Nel 2020 diventerà finalmente accessibile ai visitatori la stanza situata sotto le Cappelle Medicee, sulle cui pareti Buonarroti disegnò alcuni schizzi dei suoi capolavori

Buone notizie per chi visiterà le Cappelle Medicee a Firenze, nel 2020. Tra due anni, la stanza segreta di Michelangelo Buonarroti, ospitata nel complesso monumentale della Basilica di San Lorenzo, aprirà finalmente al pubblico.
Scoperta nel 1957, in seguito a una serie di lavori di restauro alla Sagrestia Nuova, diretti dall’allora direttore del Museo, Paolo del Poggetto, era la stanza in cui uno dei maggiori rappresentanti del Rinascimento italiano si rifugiò nel 1530 per diversi mesi. Michelangelo temeva infatti ritorsioni personali da parte dei Medici per aver sostenuto lui stesso il governo repubblicano (che li aveva cacciati da Firenze), collaborando al progetto della struttura muraria che avrebbe dovuto difendere la Repubblica Fiorentina dagli spagnoli.

Un piccolo spazio di soli sette metri per due, situato sotto la Sagrestia Nuova della Basilica di San Lorenzo, sulle cui pareti uno dei maggiori artisti di sempre disegnò a carboncino schizzi che rappresentano opere che intendeva portare a termine una volta terminata l’auto-prigionia, ma anche capolavori del passato, come un dettaglio del David e alcune figure della volta della Cappella Sistina. Nella stanza si può ammirare, inoltre, lo schizzo di un corpo chinato e ripiegato su se stesso, interpretato come una sorta di autoritratto dell’artista durante la sua reclusione.

Per secoli, questi graffiti sono rimasti coperti da uno strato di biacca, fino ad essere riportati alla luce nel novembre del 1975, in seguito ai lavori preliminari per la creazione di un’uscita di sicurezza per le Cappelle Medicee. È a quel punto che viene fatto quello che il professore di storia dell’arte Frederick Hartt avrebbe definito uno dei più importanti ritrovamenti artistici del XX° secolo. Un patrimonio che ha alimentato accesi dibattiti, tra gli storici, in merito all’attribuzione dei disegni a Michelangelo, dibattiti che tutt’ora restano aperti. Non mancano studiosi scettici come William Wallace, docente della Washington University di St. Louis, secondo il quale Michelangelo sarebbe stato un personaggio troppo importante per rinchiudersi in un seminterrato. Altri studiosi, invece, hanno trovato somiglianze evidenti tra alcune delle figure disegnate sulle pareti e quelle realizzate sul soffitto della Cappella Sistina.

Nel 2013 i graffiti sono stati resi visibili attraverso un percorso monografico interattivo dotato di postazioni touch, ma i visitatori non hanno ancora la possibilità di accedere alla stanza segreta del Buonarroti. La svolta è attesa nel 2020, grazie al piano della direttrice del Museo Nazionale del Bargello, Paola D’Agostino, che consentirà finalmente al pubblico di ammirare i disegni attribuiti a Michelangelo nel suo rifugio ospitato sotto la Sagrestia Nuova.

fonte: initalia.virgilio.it

Una villa come una lama di vetro e acciaio sospesa tra le fronde delle querce, un progetto di Craig Steely Architecture dove architettura e natura si fondono in un unicum quasi indistinguibile

Ai piedi delle montagne di Santa Cruz, ad ovest della Silicon Valley, in un boschetto di fitte querce lo studio Craig Steely Architecture realizza una villa a sbalzo che sembra galleggiare tra gli alberi.

L’idea concettuale di partenza per la Pam & Paul's House è proprio quella di una casa in vetro fluttuante in mezzo al verde dove architettura e natura si fondono in un unicum quasi indistinguibile.

La villa unifamiliare, disposta su due livelli, è caratterizzata da una piastra a sbalzo su pilastri simili a tronchi dove sono alloggiati tutti gli ambienti adibiti ad abitazione, mentre il piano superiore, di dimensioni più contenute è dedicato a spazi di ricovero e garage.

La pelle esterna dei diversi livelli contribuisce ad identificarne la funzione: infatti mentre il piano living è completamente vetrato e permeabile allo sguardo, il piano superiore è rivestito in pannelli di zinco e vetro a specchio.

Una passerella in grata di acciaio consente all’automobile di superare la porzione di terreno a sbalzo e trovare alloggio all’interno della casa.

I due livelli sono messi in comunicazione da una scala in metallo nero che si erge come una lama al centro della casa e contribuisce a creare varchi che veicolano la luce naturale anche nei punti più interni del locale.

Il piano abitabile della casa è suddiviso in modo intelligente e funzionale: la zona living e gli spazi dedicati al pranzo e alla cucina sono distribuiti in linea lungo la parete vetrata in modo da godere appieno del panorama, mentre le camere da letto e gli ambienti di servizio sono alloggiati nella parte posteriore che si estende verso la collina, protetti e separati dalla zona giorno attraverso una parete di mobili contenitori.

Al centro dell’ambiente il pavimento sotto la scala è scavato nel terreno così da poter accogliere uno spazio di lavoro concluso e delineato senza l’utilizzo di pareti divisorie. La distinzione tra gli ambienti è sottolineata anche dall’uso di materiali diversi, infatti il bancone-scrivania, i mobili e il pavimento ad essa connessi sono tutti intagliati in un’unica lastra di legno cinese.

Tutta la zona living è illuminata con tagli a soffitto di luci led che contribuiscono a sottolineare la geometricità e lo slancio dinamico delle forme della villa: il soggiorno è completamente incassato nel pavimento e arredato da B&B Italia con un sontuoso salotto in velluto viola di 14 metri quadri.

Nella cucina-sala da pranzo un lungo bancone di quarzo composito continua la superficie di lavoro del piano cucina con il tavolo da pranzo.

fonte: Di Chiara Pasini elledecor.com

Lo scorso luglio, l’Auditorium Parco della Musica di Roma ha accolto l’VIII Congresso nazionale architetti, a dieci anni dalla precedente esperienza. Sulle “sfide” della professione, dalla ricostruzione post-sisma al consumo di suolo fino alla Legge per l’architettura, abbiamo sollecitato il Presidente del Consiglio Nazionale

L’imperativo per tutti gli architetti a partire da questo Congresso è esprimere pubblicamente la propria cultura…
La nostra tre giorni congressuale è stata la sintesi della fondamentale attività propedeutica rappresentata da un viaggio di raccolta di esigenze e di contributi al quale hanno partecipato, insieme al Consiglio Nazionale, tutti gli Ordini territoriali italiani. Nelle 14 tappe di avvicinamento al Congresso gli oltre 6mila architetti, pianificatori, paesaggisti e conservatori che hanno partecipato a questo viaggio hanno mostrato di far parte di una comunità pronta a mettere a disposizione del Paese, oltre al grande potenziale umano e professionale, idee e progetti. Una comunità che ha compiuto una grande operazione di conoscenza, per incastrare, come pezzi di un puzzle, i contenuti e i caratteri di politiche differenziate per grandi coordinate progettuali e contribuire ad indicare cosa sia oggi, in Italia, prioritario. Nella consapevolezza della necessità di dover anche verificare – come stiamo facendo e come continueremo a fare – l’adeguatezza delle nostre strutture professionali, incentivando l’innovazione, per crescere culturalmente e professionalmente, e per fornire, con tutta la filiera delle costruzioni, il nostro contributo all’incremento dell’efficienza dei processi di investimento nelle città e nei territori e, conseguentemente, dei tempi, dei rischi e dei costi.

A fronte di una richiesta precisa e univoca emersa dal Congresso – la Legge per l’Architettura – il Governo in carica, nella figura del Ministro Bonisoli, ha evidenziato come la stessa non sia al momento contemplata nell’azione del suo dicastero. Come commenta questa posizione? Qual è la sua posizione in merito “all’alternativa” proposta, le cosiddette “linee guida”, da interpretare come base per un possibile iter legislativo?

Il Ministro Bonisoli si è fatto carico di definire norme sotto forma di linee guida – per consentire tempi rapidi per la loro predisposizione – a favore della promozione della qualità dell’architettura. Le linee guida, quindi, non sono affatto una alternativa alla Legge per l’architettura, ma un primo passo, attraverso un approccio rapido e pragmatico, verso il riconoscimento del valore di pubblico interesse dell’architettura e del paesaggio in quanto basilari nella definizione della qualità della vita urbana, nonché per lo sviluppo sostenibile del nostro Paese. Per gli architetti, pianificatori, paesaggisti e conservatori italiani la richiesta di una Legge per l’architettura è complementare a quella per la realizzazione di un “Piano d’Azione Nazionale per le città sostenibili”, finalizzato ad accrescere la resilienza urbana e territoriale, a tutelare l’ambiente e il paesaggio, a favorire la coesione sociale ed a migliorare la qualità abitativa. Se così non fosse la nostra sarebbe una mera richiesta corporativa, cosa questa lontana dal nostro modo di essere e dallo spirito del recente Congresso.

“L’inadeguatezza della strumentazione urbanistica vigente”; “il peso opprimente della rendita fondiaria nell’economia urbana”; “una perdurante crisi del mercato immobiliare” sono alcune delle questioni messe in evidenza nel Manifesto. Ad esse si aggiungono i dati diffusi dal recente Rapporto ISPRA, in merito al consumo del suolo: allarmanti, anche in relazione alla “cementificazione” di aree a rischio o protette, con il Parco dei Monti Sibillini, nel cratere sismico del Centro Italia, a detenere la “maglia nera” a livello nazionale. Dovremmo considerarli un ulteriore “monito”, affinché si possa davvero lavorare sul Piano d’Azione Nazionale che citava?

Non c’è dubbio che lo siano. Il nostro Paese ha bisogno di una politica pubblica per le città e per i territori che deve diventare prioritaria in una stagione come quella che stiamo vivendo che richiede una grande capacità di pianificazione, di progettazione, di risposte concrete, di investimenti strutturali e non straordinari elargiti a pioggia, ma anche di nuovi punti di vista. Noi sosteniamo da tempo, ad esempio, la questione del consumo che non si ottiene con norme ragionieristiche quali l’art. 3 del disegno di legge approvato in prima lettura alla Camera, che assegna allo Stato la quantificazione dell’estensione massima di superficie agricola consumabile a livello nazionale, alla Conferenza Unificata Stato-Regioni i criteri di ripartizione tra le Regioni, a quest’ultime la ripartizione tra tutti i Comuni della Regione e, infine, ai Comuni il compito di adeguare i propri Piani Regolatori. Si ottiene, invece, con una efficace Agenda Urbana, finalizzata a questo scopo, partendo dal presupposto che rigenerare è molto più oneroso che costruire sul nuovo e che è quindi indispensabile ribaltare il sistema delle convenienze che tuttora privilegia l’edificazione su terreni vergini, piuttosto che la rigenerazione degli ambiti urbani degradati.

A due anni dal sisma del Centro Italia, il decreto terremoto è diventato legge (il 19 luglio scorso, N.d.R). Cosa ne pensa di questo strumento? Quali effetti potrà produrre nei territori interessati?
La questione non è il decreto terremoto in sé, che rappresenta un mero palliativo di circostanza. Serve dotarsi di politiche serie per diffondere la consapevolezza del rischio e la cultura della prevenzione compreso, ovviamente, il contrasto all’abusivismo conclamato. Credo che gli effetti del decreto sui territori saranno scarsi. Non è certo il decreto che può sbloccare la ricostruzione in aree comprese per la maggior parte nel sistema delle aree interne e che quindi si trovano in condizioni di debolezza non solo strutturale – se pensiamo al sistema delle infrastrutture e servizi – ma soprattutto del tessuto socio-economico. Quando si affrontano la gestione dell’emergenza e soprattutto i processi della ricostruzione significa che parliamo di vittime e macerie e che, di conseguenza, il Paese e la nostra società hanno già perso. Gli eventi calamitosi si susseguono in modo sempre più ravvicinato e devastante negli ultimi 20 anni: in scenari emergenziali e catastrofici non è possibile applicare norme e procedure ordinarie adattate da decreti ed ordinanze. La nostra richiesta è quella di avere una legge-quadro per i processi della ricostruzione a seguito di eventi calamitosi.

Quando, a suo avviso, la figura dell’architetto ha iniziato a perdere la centralità che lei era propria fino alla prima metà del Novecento, con il risultato di una progressiva perdita di rilievo a favore di altri soggetti? Molto interessante, in questa ottica – e in controtendenza rispetto al “sentire comune” – sono i dati dell’indagine IULM, presentati durante in Congresso. Migliorare anche la “percezione collettiva” dell’architetto, potrà contribuire a “ridimensionare l’attrattività” dei paesi esteri presso i giovani architetti italiani?
Credo, come sottolinea l’indagine condotta dal Professor Mario Abis, che, soprattutto negli anni passati, l’onnipresenza delle archistar, ed alcune delle loro opere, abbiano contributo alla percezione dell’architetto come una figura lontana dalle comunità e dai loro bisogni. Ora però stiamo assistendo ad una inversione di tendenza se l’80% degli intervistati apprezza la figura dell’architetto e vive l’architettura come manifestazione del nuovo, del futuro e della innovazione, come artefice sociale delle città. Quanto ai giovani professionisti, per limitare le fughe all’estero, riteniamo indispensabile, ed è una delle richieste forti del Congresso, che anche nel nostro Paese i progetti delle opere pubbliche vengano assegnati, non più sulla scorta del fatturato degli studi, ma attraverso concorsi di progettazione in due gradi e aperti – in quanto unica modalità che risponde ai principi di trasparenza, libera concorrenza, pari opportunità, riconoscimento del merito e che permette di selezionare il progetto migliore.

Valentina Silvestrini - artribune.com

Al Barrio Maritimo II, a qualche ora di auto da Buenos Aires, Luciano Kruk ed Ekaterina Künzel firmano Casa L4, una villa in cemento a vista aperta sul paesaggio circostante

A poche ore di auto da Buenos Aires, adagiata sulla sabbia della Costa Esmeralda, nasce Casa L4, una villa privata con piscina panoramica realizzata con il preciso intento di accogliere ospiti e trascorrere con loro ore di serenità.

La scelta di costruire la casa in cemento a vista, oltre ad agevolare la manutenzione nell’arco del tempo, ha consentito di realizzare forme plastiche e scultoree, come il blocco scale al centro, che serve i tre livelli su cui si estende la casa.

L’impianto progettato da Luciano Kruk ed Ekaterina Künzel è semplice ma estremamente funzionale: la scatola presenta quattro lati, due ciechi con aperture finestrate orizzontali e due completamente vetrati. Al centro la scala di distribuzione fa da filtro tra la zona cucina-pranzo e il soggiorno, mentre ai quattro angoli sono alloggiate camere da letto matrimoniali tutte provviste di bagno privato, così da avere suites il più possibile indipendenti tra loro.

Una grande lastra di cemento sostenuta da un sistema di travi rovesce, supportato da partizioni all'interno della planimetria, e colonne metalliche disposte sui limiti laterali come parti delle strutture in alluminio compongono la struttura di supporto.

Per enfatizzare l'orizzontalità della casa e diminuire l'impatto visivo del sistema strutturale delle travi, è stata arretrata rispetto ai limiti esterni, generando così dei patii che fungono da brise-soleil.

Le attrezzature e gli impianti delle camere da letto e dei bagni sono staccate dal profilo esterno della casa, liberando così le pareti di sostegno.

Sul lato topograficamente più alto, dove la piattaforma del piano principale si adagia sul terreno naturale, la parete laterale è stata ridotta a una partizione sospesa che apre l'interno verso l'esterno attraverso una fessura longitudinale inferiore che protegge lo spazio interno dagli sguardi del lotto vicino.

Sul lato più basso, in cui la casa in calcestruzzo a vista si stacca di due metri sopra il terreno naturale, un muro basso con un'alta apertura longitudinale costituisce il contorno. Entrambe le soluzioni hanno permesso di ottenere affacci e ambiti esterni pieni di luce naturale, senza perdere la privacy interna.

Il corpo scale fora la copertura emergendo come un prisma e consente così alla luce di penetrare al piano inferiore e illuminare in modo naturale la porzione più interna della zona giorno.

La copertura invece è impreziosita da una pavimentazione in doghe di legno che abbracciano le due piscine panoramiche a sfioro e contribuiscono a caratterizzare il solarium, vero angolo di relax dal quale si può godere a 360 gradi del panorama circostante, arrivando a traguardare le cime dei pini marittimi per vedere il mare.

La scatola e lo spazio circostante quindi si fondono in una perfetta armonia di sensazioni e sintesi spaziale.

fonte: elledecor.com

A Ribadeo, cittadina nella comunità autonoma della Galizia, un faro del XIX secolo è stato convertito in struttura alberghiera, preservandone l’originalità e l’antico fascino.



Faro Isla Pancha - Ría de Ribadeo (Spagna)
In un luogo dove mare e roccia si incontrano, il faro è la sentinella dell’infinito, un luogo romantico e pieno di fascino abitato solo dal custode ma che ha ispirato innumerevoli artisti, compositori e scrittori in cerca d’ispirazione. Oggi il Faro Isla Pancha accoglie anche chi desidera trascorrere qualche notte in questa location spettacolare, un'opportunità resa possibile grazie al magistrale lavoro dello studio PF1 interiorismo che lo ha reso il primo e unico faro in Spagna destinato all’accoglienza.

Costruito nel 1857 con la chiara funzione di guida ai naviganti, il Faro Isla Pancha, è un edificio a pianta quadrata situato nell’insenatura naturale della Ría de Ribadeo (Lugo), ad un paio di chilometri dal centro della cittadina. In uso fino al 1983, il faro è stato poi chiuso per motivi di sicurezza e sostituito da una torre cilindrica in cemento a strisce bianche e nere.
 

“Quando ci è stato commissionato il progetto, la prima cosa che mi è venuta in mente è stata la vita del guardiano del faro, un lavoro suggestivo quanto solitario”, spiega Loli Moroño, responsabile creativa di PF1 interiorismo e interior designer del Faro di Isla Plancha. “L’obiettivo di questo progetto è stato quello di trasformare un antico faro in una struttura turistica, rispettandone l’essenza e gli elementi originali, ma trasformandolo in uno spazio estremamente confortevole e rilassante”.

La più grande sfida, ma al tempo stesso anche responsabilità quando si tratta di affrontare questo tipo di progetti ad alto peso storico e patrimoniale, è stata quella di trasformare l'edificio in un alloggio turistico.
    

Come sempre, la premessa dello studio è stata intervenire nel rispetto dell’esistente, prendendosi cura dei dettagli e preservando gli elementi originali, come la balaustra e i pavimenti.  Solo così è stato possibile ottenere un edificio con una nuova destinazione d’uso, adattata al settore dell'ospitalità, senza sottrarre nulla al comfort e al valore aggiunto. Lo studio di progettazione PF1 interiorismo vanta un’esperienza decennale ed è formato da un team di interior designer che si dedica principalmente al mondo del contract, con specializzazione hotel. I progetti realizzati sono sempre intimamente legati all'ambiente della decorazione e dell'interior design con l’obiettivo di riprodurre le sensazioni degli spazi privati negli spazi pubblici. Nonostante l'hotel sia un luogo di passaggio, non significa che questo debba essere necessariamente freddo e impersonale, dal momento che le persone che vi soggiornano hanno bisogno di sentire il calore e il comfort della propria abitazione. In questo modo un ospite può sentirsi a casa anche qui.

Il progetto Faro Isla Pancha è stato premiato nella categoria progetti di interior design ai premi Roca 2018, organizzati dall’editore Curt Ediciones.

    

Prodotti ECLISSE

Le soluzioni per porte a scomparsa ECLISSE hanno fornito nel progetto un’ottima soluzione estetica, oltre che funzionale, permettendo di ottenere una perfetta fusione delle porte con le pareti. “Non volevamo che questo spazio apparisse pieno di porte. Grazie ai controtelai ECLISSE Syntesis Line scorrevole siamo riusciti ad ottenere un risultato di massima integrazione degli elementi porta e parete. Per noi è stata una grande scoperta la possibilità di posizionare un battiscopa filo muro predisposto per l’illuminazione, poiché stavamo cercando un tocco di teatralità ed eleganza per questa installazione”. Il profilo per battiscopa ECLISSE Syntesis Battiscopa, posizionato sia all’interno delle camere che lungo il corridoio, ha regalato una luce molto speciale all’ambiente e, oltre ad essere anch’esso integrato con il muro, ha permesso di mantenere lo stesso materiale sia nella parete che nello zoccolino, in questo caso costituito da una carta vinilica di alta qualità.

    

Info progetto:

Alloggio turistico Faro Isla Pancha

Luogo: Ribadeo, Lugo - Galizia (Spagna)

Committente: José Luis López Braña - Eirobra

Anno: 2017

Tipologia: hospitality - interior design

Studio di progettazione:  PF1 interiorismo http://pf1interiorismo.com

Fotografo: Iván Casal Nieto - https://ivancasalnieto.com

Prodotti: ECLISSE Syntesis Line scorrevole, controtelaio per porte scorrevoli senza finiture esterne, ECLISSE Syntesis Battiscopa, profilo per battiscopa filo muro, ECLISSE Unico con Emotion, controtelaio per porte scorrevoli con stipiti con motorizzazione.

6 nomi che stanno portando l'architettura in bambù a un nuovo livello

Lo chiamano "acciaio verde" ed è una vera e propria rivoluzione nel mondo dell'architettura sostenibile, che arriva da terre lontane ma sta riscuotendo un grande successo anche in Europa

Bambù per case ecosostenibili: gli edifici in bambù non sono più associati all’idea di architettura povera, ma rappresentano oggi la frontiera dell’architettura green elegante e innovativa.

Se prima infatti questa pianta era utilizzata come materiale da costruzione prevalentemente in Asia e America Latina, oggi la troviamo sempre più frequentemente anche nei mercati Europei e Nord Americani, e molti giovani architetti stanno sperimentando tecniche per renderla sempre più contemporanea, per sdoganare i pregiudizi che si avevano su di essa e sensibilizzare anche l’occidente al suo impiego creativo.

La sua implicazione non è solo nella sfera del design. Il bambù è infatti una pianta davvero strepitosa. Graminacea perenne, sempreverde, dalla crescita spontanea e rapida, la pianta di bambù non ha bisogno di essere curata e si propaga autonomamente, rigenerandosi all'infinito, caratteristica che la rende un materiale estremamente ecologico.

Oltre ad essere universalmente conosciuta come il “il cibo dei panda” le sue caratteristiche e le storie su di essa sono davvero incredibili. Non solo i panda lo apprezzano, nella cucina orientale è molto usato come alimento, per il suo gusto delicato e la ricchezza di vitamine. La resistenza a tensione delle sue fibre lo rende perfetto in edilizia come materiale strutturale, ma in Cina da più di mille anni è impiegato nella realizzazione di gomene e cime di navi, funi dei ponti sospesi; la sua facilità di lavorazione e versatilità (merito delle fibre di bambù molto lunghe) per la produzione di carta, tessuti, parquet; i suoi benefici sono anche nelle foglie, che assorbono anidride carbonica e rilasciano ossigeno come poche altre specie.

Tra gli aneddoti sul bambù più interessanti si racconta che sia la prima specie vegetale rinata sui suoli di Hiroshima e Nagasaki dopo il bombardamento atomico del 1945; che sia stato utilizzato da Edison per gli esperimenti che lo condussero allo sviluppo della prima lampadina e che sia finito nel Guinnes dei Primati per aver stabilito il record di pianta che è cresciuta più velocemente in tutto il mondo (70 centimetri in un solo giorno).

Soprattutto negli ultimi anni abbiamo visto sorgere strutture in bambù dal risultato estetico molto diversificato, testimonianza della flessibilità della pianta e della sua rivalutazione, nel campo delle arti creative moderne, come materiale tradizionale e contemporaneo allo stesso tempo, tanto da essergli dedicato un evento, la International Bamboo Architecture Biennale che ha esordito sotto la cura di Ge Qiantao e dell’architetto George Kunihiro nel villaggio di village of Baoxi in Cina nel 2016.

La prima Biennale Internazionale dell'Architettura in Bambù ha presentato 18 costruizioni, realizzate da 12 architetti di fama internazionale tra i quali Kengo Kuma, Vo Trong Nghia, Anna Heringer, Li Xiaodong Atelier and Simon Velez, che sono state costruite in una scenario agricolo.

Partendo da alcuni di quelli che hanno partecipato all'evento e ampliando la ricerca, abbiamo selezionato 6 architetti che, per caratteristiche differenti, si possono definire veri e propri maestri del bambù.

Simon Velez è considerato un esponente autorevole dell’architettura vegetale e ne fa una vera e propria filosofia di vita, associando la costruzione in cemento alla caverna, mentre l’architettura il legno alla vita aerea, sinonimo di liberazione dell’uomo dal suo stato di primitivo rude e carnivoro ed elevazione a essere sano, equilibrato.

Considerato il leader del movimento architettonico volgare, una scuola di design fortemente ancorata al contesto geografico e che utilizza esclusivamente materiali provenienti dal territorio a cui è legata è l'autore di alcune tra le prime realizzazioni contemporanee in bambù d'Europa.

Tra queste il padiglione Zeri all'Expo 2000 di Hannover e la più recente presenza alla 15. Mostra Internazionale di Architettura di Venezia con l’allestimento Bamboo. L’installazione per la Biennale Reporting from the front a cura del cileno Alejandro Aravena ha visto riflettere l'architetto colombiano sulle straordinarie qualità del bambù come materiale architettonico e strutturale che Vélez definisce “acciaio vegetale” nel tentativo di esaltarlo ed innovarlo ad esempio combinandolo con altri materiali più moderni.

Vo Trong Nghia

Il bambù è veramente il materiale preferito di Vo Trong Nghia, architetto vietnamita fondatore di uno studio che oggi conta più di 40 persone e si contraddistingue per una progettazione che conserva l’espressività della tradizione asiatica, impiegando materiali naturali ed economici per creare un’architettura green contemporanea. Autore del padiglione vietnamita dell’Expo 2015, e già presente con un’installazione alla 15.Biennale Architettura Venezia, anche quest’anno è stato invitato come esponente del Vietnam alla16. Biennale di Architettura di Venezia in occasione della quale ha interpretato il tema Freespace con un padiglione intitolato Bamboo Stalactite, una serie di volte, realizzate incurvando e intrecciando steli di bambù intorno ad una sequenza di stalattiti lignee che corrono da terra alla copertura.
L’ intreccio del materiale crea uno spazio denso, protettivo e ombreggiato ma allo stesso tempo trasparente, aperto, perfetto per contemplare le acque dell’Arsenale di Venezia e riposare sulle poltrone pouf chaise longue. Un’architettura iconica interamente realizzata in bambù, che dimostra le potenzialità estetiche e tecniche di questo materiale.

Mauricio Cardenas Laverde

Il lavoro di Mauricio Cardenas Laverde, architetto colombiano con studio a Milano, si concentra sullo studio e la ricerca di possibili impieghi del bambù nell’edilizia così come nell’architettura d’interni. Un elemento strutturale della sua terra che lui sa adattare anche al contesto europeo., in sostituzione al legno lamellare, ma anche per rivestimenti interni, arredi e design che parlino un linguaggio contemporaneo.

In Cina, ha progettato una casa ecocostenibile in bambù a Baoxi Longquan, in Cina, con una struttura che esplora nuovi modi di costruire usando il bambù: un’architettura a secco, con connessioni in alluminio leggere e facili da assemblare, che combina quello che viene definito “acciaio vegetale” con l’acciaio vero e proprio per creare un sistema di costruzione industrializzato e applica la proporzione aurea per ottenere la standardizzazione dei pezzi, e un impatto visivo armonico.

Marco Lavit

Tra gli autori di sperimentazioni contemporanee, abbiamo scelto un giovane talento dell’architettura italiana, Marco Lavit nominato talento emergente ai Rising Talent Awards 2018, e autore del recentissimo Senato Roof, il progetto di Senato Hotel Milano che ogni anno coinvolge un designer e un produttore di mobili outdoor nel makeover totale dei 100 metri quadri della terrazza. Nella “Milano da bere”, il tetto del Senato Hotel di Lavit cita Le Corbusier con il progetto Modulor, una griglia progettata su modulo regolare con struttura in bambù con cui imbriglia le coordinate spaziali per lasciare al sole, alle nuvole e alle ombre il compito di rompere le regole.
Un gioco di contrasti, prospettive, simmetrie e irregolarità già sperimentato a Port-Louis, Mauritius, nel progetto di una facciata di una facciata in bambù che trasforma un elemento naturale in elemento ordinatore e si risolve in un prospetto che è come un "moucharabieh" per sensibilizzare all’utilizzo del bambù come materiale architettonico.

Kengo Kuma

Se si parla di architettura e bambù non si può non citare il giapponese Kengo Kuma, uno dei massimi esponenti di un’architettura che ricerca la sintesi perfetta fra edificio e paesaggio, fra intervento dell'uomo e gioco della natura. Una delle sue opere più poetiche è la Great Bamboo Wall House, una casa costruita a Pechino, a ridosso della Grande Muraglia, dalla quale l’architetto prende ispirazione. A differenza della Muraglia il muro non è però un elemento che divide ma che unisce popoli e culture, mescolando insieme l’architettura tradizionale giapponese con elementi propri della modernità, come gli arredi minimal chic che caratterizzano l’interno.

Il materiale della tradizione costruttiva locale riveste la struttura, esternamente e internamente, con cortine di canne a distanza variabile l'una dall'altra, che creano una pelle non uniforme attraverso la quale lo spazio passa dall’essere più chiuso e protetto a far filtrare completamente al paesaggio, che si mescola con l’architettura.

Chiangmai Life Architects

Chiangmai Life Architects and Construction è una società con sede in Tailandia specializzata nella progettazione e costruzione di architetture in bambù e terra che combinano un moderno design organico, l'ingegneria del 21 ° secolo e i materiali naturali. Una delle loro opere più imponenti è il Bamboo Sports Hall per la Panyaden International School del 2017, un ecologico campo sportivo in bambù di 782 metri quadrati che riprende la forma del fiore di loto, simbolo della Tailandia e degli insegnamenti buddisti.

La struttura completata ospita un campo da basket e futsal e può ospitare anche campi da pallavolo e da badminton, con gli impianti di stoccaggio posizionati dietro un palco che può essere sollevato automaticamente, e gli spalti per il pubblico. Oltre alla caratteristica di essere un edificio a basso impatto ambientale, grazie alla ventilazione naturale e l’isolamento che assicurano un clima interno ideale per tutto l’anno, quello che rende l’architettura in bambù innovativa è il design strutturale per la portata dell’intervento.

Tralicci di bambù prefabbricati di nuova concezione con una campata di oltre 17 metri senza rinforzi o connessioni in acciaio formano capriate che sono state pre-montate sul posto e sollevate in posizione con l'aiuto di una gru. Un incontro perfetto tra progettazione, tecnologia e tradizione artigianale, per un’ architettura che rappresenta il futuro della costruzione sostenibile.



Sulla costa norvegese di Andoya lo studio di Oslo Morfeus Arkitekter ha completato un blocco di servizi igienici dalle pareti a specchio, che riflette il paesaggio e offre una magnifica sosta agli automobilisti

Qualche ora passata sull’autostrada obbliga necessariamente a momenti di sosta in aree di servizio spesso molto diverse dalla nostra idea di architettura moderna.

A meno che non siate in viaggio per le strade della Norvegia: dopo l'area di sosta di Ureddplassen, che si è meritata il titolo di "bagno pubblico più bello del mondo", arriva anche il progetto dello studio norvegese Morfeus Arkitekter che ha completato un blocco di servizi igienici dalla struttura angolata e dalle pareti a specchio lungo la Scenic Routes 18, strada panoramica sulla costa norvegese di Andøya.

L’area di servizio, posizionata vicino al bordo dell'acqua, è divenuta una magnifica pausa per i viaggiatori lungo una strada che separa le cime frastagliate a est dall'ampio oceano a ovest.

Nelle vicinanze è situato un bagno pubblico davvero impressionante, progettato con un tetto a forma d'onda curva che, grazie alla sua superficie specchiante, riflette il paesaggio circostante. La struttura architettonica, che trae ispirazione dal clima e dalla natura circostante, è stato costruito in calcestruzzo con una forma angolare che sembra incastonarsi alla perfezione sul terreno accidentato.

Inoltre le pareti di vetro specchiato sul lato posteriore dell'area di servizio di Morfeus Arkitekter in Norvegia consentono agli utenti di guardare il paesaggio dall'interno mantenendo una privacy assoluta. Gli architetti spiegano che l’obiettivo del progetto era privilegiare gli elementi paesaggistici e scultorei, facendo sì che la sua forma non lo definisse immediatamente come edificio.

Non a caso l’effetto mirroring fa sì che l'edificio si fonda perfettamente con l'ambiente circostante, capace di offrire contemporaneamente relazioni ambientali sempre nuove e mutevoli.

L'area di sosta comprende anche una larga panchina creata indipendentemente per poter godere della vista sul mare aperto, aree pic-nic e diversi sentieri calpestabili che raggiungono la cima di Bukkekjerka, una formazione rocciosa considerata per secoli sacra.

Da lì si può godere una delle viste più superbe sulle catena montuosa settentrionale e, d’estate, osservare lo strabiliante fenomeno del sole di mezzanotte.

fonte: elledecor.com

Un progetto che ha realmente tenuto conto di tutti gli aspetti: nuovi bisogni abitativi, ma anche ecologici, partendo dalla scelta dei materiali e non sottovalutando anche le risorse naturali in un’ottica della salvaguardia dell’ambiente, del risparmio energetico e della tutela del benessere dell’individuo inteso come abitante.  Gli appartamenti saranno consegnati nel 2019.

La struttura diversificata Lops Holdigs ha permesso di coinvolgere ed integrare fin dalle prime fasi di costruzione diversi fattori: l’edilizia, il settore immobiliare e, non da ultimo, il settore arredi (Lops Arredi).

Tramite il supporto di piantine, con le loro caratteristiche di layout e spazialità, è così possibile dare da subito l’emozionalità e far comprendere a fondo come sarà la realizzazione finale.

Tutti questi elementi hanno garantito l’anticipo temporale nell’acquisto degli immobili e hanno dato l’opportunità di scegliere tutte le opzioni di personalizzazione disponibili quali ad esempio le dotazioni aggiuntive e le finiture. Un servizio ‘chiavi in mano’ in tutte le fasi della filiera, dalla progettazione alla consegna finale.

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L'alta intensità abitativa ed energetica dei grattacieli li rendono laboratori ideali per elaborare soluzioni integrate di efficienza energetica, risparmio delle risorse e valorizzazione delle nuove fonti di energia rinnovabile. Un'opportunità anche per il tessuto produttivo italiano.


Il progressivo inurbamento della popolazione mondiale e lo sviluppo di megalopoli in tutti i continenti ha imposto un ricorso sempre più massiccio all’edilizia verticale.

Nel solo 2017 sono stati cantierizzati 144 progetti di strutture con un’altezza superiore ai 200 metri, di cui 15 di altezza superiore ai 300 metri, i cosiddetti supertall building. E già quest’anno è altamente probabile che il record dell’anno scorso verrà superato.

Torri e grattacieli sono strutture complesse ad alta intensità energetica inserite a loro volta in tessuti urbani complessi.

Il fabbisogno energetico di un grattacielo può arrivare a 5 milioni di therm l’anno, equivalenti a circa 150 GWh, con emissioni di CO2 correlate dell’ordine di centinaia di migliaia di tonnellate.

Tuttavia, l’alta intensità abitativa ed energetica che contraddistinguono questa tipologia di costruzioni le rendono laboratori ideali per elaborare soluzioni integrate di efficienza energetica, risparmio delle risorse e valorizzazione delle nuove fonti di energia rinnovabile.

I dispositivi e i materiali a disposizione sono numerosi. I rivestimenti adattivi, ad esempio, possono garantire un taglio sostanziale del fabbisogno energetico legato al riscaldamento o al raffrescamento degli ambienti, che abitualmente rappresentano oltre la metà dei consumi energetici di questa tipologia di edifici.

L’abbinamento con celle fotovoltaiche trasparenti o semi-trasparenti, inoltre, può trasformare l’ampia superficie esposta alla radiazione solare in un sistema fotovoltaico integrato, mentre l’istallazione di generatori eolici sul tetto può arrivare a coprire fino a un quinto del fabbisogno elettrico della struttura.

Parallelamente, per i climi temperati, sono in corso di sviluppo vetrate fotovoltaiche avanzate in grado di produrre energia, depurare le acque grigie e trasferire il calore esterno all’interno dell’edificio usando come vettore la stessa acqua depurata.

L’utilizzo di vetrate a base di nanoparticelle di biossido di titanio ai piani inferiori, invece, può conferire alla struttura capacità di depurazione dell’aria dagli agenti inquinanti e dalle sostanze in grado di danneggiare e sporcare il rivestimento, mentre l’installazione di green walls e giardini pensili può ridurre sensibilmente la carbon footprint dell’edificio.

Sul fronte dei rifiuti, l’adozione di sistemi di smaltimento integrati permette di trasformare i rifiuti organici in biogas o biometano, riducendo contemporaneamente il fabbisogno energetico dell’edificio e la congestione dei locali adibiti al carico scarico merci (e quindi delle vie di comunicazione circostanti).

Parallelamente, sistemi avanzati di drenaggio dell’acqua piovana possono sfruttare l’ampia superficie esposta alle precipitazioni per raccogliere notevoli quantità d’acqua da destinare, poi, alla depurazione per usi civili, all’irrigazione delle terrazze e dei giardini o a torri di raffreddamento.

L’impiego di smart materials nelle opere di pavimentazione e rivestimento degli ambienti interni è in grado di limitare drasticamente i consumi energetici legati alla ventilazione, all’illuminazione e al controllo della qualità dell’aria, che mediamente incidono per circa l’80% sul bilancio energetico di questa categoria di edifici.

Se, da una parte, l’integrazione delle tecnologie già disponibili offre perciò opportunità allettanti, dall’altra le prospettive di breve/medio periodo non possono che essere entusiasmanti.

Attualmente sono in corso di realizzazione e progettazione in tutto il mondo numerose torri ecosostenibili che ambiscono a certificazioni LEED di livello platinum, sinora appannaggio esclusivo della Shanghai Tower.

Ciascuno di questi progetti ambisce a una dimensione iconica. Le proporzioni mastodontiche e il fascino magnetico che la tecnologia avanzata è in grado di esercitare sull’immaginario collettivo globale, infatti, trasformano queste strutture in strumenti privilegiati di brandscaping (come testimonia efficacemente il modello Dubai) e di riqualificazione di un tessuto urbano (come testimoniano i numerosi progetti che interessano le megalopoli industriali cinesi).

In questa grande sfida dell’architettura contemporanea il tessuto produttivo italiano può avere un ruolo tutt’altro che marginale. Le decine di migliaia di PMI italiane che gravitano intorno ai settori dell’efficienza energetica, del risparmio energetico, dei materiali avanzati, dell’architettura d’avanguardia e del design sono note, e rinomate, in tutto il mondo per la capacità di abbinare proficuamente stile e funzionalità.

In questo specifico segmento dell’edilizia di prestigio questa caratteristica è fondamentale, data la valenza simbolica di torri e grattacieli.

Tuttavia, per cogliere quest’opportunità è necessario che il tessuto produttivo nazionale, contraddistinto da realtà imprenditoriali di piccole dimensioni, sviluppi sinergie al suo interno e a livello internazionale. Sono necessari ingenti capitali, un ampio portafoglio di competenze e una rete di contatti globale. Il tessuto produttivo italiano, infatti, non ha gli strumenti per competere a livello globale nel campo della ricerca pura ma è ricco di capitale umano, di capacità di innovare e interpretare. Un mix di ingredienti che può risultare ancora vincente.

 

Fonte qualenergia.it

Alle porte di Milano sta nascendo un piccolo gioiello di bioedilizia e bioarchitettura: l’Eco Villaggio Lops.


Per ottenere questo risultato si è tenuto conto di tutti gli aspetti ecologici, partendo dalla scelta dei materiali e non sottovalutando anche le risorse naturali in un’ottica della salvaguardia dell’ambiente, del risparmio energetico e della tutela del benessere dell’individuo inteso come abitante.

Il progetto si è quindi avvalso di importanti partnership, lungo tutta la filiera, sviluppate con aziende di riferimento scelte in base alle necessità evidenziate ed alle caratteristiche dei loro prodotti.

- Le pareti dell’edificio sono permeabili per permettere la diffusione di vapore. L’isolamento delle murature è infatti costituito da materiali naturali prodotti da FASSA che permettono di non creare la cosiddetta barriera al vapore spesso responsabile di umidità.
- Per gli interni è utilizzata la pittura POTHOS 003: di nuovissima concezione e ad alto contenuto tecnologico, grazie all'innovativa formulazione, capta e trasforma la formaldeide presente all'interno degli ambienti in composti stabili ed innocui.
- La regolamentazione dell’umidità dell’ambiente, è garantita da sistemi di controllo elettronico intelligente del livello igrometrico di ciascun ambiente in grado di regolare perfettamente il livello di umidità nel modo più adatto ai parametri di salute e comfort.   
- Le pareti esterne sono realizzate in laterizio POROTON®, uno tra i materiali da costruzione a più elevata biocompatibilità, sia per le prestazioni che per il proprio ciclo di vita.
- Le caratteristiche della muratura utilizzata e l’aggiunta del rivestimento a cappotto IN-FINITY di FASSA, di nuovissima concezione, permettono l’accumulo di calore, la coibenza e lo smorzamento, garantendo condizioni di comfort sia d’estate che d’inverno.
- Il riscaldamento inserito nel complesso residenziale è per irraggiamento.
- L’intero sistema utilizza al massimo l’energia solare grazie ad un impianto fotovoltaico a servizio di ciascun condominio che utilizza meno combustibili fossili per climatizzare l’abitazione.
- Per quanto riguarda i colori scelti, la luce e l’illuminazione sono per lo più naturali o sono stati inseriti, dove necessario, lampade speciali a spettro solare.
- L’isolamento acustico è stato garantito grazie all’utilizzo di materiali speciali INDEX come il TOPSILENT Eco, un isolante termoacustico la cui parte fibrosa è costituita da una lana di poliestere atossica ricavata dal recupero e dalla rigenerazione del PET.