file della fattura in questione, contenente sia i dati necessari per l’integrazione sia gli estremi della stessa. Al riguardo, si evidenzia che tale documento – che per consuetudine viene chiamato “autofattura” poiché contiene i dati tipici di una fattura e, in particolare, l’identificativo Iva dell’operatore che effettua l’integrazione sia nel campo del cedente/prestatore che in quello del cessionario/committente – può essere inviato al Sistema di Interscambio e, qualora l’operatore usufruisca del servizio gratuito di conservazione elettronica offerto dall’Agenzia delle entrate, il documento verrà portato automaticamente in conservazione”.

A nostro avviso se da un lato la soluzione proposta con la Faq dell’Agenzia risolve il problema della conservazione del documento di integrazione, dall’altro ci sembra fuorviante mischiare il concetto di “autofattura” con quello dell’integrazione. Resta, pertanto, consigliabile valutare all’interno della propria struttura la soluzione più idonea per assolvere all’adempimento formale in commento, onde evitare l’applicazione delle citate sanzioni.

Aumenta la deducibilità Imu sui capannoni. Lo dice il “bonus fusioni” contenuto nei piani di sviluppo a firma dei ministri Tria e Di Maio.

Tra le misure del cosiddetto bonus fusioni, che contiene norme fiscali per la crescita economica, è previsto l’aumento al 60% della deducibilità Imu sui capannoni. La deducibilità era già raddoppiata dal 20 al 40% per gli immobili strumentali delle imprese: ora l’obiettivo è un ulteriore aumento del 20%. La stima dei costi di questa misura non va oltre i 150 milioni annui per il primo anno.

L’intervento sui capannoni potrebbe però cancellarne un’altra, ovvero il superammortamento per investimenti in beni strumentali fino a 2,5 milioni che, se confermato, dovrebbe durare dal 1 aprile al 31 dicembre 2019. Una maggiorazione del 130% che non si applicherebbe agli acquisti di auto, immobili, attrezzature e software. Questa misura, già consolidata nel tempo,  ha effetto immediato sulla crescita perché farebbe da traino agli investimenti 4.0 agevolati con l’iperammortamento.

Tra le altre misure del “bonus fusioni”:

  • bonus per incentivare le fusioni e aggregazioni tra imprese
  • estensione della fatturazione elettronica per le operazioni con San Marino e la stabilizzazione del credito di imposta per la ricerca e sviluppo
  • revisione del la mini-Ires, fino al taglio progressivo dell’aliquota Ires partendo per il 2019 con un abbassamento dal 24 al 22,5%.
  • 150 milioni per allargare il Fondo di garanzia Pmi anche alle medie imprese e small mid cap.
  • eliminazione dell’interpello per ottenere la detassazione sui brevetti del “patent box”
  • creazione di una piattaforma per gli investimenti di fondi pensione e casse di previdenza a sostegno dell’economia reale
  • incentivi al credito di imposta per l’assunzione dei ricercatori nelle startup, per la trasformazione digitale 4.0, per la patrimonializzazione e il ricambio generazionale
  • incentivi specifici per la formazione nei distretti industriali e per attività di R&S collegata all’economia circolare
  • patti territoriali e contratti d’area per il microcredito
  • Nascita delle Sis (società di investimento semplici), da costituire come Spa con capitale fino a 25 milioni raccolto presso investitori professionali o anche tramite i cosiddetti “business angels
  • Nuova forma di detraibilità delle spese per l’efficienza energetica
  • Misure per il made in Italy contro la contraffazione dei prodotti di origine italiana, tra cui la “norma Pernigotti” con un registro storico di marchi con oltre 50 anni, al fine di vietarne l’uso se la proprietà chiude la produzione sul sito originario.

 

 

 

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Preliminarmente occorre chiarire cosa si intenda per “rigenerazione urbana”. Il termine, di derivazione anglosassone (“urban regeneration”) designa i programmi di recupero e riqualificazione del patrimonio immobiliare alla scala urbana che puntano a garantire qualità e sicurezza dell’abitare sia dal punto di vista sociale sia ambientale, in particolare nelle periferie più degradate. Si tratta di interventi che, rivolgendosi al patrimonio edilizio preesistente, limitano il consumo di territorio salvaguardando il paesaggio e l’ambiente; attenti alla sostenibilità, tali progetti si differenziano sostanzialmente da quelli di urban renewal, o «rinnovamento urbano», spesso rivelatisi interventi prevalentemente di demolizione e ricostruzione, a carattere più o meno apertamente speculativo. I quartieri o le parti di città oggetto di interventi di R.U. vengono pertanto sottoposti a una serie di miglioramenti tali da renderne l’edificato compatibile dal punto di vista ambientale, con l’impiego di materiali ecologici, e il più possibile autonomo dal punto di vista energetico, con il progressivo ricorso alle fonti rinnovabili; ma anche tali da limitare l’inquinamento acustico e raggiungere standard adeguati per i parcheggi, gli esercizi commerciali, i trasporti pubblici, la presenza di luoghi di aggregazione sociale, culturale e religiosa, di impianti sportivi e aree verdi ecc., in modo da ottenere un complessivo innalzamento della qualità della vita degli abitanti.

L’art. 5 dello Sblocca cantieri è finalizzato a chiarire che il soddisfacimento degli standard da parte degli interventi di rigenerazione urbana sia assicurato solo nel caso in cui questi generino un maggiore fabbisogno di dotazioni territoriali rispetto alla situazione antecedente. In alternativa, quando non sia tecnicamente possibile disporre di aree da cedere, si può provvedere alla monetizzazione delle aree, consentendo, in tal modo, ai comuni di acquisire risorse utili.

All’art. 5, comma 1, il legislatore delegato elenca le finalità perseguite dalla norma:
- indurre una drastica riduzione del consumo di suolo e, al contempo, favorire la rigenerazione del patrimonio edilizio esistente;
- incentivare la razionalizzazione di detto patrimonio edilizio;
- promuovere ed agevolare la riqualificazione di aree urbane degradate con presenza di funzioni eterogenee e tessuti edilizi disorganici o incompiuti, nonché di edifici a destinazione non residenziale dismessi o in via di dismissione, ovvero da rilocalizzare, tenuto conto anche della necessità di favorire lo sviluppo dell’efficienza energetica e delle fonti rinnovabili e di assicurare il miglioramento e l’adeguamento sismico del patrimonio edilizio esistente, anche con interventi di demolizione e ricostruzione.

Per le ragioni sub a), b) e c), vengono apportate due modifiche alla normativa pre-vigente:
-all’articolo 2-bis, comma 1, del Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia[3] (recante “Deroghe in materia di limiti di distanza tra fabbricati”), le parole “possono prevedere” sono state sostituite da “introducono” e le parole “e possono dettare” da “nonché”. Pertanto, il legislatore delegato ha inteso obbligare le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano ad introdurre, da un lato, disposizioni derogatorie al decreto del Ministro dei lavori pubblici 2 aprile 1968, n. 1444 e, dall’altro, disposizioni sugli spazi da destinare agli insediamenti residenziali, a quelli produttivi, a quelli riservati alle attività collettive, al verde e ai parcheggi, nell’ambito della definizione o revisione di strumenti urbanistici comunque funzionali ad un assetto complessivo e unitario o di specifiche aree territoriali;
- allo stesso articolo 2-bis di cui sopra, dopo il comma 1 vengono introdotti due commi:
    «1-bis. Le disposizioni del comma 1 sono finalizzate a orientare i comuni nella definizione di limiti di densità edilizia, altezza e distanza dei fabbricati negli ambiti urbani consolidati del proprio territorio.
    1-ter. In ogni caso di intervento di demolizione e ricostruzione, quest’ultima è comunque consentita nel rispetto delle distanze legittimamente preesistenti purché sia effettuata assicurando la coincidenza dell’area di sedime e del volume dell’edificio ricostruito con quello demolito, nei limiti dell’altezza massima di quest’ultimo».

Le riforme apportate dallo Sblocca cantieri in tema di rigenerazione urbana, tuttavia, non sono state esente da critiche: c’è, infatti, chi ha parlato di “troppa prudenza” da parte del Governo, auspicando il superamento della “logica dei provvedimenti singoli” e, conseguentemente, l’approdo ad un “sistema di interventi generali e strutturali che consentano un vero cambio di passo, con l’indicazione chiara degli obiettivi di medio periodo e degli strumenti normativi e finanziari da utilizzare per conseguirli”.


fonte iusinitinere

Il Decreto Legge 32/2019 “Sblocca Cantieri” è intervenuto sul Testo Unico dell’Edilizia, modificando in modo rilevante il regime delle autorizzazioni per l’esecuzione di interventi in zona sismica.

Le novità introdotte dallo “Sblocca Cantieri”, che dovranno comunque essere confermate in sede di conversione del decreto legge, lasciano chiaramente emergere l’intento di semplificazione del legislatore, da attuare sia con apposite linee guida che il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti dovrà adottare d’intesa con la Conferenza Unificata, sia con l’intervento del legislatore Regionale, al quale viene in tal senso espressamente conferito il potere di legiferare in via esecutiva sul punto.

Coerentemente con ogni intervento di semplificazione, il decreto “Sblocca Cantieri” ha inteso responsabilizzare (ulteriormente) il tecnico: l’art. 93 d.p.r. 380/2001 è stato in tal senso modificato, introducendo espressamente l’obbligo di accompagnare i progetti con una dichiarazione asseverata in ordine:

    al rispetto delle norme tecniche per le costruzioni;
    alla coerenza tra il progetto esecutivo riguardante le strutture e quello architettonico;
    al rispetto delle eventuali prescrizioni sismiche contenute negli strumenti di pianificazione urbanistica.

Una tale asseverazione, che rappresenta un’assoluta novità, comporta una rilevante assunzione di responsabilità per il tecnico, giacchè – come si vedrà di seguito – la qualificazione che attribuisce all’intervento è dirimente ai fini dell’individuazione dell’autorizzazione cui rimane soggetto.

L’aspetto probabilmente più innovativo risiede comunque nel nuovo art. 94 bis: nel disciplinare le autorizzazioni necessarie per l’esecuzione di interventi in zona sismica, tale norma attribuisce rilevanza non solo al livello di sismicità della zona, ma anche alla tipologia di intervento da realizzare.

Nello specifico, il decreto “Sblocca Cantieri” introduce una classificazione degli interventi in base alla pubblica incolumità, suddividendoli in “rilevanti”, “di minore rilevanza” e “privi di rilevanza”.

In tal senso, rientrano nella categoria “A” di “interventi rilevanti rispetto alla pubblica incolumità”:

    gli interventi di adeguamento o miglioramento sismico di costruzioni esistenti nelle località sismiche ad alta sismicità (zona 1 e 2);
    le nuove costruzioni che (indipendentemente dalla zona ove ricadono n.d.r.), si discostino dalle usuali tipologie o che per la loro particolare complessità strutturale richiedano più articolate calcolazioni e verifiche;
    gli interventi relativi ad edifici di interesse strategico e alle opere infrastrutturali la cui funzionalità durante gli eventi sismici assume rilievo fondamentale per le finalità di protezione civile, nonché relativi agli edifici e alle opere infrastrutturali che possono assumere rilevanza in relazione alle conseguenze di un loro eventuale collasso;

L’esecuzione di tali interventi rimane soggetta a “preventiva autorizzazione scritta del competente ufficio tecnico della regione, in conformità all’articolo 94” (art. 94 bis co. 3).

Rientrano invece nella categoria “B” degli interventi di “minore rilevanza”:

    Gli interventi di adeguamento o miglioramento sismico di costruzioni esistenti nelle località sismiche a media sismicità (Zona 3);
     le riparazioni e gli interventi locali sulle costruzioni esistenti (indipendentemente dalla zona ove insistono n.d.r.);
    le nuove costruzioni che non rientrano nella fattispecie di cui alla lettera a), n. 2;

Rientrano infine nella categoria “C” degli interventi “privi di rilevanza nei riguardi della pubblica incolumità” quelli che, per loro caratteristiche intrinseche e per destinazione d’uso, non costituiscono pericolo per la pubblica incolumità.

Gli interventi delle categorie “B” e “C” non rimangono soggetti ad autorizzazione preventiva e richiedono, eventualmente, il solo deposito del progetto: come si legge nel comma 4, l’autorizzazione preventiva non è necessaria per  “lavori relativi ad interventi di “minore rilevanza” o “privi di rilevanza” di al comma 1, lettera b) o lettera c)”. La stessa norma fa tuttavia salvo il potere per le Regioni di istituire controlli anche con modalità a campione.

Come si è anticipato, il decreto “Sblocca Cantieri”, per la sua completa attuazione, rinvia a successive Linee Guida ove verranno stabiliti i criteri per la qualificazione, sotto il profilo strutturale, degli interventi.

Nelle more, le Regioni sono espressamente titolate a potersi dotare di specifiche elencazioni per la classificazione degli interventi. Successivamente all’adozione delle linee guida, le Regioni adotteranno “specifiche elencazione di adeguamento delle stesse”.

L’attribuzione di un tale potere in capo alle Regioni risolve dunque l’annosa questione circa il loro potere di legiferare in tale particolare materia, che più volte è stato oggetto di discussione innanzi agli Organi di Giustizia.

Quel che comunque emerge evidente, soprattutto in questa fase “iniziale”, è il ruolo del tecnico e l’importanza della sua asseverazione circa la qualificazione degli interventi ai fini dell’individuazione dell’autorizzazione cui rimane soggetto: con tutte le prevedibili e gravi conseguenze circa la legittimità dell’intervento e le collegate responsabilità, anche di ordine penale.

In ultimo è opportuno rilevare come tale decreto lasci emergere l’intenzione del legislatore di prevedere alcune liberalizzazioni anche in relazione alle autorizzazioni sismiche. Come si legge nel comma 2 dell’art. 94 bis, le succitate linee guida dovranno individuare anche “le varianti di carattere non sostanziale per le quali non occorre il preavviso di cui all’articolo 93”, così lasciando emergere un (minimo) spazio di edilizia libera anche sotto il profilo sismico.

fonte: legal-team.it

Il governo è al lavoro sul cosiddetto "decreto crescita" che tra le diverse misure, contiene alcune che riguardano da vicino il settore immobiliare.


Nuove risorse per il Fondo di garanzia per la prima casa. Il rifinanziamento ammonta a 200 milioni nel 2019. La norma prevede la riduzione degli accantonamenti a copertura del rischio passando dal 10% all'8% dell'importo garantito.

Bonus per la valorizzazione dell'edilizia.

Le imprese di costruzione o di ristrutturazione immobiliare che acquistano e, entro i successivi 10 anni, demoliscono e ricostruiscono l'edificio potranno beneficiare di diversi incentivi: una tantum di 200 euro per l'imposta di registro e le imposte ipotecaria e catastale; possibilità di variazione volumetrica e alienazione rispetto al fabbricato preesistente. Dunque, saranno agevolati con l'applicazione delle imposte di registro, ipotecaria e catastale nella misura fissa di 200 euro ciascuna, i trasferimenti di interi fabbricati a favore di imprese di costruzione o ristrutturazione immobiliare che, entro i successivi dieci anni, provvedano alla loro demolizione e ricostruzione, anche con variazione della volumetria, e alla loro alienazione.

Semplificazioni per l'edilizia privata.

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La legge 122/2005 (Disposizioni per la tutela dei diritti patrimoniali degli acquirenti di immobili da costruire) prevede (in particolare agli articoli 2 e 4) gli obblighi del costruttore per la tutela dell’acquirente di un immobile da costruire. Ma adesso il nuovo Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza (Dlgs 14 del 12 gennaio 2019) ha portato elementi di novità.

Secondo quanto previsto dalla legge 122/2005, a tutela dell’acquirente, il costruttore è obbligato:

    in sede di contratto preliminare (e a pena di nullità di detto contratto), a consegnare all’acquirente una fideiussione, bancaria o assicurativa, di importo corrispondente alle somme che il costruttore riscuote anteriormente alla stipula del contratto definitivo (si tratta di una nullità che la legge definisce come relativa, che cioè, può essere dichiarata solo su domanda dell’acquirente);
    in sede di contratto definitivo, a consegnare all’acquirente, una polizza assicurativa decennale a copertura dei danni subiti dall’edificio e provocati a terzi e derivanti da rovina totale o parziale dell’edificio o da gravi difetti costruttivi.

Il Codice della crisi ha innovato la disciplina della fideiussione e dell’assicurazione previste dalla normativa sugli acquisti di immobili da costruire.

In base a quanto disposto, ecco quali sono le novità:

    la fideiussione e la polizza assicurativa devono essere conformi a un modello standard prescritto con decreti da emanarsi (entro 90 giorni dal 16 marzo 2019) in concerto tra i Ministeri della Giustizia e dello Sviluppo economico (articolo 3, comma 7-bis, e articolo 4, comma 1-bis, Dlgs 122/2005);
    il contratto preliminare deve recare, oltre agli estremi della fideiussione consegnata dal costruttore, anche l’attestazione della sua conformità al predetto modello standard (articolo 6, comma 1, lettera g), Dlgs 122/2005);
    il contratto definitivo (il rogito) è nullo (si tratta di una nullità relativa, cioè eccepibile solamente dall’acquirente) se non sia consegnata la polizza assicurativa (articolo 4, comma 1, Dlgs 122/2005);
    il contratto definitivo deve recare menzione della polizza assicurativa e della sua conformità al modello standard (articolo 4, comma 1-quater, Dlgs 122/2005);
    la fideiussione diviene escutibile (oltre che nel caso in cui il costruttore entri in una situazione di crisi) anche qualora il notaio comunichi all’acquirente di non aver ricevuto dal costruttore, in vista della stipula del contratto definitivo, la predetta polizza assicurativa (articolo 3, comma 3, e articolo 4, comma 1-ter, Dlgs 122/2005).

(marzo 2019) Sarà ancora possibile, fino a tutto il 2019, chiedere una detrazione Irpef del 50% su un tetto massimo di spesa di 96mila euro per ciascuna unità immobiliare. Dal 1° gennaio 2020, a meno che intervenga un’ulteriore proroga, la detrazione tornerà alla misura ordinaria del 36% e il limite massimo di spesa sarà di 48mila euro. Stessa agevolazione confermata per chi acquista, entro l’anno in corso, un box, un posto auto o una casa in un edificio interamente ristrutturato.

Attenzione al nuovo adempimento introdotto dalla legge di bilancio 2018.
Analogamente a quanto già previsto per la riqualificazione energetica degli edifici, per gli interventi che comportano un risparmio energetico occorre trasmettere all’Enea una comunicazione dei lavori effettuati, entro 90 giorni dalla data della loro ultimazione. Per gli interventi con data di fine lavori nel 2018 l’invio della documentazione all’Enea va effettuato entro il 1° aprile 2019 attraverso il sito http://ristrutturazioni2018.enea.it/.
Per gli interventi terminati nel 2019 la comunicazione va trasmessa, entro 90 giorni dalla data di fine lavori, attraverso il sito https://bonuscasa2019.enea.it/.

Se la data di fine lavori è compresa tra il 1° gennaio 2019 e l’11 marzo 2019, il termine di 90 giorni decorre dall’11 marzo, giorno di messa on line del sito.

Sul sito http://www.acs.enea.it/ristrutturazioni-edilizie/ è disponibile una guida per la trasmissione dei dati, realizzata dall’Enea, con l’elenco degli interventi per i quali è scattato il nuovo obbligo.

Non si registrano novità, invece, sulle tipologie di interventi che danno diritto all’agevolazione e sulle modalità di pagamento: bonifico bancario, postale o tratto su un conto acceso presso un istituto di pagamento autorizzato.

Scarica la guida in formato PDF  https://bit.ly/2T5o9of

La circolare esplicativa pubblicata in Gazzetta ufficiale intende fornire agli operatori del settore indicazioni sulle Norme Tecniche per le Costruzioni (NTC) 2018 al fine di favorire una più corretta, agevole e diffusa applicazione della nuova normativa.

E' stata pubblicata sulla Gazzetta ufficiale dell’11 febbraio 2019 la circolare del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti (MIT) n. 7 del 21 gennaio 2019 con le istruzioni per l’applicazione dell’aggiornamento delle Norme Tecniche per le Costruzioni (NTC) 2018.

Entrate in vigore il 22 marzo 2018, le nuove norme sono andate a sostituire la versione precedente di dieci anni prima (NTC 2008). Il documento normativo definisce, tra le altre cose:

  • criteri generali tecnico-costruttivi per progettazione, esecuzione e collaudo degli edifici e loro consolidamento;
  • criteri generali per la verifica di sicurezza delle costruzioni;
  • indagini su terreni e rocce, criteri generali e precisazioni tecniche per progettazione, esecuzione e collaudo delle opere di sostegno delle terre e delle opere di fondazione;
  • criteri generali e precisazioni tecniche per progettazione, esecuzione e collaudo di opere speciali;
  • protezione delle costruzioni dagli incendi.

Il documento ha lo scopo di fornire agli operatori del settore, e in particolare ai progettisti, opportuni chiarimenti, indicazioni ed elementi informativi per una più agevole e univoca applicazione delle norme.

 

Scarica l'allegato qui in basso.