Quando si parla di pergolato o porticato ci si riferisce a "opere edilizie minori": in questa categoria appartengono appunto pergolati, tettoie, gazebo, tensostrutture, porticati, ecc.
Definire queste opere esclusivamente come "minori" non è prettamente corretto inquanto dipende da tanti fattori che determinano una serie difficoltà a standardizzare e prevedere casistiche specifiche.
In questi casi, si procede interpellando il tribunale che, dopo aver analizzato il caso di specie, potrà dare una defizione appropriata all'opera.
Il caso sotto esame riguarda un titolare di un'attività di ristorazione che per la realizzazione di un pergolato in legno lamellare smontabile, aveva presentato una segnalazione certificata di inizio attività (SCIA). Allo scadere dei lavori però ha chiesto di riformulare il progetto precisando la data in cui la struttura sarebbe stata smontata, sospendendo l'efficacia della SCIA.
Successivamente, alcuni tecnici del Comune, dopo un sopralluogo, hanno inviato un'ordinanza di demolizione, con ripristino dei luoghi e sanzione pecuniaria.
Per il Comune si trattava infatti di "intervento di nuova costruzione" che necessitava non solo del permesso di costruire, ma anche di autorizzazione sismica, trovandosi, il Comune interessato, in una zona a rischio sismico.
Il titolare dell'attività di ristorazione ha fatto ricorso al TAR, lamentando tra le altre cose l'erronea qualificazione dell'opera da parte del Comune.
Il Tribunale Amministrativo Regionale (TAR) ha emesso la sentenza n. 6189 del 16 dicembre 2020 con la quale affronta il ricorso presentato.
Le osservazioni del Comune
I tecnici del Comune che hanno effettuato il sopralluogo, con le dovute misurazioni dell'opera, hanno dichiarato che si tratta di un porticato che necessita di autorizzazione come "nuovo intervento", secondo quanto disposto dal DPR n. 380/2001 (c.d. Testo Unico Edilizia).
Secondo alcuni giudici, il manufatto presenta "caratteristiche intrinseche e modalità costruttive, nonché dimensioni, che ne evidenziano la natura di struttura non leggera, bensì permanente, idonea a determinare un notevole impatto sull'area circostante ed atta a produrre una trasformazione definitiva del territorio".
Queste osservazioni si discostano da quanto dichiarato nella presentazione della SCIA, dove era stato descritto come"un pergolato in legno lamellare smontabile di supporto all’attività lavorativa, una struttura di carattere temporaneo e che non comporta aumento di volume in quanto non presenta alcun tipo di tamponamento laterale e/o frontale e di copertura; difatti, quest’ultima sarà del tipo aperto poiché realizzata con travi in legno trasversali su cui verranno installati, in alcune parti, teli in tessuti sintetici o materiale plastico, in altre parti con cannucciaia o similare".
Inoltre, i giudici precisano la differenza tra pergolato e tettoia:
- il pergolato "ha una funzione ornamentale, è realizzato in una struttura leggera in legno o in altro materiale di minimo peso, deve essere facilmente amovibile in quanto privo di fondamenta e funge da sostegno per piante rampicanti, attraverso le quali realizzare riparo e ombreggiatura di superfici di modeste dimensioni, non necessitando, di regola, del previo rilascio del permesso di costruire";
- la tettoia non è altro che un pergolato coperto superiormente, anche in parte, con una struttura non facilmente amovibile; questo è soggetto al rilascio del permesso di costruire.
Aggiungono infine che si parla di "nuova costruzione" anche quando c'è l'installazione di manufatti leggeri o di strutture che non siano dirette a soddisfare esigenze temporanee (articolo 3 del Testo Unico Edilizia). Bisogna, quindi, dimostrare un uso precario e temporaneo per fini specifici, con limiti temporali di durata e smontaggio.
Ultima contestazione fatta dal Comune riguarda la mancanza di autorizzazione sismica del manufatto che ricade in zona sismica.
"La normativa in materia antisismica è applicabile in ogni caso di esecuzione di lavori edilizi in zona sismica, a prescindere dalla natura degli interventi e dai materiali usati, nonché a prescindere dal carattere pertinenziale del manufatto": questo è quanto dichiarato dai giudici.
In conclusione, nella sentenza viene precisato che "sebbene l'autorizzazione sismica non costituisca il presupposto per il rilascio del permesso di costruire, o per la presentazione della Scia, è pur sempre una condizione di efficacia dello stesso e quindi è necessaria per l'inizio dei lavori".
Il proprietario dell'attività commerciale dovrà quindi demolire il manufatto mentre i giudici hanno annullato la sanzione pecuniaria.
A cura di Geom. Lucia Coviello - Edilsocialnetwork
Il TAR Campania-Napoli fornisce chiarimenti sulle condizioni che determinano la necessità del permesso di costruire per l’installazione di una tettoia, attribuendo particolare rilevanza alle dimensioni della stessa.
Nella fattispecie la ricorrente impugnava l’ordinanza di demolizione, intimata ai sensi dell’art. 27 D.P.R. 380/2001, di alcune opere costruite in assenza di titolo edilizio. Nel dettaglio si trattava di un manufatto con struttura portante in ferro dell’estensione di circa 80 mq poggiato su una piattaforma di calcestruzzo e di un’adiacente tettoia di 20 mq. La ricorrente sosteneva, per quanto riguarda la tettoia, che si trattasse di opera pertinenziale rientrante nel regime dell’attività edilizia libera.
Posto che il manufatto costituiva senz’altro una “nuova costruzione” ai sensi dell’art. 3, D.P.R. 380/2001, e come tale integrava l’abuso edilizio, il TAR Campania-Napoli 04/05/2020, n. 1623 ha confermato anche l’abusività della tettoia, ritenendola soggetta al permesso di costruire.
In proposito i giudici amministrativi hanno richiamato alcuni precedenti del Consiglio di stato secondo i quali:
- non è possibile affermare in assoluto che la tettoia richiede, o non richiede, il permesso di costruire e assoggettarla, o non assoggettarla, alla relativa sanzione senza considerare come essa sia stata realizzata. Ed infatti a tal fine è necessario verificare nello specifico se essa possa rientrare nell’attività edilizia libera quale “elemento di arredo delle aree pertinenziali degli edifici” ai sensi dell’art. 6, D.P.R. 380/2001, lett. e-quinquies (nel testo novellato dall’art. 3, D. Leg.vo 25/11/2016, n. 222, comma 1, lett. b), n. 3) o se, invece, essa sia una "nuova costruzione" ai sensi dell’art. 3 del D.P.R. 380/2001, comma 1, lett. e), assoggettata, come tale, al regime del permesso di costruire (C. Stato 09/10/2018, n. 5781);
- la natura pertinenziale va riconosciuta alle sole opere che, per loro natura, risultino funzionalmente ed esclusivamente inserite al servizio di un manufatto principale, siano prive di autonomo valore di mercato e non siano valutabili in termini di cubatura (o comunque dotate di volume minimo e trascurabile), in modo da non poter essere utilizzate autonomamente e separatamente dal manufatto cui accedono. La nozione di “pertinenza urbanistica”, infatti, è meno ampia di quella definita dall'art. 817, Cod. civ. e dunque non può consentire la realizzazione di opere di grande consistenza soltanto perché destinate al servizio di un bene qualificato principale (C. Stato 06/02/2019, n. 904; C. Stato17/05/2010, n. 3127).
Ne deriva in particolare che gli interventi consistenti nella installazione di tettoie o di altre strutture analoghe che siano comunque apposte a parti di preesistenti edifici come strutture accessorie di protezione o di riparo di spazi liberi, cioè non compresi entro coperture volumetriche previste in un progetto assentito, possono ritenersi sottratti al regime del permesso di costruire soltanto ove la loro conformazione e le loro ridotte dimensioni rendono evidente e riconoscibile la loro finalità di arredo o di riparo e protezione (anche da agenti atmosferici) dell'immobile cui accedono.
Viceversa tali strutture necessitano del permesso di costruire quando le loro dimensioni sono di entità tale da arrecare una visibile alterazione all'edificio e alle parti dello stesso su cui vengono inserite o, comunque, una durevole trasformazione del territorio con correlativo aumento del carico urbanistico.
Sulla base di tali considerazioni il TAR ha ritenuto che, data l’”ampia estensione” (20 mq) della tettoia che comportava una rilevante alterazione della sagoma dell’edificio, nel caso di specie fossero presenti i caratteri di una nuova costruzione da assoggettare al permesso di costruire.
Infine il TAR ha aggiunto che comunque la tettoia doveva considerarsi illegittima in quanto accessoria a un manufatto del tutto abusivo.
Sulla nozione di tettoia ai fini della necessità del permesso di costruire si veda anche la Nota: Chiarimenti sulla nozione di tettoia “aperta” o “chiusa” e titoli abilitativi necessari e la Nota: Realizzazione di una tettoia o pensilina e qualificazione come pertinenza.
Fonte: Bollettino Online di Legislazione Tecnica
www.legislazionetecnica.it
La sopraelevazione realizzata sul tetto di un condominio, anche se di ridotte dimensioni, comporta in linea di principio un aumento della volumetria e della superficie di ingombro.
FATTISPECIE
Nel caso di specie, un condominio citava in giudizio un privato innanzi il Tribunale di Napoli per sentir dichiarare l'illegittimità di due manufatti da egli realizzati sul terrazzo di copertura del fabbricato condominiale prospiciente la sua proprietà individuale, sul presupposto che essi fossero vietati sia dal regolamento condominiale che dall'art. 1127 del Codice civile e per sentir condannare il convenuto all'eliminazione di dette costruzioni.
Il Tribunale di Napoli accoglieva la domanda e condannava il convenuto alla demolizione delle tettoie, ritenendole contrarie al regolamento condominiale vigente e vietate dall'art. 1127 del Codice civile, in quanto arrecanti pregiudizio all'aspetto architettonico dell'edificio, essendo parzialmente visibili dall'esterno ed in contrasto con gli elementi tipologici del fabbricato ricavato da una villa padronale del 1800. Non assumendo inoltre rilievo la circostanza che gli altri condomini avessero già alterato l'aspetto del fabbricato con la costruzione di verande o altro.
PRINCIPIO DI DIRITTO
In proposito, l’Ord. C. Cass. civ. 29/07/2019, n. 20423 ha confermato la sentenza del Tribunale (già confermata dalla Corte di Appello) e richiamato il consolidato orientamento giurisprudenziale, secondo il quale la sopraelevazione realizzata sul tetto di un condominio, anche se di ridotte dimensioni, comporta in linea di principio un aumento della volumetria e della superficie di ingombro e va, pertanto, considerata a tutti gli effetti come nuova costruzione; comporta inoltre il pagamento della relativa indennità non solo in caso di realizzazione di nuovi piani o nuove fabbriche, ma anche per la trasformazione dei locali preesistenti mediante l'incremento delle superfici e delle volumetrie indipendentemente dall'aumento dell'altezza del fabbricato.
Fonte: Bollettino di Legislazione Tecnica online
www.legislazionetecnica.it
Qual è la disciplina vigente in materia di tettoie realizzate nelle abitazioni private? È necessaria la richiesta di autorizzazione da parte del proprietario dell’immobile nei confronti del Comune in cui è situata l’abitazione stessa? Ad oggi, dopo la recente sentenza n. 109/2017 del Tar Campania, appaiono contrastanti gli orientamenti giurisprudenziali. Ma procediamo con ordine.
Permesso a Costruire: quando è necessario?
Finora, la Corte di Cassazione si è più volte pronunciata a favore dell’obbligo di richiesta e concessione del permesso di costruire tettoie che non siano di piccole dimensioni, non potendo prescindere, quindi, dall’autorizzazione del Comune.
Solo alcune categorie di costruzioni fanno eccezione: tra queste, appunto:
- quelle di minima sporgenza dal muro dell’edificio, prive di finalità abitative;
- le strutture in ferro rimovibile e smontabile a mo’ di tettoia, non stabilmente infisse nel suolo.
Infatti, un criterio distintivo in termini di necessità dell’accatastamento è proprio la natura permanente o temporanea dell’opera.
Abuso Edilizio: il Comune può demolire una tettoia aperta?
Il caso di specie di rottura dell’orientamento giurisprudenziale maggioritario ha avuto in oggetto una tettoia stabile, in appoggio ad un muro, di natura permanente, e soprattutto di dimensioni rilevanti (31,42 metri quadri e 2,50 metri d’altezza). Tuttavia, la costruzione era aperta su tutti e tre i lati, ed il proprietario aveva presentato al Comune la Cila (Comunicazione di inizio lavori asseverata).