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Distinzione tra pergolato e tettoia: il CdS interviene in sentenza

La differenza tra pergolato e tettoia sta, di base, su quanto la struttura risulta stabile. In base alla sua minore o maggiore stabilità, sarà quindi possibile identificarla come "amovibile" o meno e quindi stabilire il suo regime abilitativo.

La stessa Enciclopedia Treccani definisce il pergolato come: "destinato all'allevamento della vite e di altre piante rampicanti (rose, vite del Canada, glicine, gelsomino, ecc.), i cui rami si fanno espandere su telai sorretti da sostegni di pietra o di legno, o può anche essere un motivo architettonico e decorativo di abitazioni rustiche, dimore signorili, giardini, ecc., avente lo scopo di formare un passaggio ombroso."

Mentre la definizione data di tettoia è: "Copertura di qualsiasi tipo e forma, appoggiata solo su alcuni punti o parti del perimetro dell'ambiente sottostante, il quale risulta così aperto per le restanti parti verso lo spazio circostante: t. in muratura, in cemento armato, di strutture metalliche;"

Strutture quali pergolati, gazebo, tettoie e pergotende fanno tutte parte delle strutture leggere che sono sede di frequenti dibattiti in quanto le norme odierne sull'edilizia non ne definiscono le proprietà specifiche per ognuna né sui loro utilizzi.

Il tema è stato quindi nuovamente affrontato con la sentenza del 22 settembre 2023 n. 8475 dal Consiglio di Stato, durante la quale si è posto in evidenza una differenza sostanziale tra tettoia e pergolato. Nella più recente sentenza n.6594 del 2022, si diceva che risulta essere un pergolato quella struttura di ridotte dimensioni, realizzata con materiali leggeri e che non è fissa al pavimento. Il pergolato non presenta muri ed è costituito sulla superficie di sostegni per piante utili al suo scopo, ossia quello di creare ombra.

Il suddetto regime secondo il D.M. 02,03,2018 non ha bisogno di regimi abilitativi.

Il caso della sentenza sentenza del 22 settembre 2023 n. 8475

La sentenza menzionata riguarda un rifiuto da parte della pubblica amministrazione verso la regolamentazione di un pergolato preesistente, non permettendone la realizzazione.
Il pergolato di riferimento era costituito da:

 - 3 metri di altezza
- 10 travi in legno, 2 longitudinali e 8 trasversali
- piastre per sostenere la struttura all'edificio, situata a ridosso di un balcone al primo piano, con tenda oscurante e canale di gronda
- 3 pilastri in legno fissati al suolo

il TAR ha risposto a tale reclamo trovandosi d'accordo con l'ente amministrativo in quanto, date le travi fissate al pavimento, le dimensioni importanti e la struttura imponente, il così chiamato "pergolato" in realtà fosse da considerare una struttura ben stabile. Il problema sorgeva soprattutto in quanto l'abitazione era situata in zona agricola E2 e la struttura realizzata rientrava nei lavori di manutenzione, in una zona che inoltre presentava un alto rischio idraulico (R3).

In realtà, alla luce della tipologia di intervento eseguito, il TAR riteneva che il pergolato non fosse una semplice manutenzione ma che dovesse essere considerata come una vera e propria nuova costruzione.

Il Consiglio di Stato sostiene il TAR

Il Consiglio di Stato successivamente ha confermato quanto già reso noto dalla pubblica amministrazione e dal TAR, identificando la struttura non più come semplice pergolato ma facente parte della categoria delle "tettoie".

Rientrando nella suddetta categoria, la struttura necessitava di titolo edilizio perché lontano dalla funzione del pergolato, quasi realizzato come complemento d'arredo in quanto il suo fine è anche quello di sorreggere degli elementi ornamentali come quello delle piante e con l'unico obiettivo di fungere da ombra.

Nel caso presentato e dalle caratteristiche esposte, è chiaro che si tratti di una struttura che non risponde semplicemente a queste necessità, ma che punta a fornire un'estensione stabile della struttura abitativa di ben 30 mq.

È quindi stato respinto il ricorso da parte dei beneficiari della struttura sia per l'identificazione errata della struttura costruita, che per le caratteristiche urbanistiche dello stabile sulla quale si è realizzata, particolarmente soggetta a rischi idrici (R3) e in zona E2.

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