Interventi di demolizione e ricostruzione dopo il D.L. sblocca cantieri

Interventi di demolizione e ricostruzione dopo il D.L. sblocca cantieri

La Corte Costituzionale chiarisce i limiti entro i quali è possibile effettuare un intervento di ristrutturazione soggetta a SCIA mediante demolizione e ricostruzione del fabbricato.

La Corte costituzionale, con la sentenza 24/04/2020, n. 70, nel dichiarare costituzionalmente illegittime le disposizioni della Regione Puglia sul “piano casa” che consentivano la realizzazione di interventi edilizi di demolizione e ricostruzione anche con una diversa sistemazione plano-volumetrica, ovvero con diverse dislocazioni del volume massimo consentito all’interno dell’area di pertinenza, ha chiarito gli attuali limiti della c.d. “ristrutturazione ricostruttiva” soggetta a Segnalazione certificata di inizio attività (SCIA).

RISTRUTTURAZIONE RICOSTRUTTIVA DOPO IL D.L. SBLOCCA CANTIERI
La Corte Costituzionale ha ricordato i vari interventi a livello statale che hanno via via modificato le norme in materia del D.P.R. 380/2001, evidenziando che gli stessi avevano progressivamente allargato l’ambito degli interventi di ristrutturazione, consentendo di derogare all’identità di volumetria in caso di ricostruzioni volte alla riqualificazione edilizia e imponendo il rispetto della sagoma solo per immobili vincolati.

Questa tendenza però si è arrestata nel 2019, con il D.L. 32/2019 (cosiddetto decreto “sblocca cantieri”), che ha inserito il comma 1-ter all’art. 2-bis del D.P.R. 380/2001 secondo il quale “in ogni caso di intervento di demolizione e ricostruzione, quest’ultima è comunque consentita nel rispetto delle distanze legittimamente preesistenti purché sia effettuata assicurando la coincidenza dell’area di sedime e del volume dell’edificio ricostruito con quello demolito, nei limiti dell’altezza massima di quest’ultimo”.

Secondo la Corte, tale norma:
- detta una regola unitaria, valevole sull’intero territorio nazionale, diretta da un lato a favorire la rigenerazione urbana e, dall’altro, a rispettare l’assetto urbanistico impedendo ulteriore consumo di suolo;
- impone per la ristrutturazione ricostruttiva, il generalizzato limite volumetrico (a prescindere, dunque, dalla finalità di riqualificazione edilizia) e il vincolo dell’area di sedime.

Allo stato attuale, quindi, la ristrutturazione ricostruttiva, autorizzabile mediante segnalazione certificata di inizio attività (SCIA), è ammissibile purché siano rispettati i volumi, l’area di sedime del manufatto originario e, per gli immobili vincolati, la sagoma.

Ne consegue che le Regioni non possono qualificare come intervento di ristrutturazione ricostruttiva assoggettato a SCIA interventi che determinano una modifica della volumetria e dell’area di sedime.

NORME SUL PIANO CASA
Sulla base di tali premesse non può sostenersi che l’intervenuta modifica normativa statale non incida sulla legislazione regionale attuativa del “piano casa”, considerata disciplina speciale rispetto alla normativa generale prevista dal legislatore nazionale. Il nuovo comma 1-ter dell’art. 2-bis del D.P.R. 380/2001 stabilisce infatti che i limiti volumetrici e di sedime si applichino in ogni caso di intervento di demolizione e ricostruzione, così esprimendo una ratio univoca, volta a superare tutte le disposizioni (anche regionali), in materia di SCIA, incompatibili con i nuovi vincoli.

 

Fonte: Bollettino Online di Legislazione Tecnica
www.legislazionetecnica.it

Opere strutturali, costruzioni in zone sismiche: tutte le novità dello “sblocca cantieri”

Opere strutturali, costruzioni in zone sismiche: tutte le novità dello “sblocca cantieri”

Dopo l'approvazione della conversione in legge, tutte le modifiche su:

  • Applicazione adempimenti a tutte le tipologie strutturali;
  • Denuncia dei lavori;
  • Collaudo statico;
  • Nuove categorie di interventi in zone sismiche e gradi di rilevanza;
  • Assorbimento adempimenti sulle opere strutturali;
  • Eliminazione relazione del D.L. a strutture ultimate e collaudo statico per interventi minori.

Il D.L. 18/04/2019, n. 32 (c.d. “sblocca cantieri”), convertito in legge dal Senato il 06/06/2019 e in procinto di passare alla Camera per la ratifica definitiva, ha introdotto innovazioni al Testo unico dell’edilizia di cui al D.P.R. 380/2001, concernenti la disciplina e gli adempimenti necessari alla esecuzione di opere strutturali e delle costruzioni in zone sismiche. Le modifiche sono state introdotte dall’art. 3 del D.L. 32/2019, il quale, seppure rubricato “Disposizioni in materia di semplificazione della disciplina degli interventi strutturali in zone sismiche”, reca in realtà interventi concernenti le opere strutturali in generale.
Lievi le modifiche rispetto all'impianto originario del decreto, di seguito il dettaglio.

OPERE STRUTTURALI, Ampliamento ambito di applicazione - Quanto alle opere strutturali, è stato eliminato dall’art. 65 del D.P.R. 380/2001 il riferimento alle opere in conglomerato cementizio armato, normale e precompresso, ed a struttura metallica, sostituendolo con un più generico “opere realizzate con materiali e sistemi costruttivi disciplinati dalle norme tecniche in vigore”.
In pratica, lo “sblocca cantieri” ha inteso estendere gli obblighi previsti dal T.U. alle opere strutturali in generale, realizzate con qualsiasi materiale ammesso dalla normativa tecnica.
L’intervento normativo è stato evidentemente realizzato in maniera parziale, in quanto rimane il riferimento dell’art. 53 del D.P.R. 380/2001 alle sole opere in conglomerato cementizio armato, normale e precompresso, ed a struttura metallica, così come non sono stati variati il titolo dell’art. 65 del D.P.R. 380/2001 che ancora recita “Denuncia dei lavori di realizzazione e relazione a struttura ultimata di opere di conglomerato cementizio armato, normale e precompresso ed a struttura metallica” nonché il titolo dell’intero Capo II della Parte II, anch’esso rimasto come in origine.
Andrebbe peraltro valutata una possibile specificazione della formulazione della norma, in particolare laddove la stessa fa riferimento ad opere realizzate con materiali e sistemi costruttivi disciplinati dalle norme tecniche in vigore, al fine di meglio chiarire l’ambito applicativo; ciò, anche in considerazione della rilevanza, anche penalistica, della disposizione (per il caso di omessa denuncia delle opere) nel sistema del Testo unico dell’edilizia, onde garantire l’osservanza del principio costituzionale di determinatezza e tassatività delle fattispecie di reato.

OPERE STRUTTURALI, Ufficio cui presentare la denuncia dei lavori - L’art. 65 del D.P.R. 380/2001 - dopo le modifiche ad esso apportate dal D.L. 32/2019  - dispone che la denuncia delle opere deve essere presentata allo Sportello unico per l’edilizia, tramite PEC (nella versione precedente si disponeva ugualmente che la denuncia andasse presentata allo Sportello unico, il quale a sua volta provvedeva a trasmetterla al competente ufficio tecnico regionale).
La modifica in questione appare di scarsa rilevanza pratica: occorre in ogni caso fare riferimento alla propria realtà regionale per conoscere l’ufficio competente, le modalità per la presentazione della denuncia e la modulistica da utilizzare.

OPERE STRUTTURALI, Modifica ai contenuti della denuncia dei lavori - Non è più previsto, dopo le modifiche introdotte all’art. 65 del D.P.R. 380/2001 ad opera dell’art. 3 del D.L. 32/2019, che la documentazione a corredo della denuncia delle opere strutturali debba essere presentata in triplice copia.
Sempre tramite PEC, lo Sportello unico rilascia al costruttore, all’atto stesso della presentazione, l’attestazione dell’avvenuto deposito (art. 65 del D.P.R. 380/2001, comma 4, ove non si prevede più, dopo il D.L. 32/2019, il rilascio anche di una copia del progetto e della relazione).
Anche in questo caso, le modifiche appaiono di scarsa rilevanza pratica, e il tecnico farà riferimento alle procedure operative previste nella propria realtà locale. Peraltro, l’art. 66 del D.P.R. 380/2001 prevede tutt’ora la conservazione in cantiere di copia del progetto e della relazione, copia della quale al momento, in teoria, non è previsto più il rilascio obbligatorio.

OPERE STRUTTURALI, Modifica sulla presentazione della relazione a strutture ultimate e del collaudo - La relazione a strutture ultimate (possiamo continuare a chiamarla così anche se si prevede ora che venta trasmessa "ultimate le parti della costruzione che incidono sulla stabilità della stessa", ma la sostanza non cambia) è presentata non più in triplice copia ma via PEC (art. 65 del D.P.R. 380/2001, comma 6). Lo Sportello unico rilascia a sua volta via PEC l'attestazione dell'avvenuto deposito su una copia della relazione, trasmettendola altresì al competente ufficio tecnico regionale (art. 65 del D.P.R. 380/2001, comma 7).
Quanto al certificato di collaudo, anch'esso è presentato non più in triplice copia ma via PEC (art. 67 del D.P.R. 380/2001, comma 7)
L'adempimento concernente la presentazione della relazione a strutture ultimate non è più dovuto per alcuni interventi minori eseguiti in zone sismiche (art. 65 del D.P.R. 380/2001, comma 8-bis; si veda più avanti). Per gli stessi interventi, il certificato di collaudo statico è sostituito dalla dichiarazione di regolare esecuzione resa dal direttore dei lavori (art. 67 del D.P.R. 380/2001, comma 8-bis; si veda più avanti).

COSTRUZIONI IN ZONE SISMICHE, Nuove categorie di interventi - La modifica più rilevante apportata dal D.L. 32/2019 è probabilmente rappresentata dall’introduzione del nuovo art. 94-bis del D.P.R. 380/2001, il quale prevede, nell’ambito degli interventi in zone sismiche soggetti agli obblighi previsti dal T.U., una ulteriore distinzione nelle seguenti categorie di interventi:
a) interventi “rilevanti” nei riguardi della pubblica incolumità;
b) interventi “di minore rilevanza” nei riguardi della pubblica incolumità;
c) interventi “privi di rilevanza” nei riguardi della pubblica incolumità.
Gli adempimenti da effettuare sono graduati in relazione alla suddetta scala di rilevanza, con l’imposizione solo per gli interventi rilevanti dell’onere della preventiva autorizzazione scritta del competente ufficio tecnico della Regione (per gli interventi non soggetti ad autorizzazione preventiva le Regioni possono istituire controlli anche con modalità a campione).
Ai fini di cui sopra sono in particolare considerati dall’art. 94-bis del D.P.R. 380/2001:
a) interventi “rilevanti” nei riguardi della pubblica incolumità:
1) gli interventi di adeguamento o miglioramento sismico di costruzioni esistenti nelle località sismiche ad alta sismicità (zona 1) e media sismicità (zona 2, limitatamente a valori di peak ground acceleration compresi tra 0,20 e 0,25 g);
2) le nuove costruzioni che si discostino dalle usuali tipologie o che per la loro particolare complessità strutturale richiedano più articolate calcolazioni e verifiche;
3) gli interventi relativi ad edifici di interesse strategico e alle opere infrastrutturali la cui funzionalità durante gli eventi sismici assume rilievo fondamentale per le finalità di protezione civile, nonché relativi agli edifici e alle opere infrastrutturali che possono assumere rilevanza in relazione alle conseguenze di un loro eventuale collasso;
b) interventi “di minore rilevanza” nei riguardi della pubblica incolumità:
1) gli interventi di adeguamento o miglioramento sismico di costruzioni esistenti nelle località sismiche a media sismicità (zona 2, limitatamente a valori di peak ground acceleration compresi tra 0,15 e 0,20 g e zona 3);
2) le riparazioni e gli interventi locali sulle costruzioni esistenti;
3) le nuove costruzioni che non rientrano nella fattispecie di cui alla lettera a), n. 2);
3-bis) le nuove costruzioni appartenenti alla classe di costruzioni con presenza solo occasionale di persone e edifici agricoli (classe I, par. 2.4.2 del D.M. 17/01/2018, vedi Interventi su edifici esistenti in base alle norme tecniche per le costruzioni (NTC 2018));
c) interventi “privi di rilevanza” nei riguardi della pubblica incolumità:
1) gli interventi che, per loro caratteristiche intrinseche e per destinazione d’uso, non costituiscono pericolo per la pubblica incolumità.
Spetterà al Ministero delle infrastrutture e trasporti, d’intesa con la Conferenza unificata, definire opportune linee guida per l’individuazione degli interventi da far rientrare in ciascuna delle categorie di cui sopra, nonché di “varianti di carattere non sostanziale” per le quali il preavviso (denuncia dei lavori) non sarà necessario.
Nelle more dell’emanazione delle linee guida in commento, le Regioni potranno, in alternativa:
- confermare le disposizioni previgenti;
- dotarsi di apposite elencazioni temporanee, che verranno poi superate al momento dell’emanazione delle linee guida, cui le Regioni stesse dovranno adeguarsi.

COSTRUZIONI IN ZONE SISMICHE, Assorbimento degli adempimenti sulle opere strutturali - Per tutti gli interventi soggetti alla disciplina sulle costruzioni in zone sismiche, l’assolvimento degli adempimenti previsti ed in particolare la presentazione del preavviso scritto e contestuale deposito del progetto e della dichiarazione asseverata del progettista, ai sensi dell’art. 93 del D.P.R. 380/2001, sono validi anche agli effetti della denuncia delle opere strutturali (comma 5 dell’art. 65 del D.P.R. 380/2001, come modificato dall’art. 3 del D.L. 32/2019.

COSTRUZIONI IN ZONE SISMICHE, Eliminazione relazione del D.L. a strutture ultimate e collaudo statico per interventi minori - Ai sensi dell’art. 65 del D.P.R. 380/2001, comma 8-bis - a sua volta introdotto dall’art. 3 del D.L. 32/2019 - l’adempimento concernente la relazione del direttore dei lavori a strutture ultimate (presentazione, rilascio dell’attestazione di deposito su una copia da parte dell’ufficio e trasmissione all’ufficio tecnico regionale, consegna al collaudatore) non si applica per alcuni degli interventi realizzati in zone sismiche indicati dal nuovo art. 94-bis del D.P.R. 380/2001, anch’esso introdotto dall’art. 3 del D.L. 32/2019, ed in particolare:
- per le riparazioni e gli interventi locali sulle costruzioni esistenti (che fanno parte come visto della categoria degli interventi “di minore rilevanza” nei riguardi della pubblica incolumità);
- per gli interventi che, per le loro caratteristiche intrinseche e per la destinazione d’uso dell’opera, non costituiscono pericolo per la pubblica incolumità (che costituiscono come viso interventi “privi di rilevanza” nei riguardi della pubblica incolumità).
Inoltre, per le medesime categorie di interventi, il certificato di collaudo statico è sostituito - ai sensi dell’art. 67 del D.P.R. 380/2001, comma 8-bis (introdotto dall’art. 3 del D.L. 32/2019) da una dichiarazione di regolare esecuzione, resa dal direttore dei lavori.

Nota a cura di Alfonso Mancini
Responsabile UT Legislazione Tecnica

Fonte: Bollettino di Legislazione Tecnica online
www.legislazionetecnica.it

Sblocca Cantieri: “basta leggi omnibus”

Sblocca Cantieri: “basta leggi omnibus”

“Basta con i provvedimenti legislativi “omnibus” che, inseguendo illusori processi di semplificazione esasperata, rischiano di compromettere la visione globale di norme quadro di settore, come il Codice dei contratti o il Testo unico sull’edilizia”

Così il Consiglio Nazionale degli Architetti, Pianificatori, Paesaggisti e Conservatori sul decreto Sblocca Cantieri appena convertito in legge dalle Camere.

“Non condividiamo il rilancio dell’appalto integrato - afferma Rino La Mendola - Vicepresidente del Consiglio Nazionale e Coordinatore del Tavolo Lavori Pubblici della Rete delle Professioni Tecniche, in quanto è una procedura che, inseguendo un illusorio processo di semplificazione, relega il progetto ad un ruolo marginale nel processo di esecuzione delle opere pubbliche, alimentando varianti in corso d’opera, contenziosi e nuove opere incompiute sul territorio, finendo così per tracciare percorsi diametralmente opposti al principio di semplificazione a cui si ispira. La volontà del Governo e del Parlamento di sottovalutare l’importanza della centralità del progetto si legge anche da altri dispositivi introdotti dalla legge, come quello che consente l’affidamento dei lavori di manutenzione sulla base di un progetto definitivo. Per questo tipo di lavori, saremmo stati favorevoli ad un alleggerimento della progettazione esecutiva, ma non possiamo di certo condividere il totale taglio di una fase progettuale che contiene elaborati e documenti indispensabili per l’appalto dei lavori”.

Pur non condividendo l’impostazione globale del provvedimento legislativo, gli architetti italiani hanno apprezzato alcune novità, rispetto al testo iniziale del decreto, introdotte dalla legge di conversione, parte delle quali sono state adottate recependo alcuni degli emendamenti proposti dalla Rete delle Professioni Tecniche.

“Riteniamo positiva la reintroduzione della soglia del 30% del punteggio da attribuire all’offerta economica negli affidamenti con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa; ciò garantisce un maggiore peso all’offerta qualitativa rispetto a quella economica negli affidamenti di servizi di architettura e ingegneria. Positiva l’introduzione, sebbene temporanea, della facoltà delle stazioni appaltanti di acquisire il finanziamento delle risorse, limitatamente a quelle da utilizzare per la progettazione. Ciò di fatto consentirà di fornirsi di un parco progetti, strumento indispensabile per fruire nel migliore dei modi dei flussi finanziari europei, anche se bisognerebbe contestualmente costituire una cabina di regia per indirizzare le amministrazioni ad investire su progettazioni in linea con la programmazione dei fondi comunitari per evitare lo spreco di risorse in opere difficilmente finanziabili.

“Concordiamo anche con l’idea di puntare ad un unico regolamento a supporto del Codice dei contratti, anche se abbiamo quasi sempre condiviso i contenuti delle linee guida emanate dall’ANAC, spesso votate non solo alla trasparenza, ma anche ad una maggiore concorrenza ed alla ricerca della qualità delle prestazioni professionali”.  

Gli architetti italiani, inoltre, preso atto di uno “stop” alle modifiche introdotte all’art.113 dal testo originario del Decreto, in merito agli incentivi per la progettazione interna alla Pubblica amministrazione, auspicano che ciò segni un primo passo per riformulare l’art. 24 del Codice dei contratti, in modo da attribuire prioritariamente la progettazione ai liberi professionisti e valorizzare contestualmente i pubblici dipendenti nel controllo dell’intero processo di esecuzione delle opere pubbliche, dalla programmazione al collaudo dei lavori, assegnando loro gli incentivi per tali attività, a prescindere dal ruolo di dirigente o di funzionario.

“Adesso, conclude La Mendola, serve una riforma organica del Codice dei contratti, votata ad una maggiore apertura del mercato dei lavori pubblici alle strutture professionali medio-piccole e, soprattutto, al rilancio della centralità del progetto nei processi di trasformazione del territorio, attraverso la valorizzazione del concorso di progettazione a due gradi, che riteniamo il migliore strumento per promuovere la qualità architettonica nelle nostre città del futuro.”

 

fonte: www.awn.it

Rigenerazione urbana: come cambia con lo Sblocca cantieri

Rigenerazione urbana: come cambia con lo Sblocca cantieri

Preliminarmente occorre chiarire cosa si intenda per “rigenerazione urbana”. Il termine, di derivazione anglosassone (“urban regeneration”) designa i programmi di recupero e riqualificazione del patrimonio immobiliare alla scala urbana che puntano a garantire qualità e sicurezza dell’abitare sia dal punto di vista sociale sia ambientale, in particolare nelle periferie più degradate. Si tratta di interventi che, rivolgendosi al patrimonio edilizio preesistente, limitano il consumo di territorio salvaguardando il paesaggio e l’ambiente; attenti alla sostenibilità, tali progetti si differenziano sostanzialmente da quelli di urban renewal, o «rinnovamento urbano», spesso rivelatisi interventi prevalentemente di demolizione e ricostruzione, a carattere più o meno apertamente speculativo. I quartieri o le parti di città oggetto di interventi di R.U. vengono pertanto sottoposti a una serie di miglioramenti tali da renderne l’edificato compatibile dal punto di vista ambientale, con l’impiego di materiali ecologici, e il più possibile autonomo dal punto di vista energetico, con il progressivo ricorso alle fonti rinnovabili; ma anche tali da limitare l’inquinamento acustico e raggiungere standard adeguati per i parcheggi, gli esercizi commerciali, i trasporti pubblici, la presenza di luoghi di aggregazione sociale, culturale e religiosa, di impianti sportivi e aree verdi ecc., in modo da ottenere un complessivo innalzamento della qualità della vita degli abitanti.

L’art. 5 dello Sblocca cantieri è finalizzato a chiarire che il soddisfacimento degli standard da parte degli interventi di rigenerazione urbana sia assicurato solo nel caso in cui questi generino un maggiore fabbisogno di dotazioni territoriali rispetto alla situazione antecedente. In alternativa, quando non sia tecnicamente possibile disporre di aree da cedere, si può provvedere alla monetizzazione delle aree, consentendo, in tal modo, ai comuni di acquisire risorse utili.

All’art. 5, comma 1, il legislatore delegato elenca le finalità perseguite dalla norma:
- indurre una drastica riduzione del consumo di suolo e, al contempo, favorire la rigenerazione del patrimonio edilizio esistente;
- incentivare la razionalizzazione di detto patrimonio edilizio;
- promuovere ed agevolare la riqualificazione di aree urbane degradate con presenza di funzioni eterogenee e tessuti edilizi disorganici o incompiuti, nonché di edifici a destinazione non residenziale dismessi o in via di dismissione, ovvero da rilocalizzare, tenuto conto anche della necessità di favorire lo sviluppo dell’efficienza energetica e delle fonti rinnovabili e di assicurare il miglioramento e l’adeguamento sismico del patrimonio edilizio esistente, anche con interventi di demolizione e ricostruzione.

Per le ragioni sub a), b) e c), vengono apportate due modifiche alla normativa pre-vigente:
-all’articolo 2-bis, comma 1, del Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia[3] (recante “Deroghe in materia di limiti di distanza tra fabbricati”), le parole “possono prevedere” sono state sostituite da “introducono” e le parole “e possono dettare” da “nonché”. Pertanto, il legislatore delegato ha inteso obbligare le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano ad introdurre, da un lato, disposizioni derogatorie al decreto del Ministro dei lavori pubblici 2 aprile 1968, n. 1444 e, dall’altro, disposizioni sugli spazi da destinare agli insediamenti residenziali, a quelli produttivi, a quelli riservati alle attività collettive, al verde e ai parcheggi, nell’ambito della definizione o revisione di strumenti urbanistici comunque funzionali ad un assetto complessivo e unitario o di specifiche aree territoriali;
- allo stesso articolo 2-bis di cui sopra, dopo il comma 1 vengono introdotti due commi:
    «1-bis. Le disposizioni del comma 1 sono finalizzate a orientare i comuni nella definizione di limiti di densità edilizia, altezza e distanza dei fabbricati negli ambiti urbani consolidati del proprio territorio.
    1-ter. In ogni caso di intervento di demolizione e ricostruzione, quest’ultima è comunque consentita nel rispetto delle distanze legittimamente preesistenti purché sia effettuata assicurando la coincidenza dell’area di sedime e del volume dell’edificio ricostruito con quello demolito, nei limiti dell’altezza massima di quest’ultimo».

Le riforme apportate dallo Sblocca cantieri in tema di rigenerazione urbana, tuttavia, non sono state esente da critiche: c’è, infatti, chi ha parlato di “troppa prudenza” da parte del Governo, auspicando il superamento della “logica dei provvedimenti singoli” e, conseguentemente, l’approdo ad un “sistema di interventi generali e strutturali che consentano un vero cambio di passo, con l’indicazione chiara degli obiettivi di medio periodo e degli strumenti normativi e finanziari da utilizzare per conseguirli”.


fonte iusinitinere

Lo Sblocca Cantieri e le novità per le Autorizzazioni Sismiche

Lo Sblocca Cantieri e le novità per le Autorizzazioni Sismiche

Il Decreto Legge 32/2019 “Sblocca Cantieri” è intervenuto sul Testo Unico dell’Edilizia, modificando in modo rilevante il regime delle autorizzazioni per l’esecuzione di interventi in zona sismica.

Le novità introdotte dallo “Sblocca Cantieri”, che dovranno comunque essere confermate in sede di conversione del decreto legge, lasciano chiaramente emergere l’intento di semplificazione del legislatore, da attuare sia con apposite linee guida che il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti dovrà adottare d’intesa con la Conferenza Unificata, sia con l’intervento del legislatore Regionale, al quale viene in tal senso espressamente conferito il potere di legiferare in via esecutiva sul punto.

Coerentemente con ogni intervento di semplificazione, il decreto “Sblocca Cantieri” ha inteso responsabilizzare (ulteriormente) il tecnico: l’art. 93 d.p.r. 380/2001 è stato in tal senso modificato, introducendo espressamente l’obbligo di accompagnare i progetti con una dichiarazione asseverata in ordine:

    al rispetto delle norme tecniche per le costruzioni;
    alla coerenza tra il progetto esecutivo riguardante le strutture e quello architettonico;
    al rispetto delle eventuali prescrizioni sismiche contenute negli strumenti di pianificazione urbanistica.

Una tale asseverazione, che rappresenta un’assoluta novità, comporta una rilevante assunzione di responsabilità per il tecnico, giacchè – come si vedrà di seguito – la qualificazione che attribuisce all’intervento è dirimente ai fini dell’individuazione dell’autorizzazione cui rimane soggetto.

L’aspetto probabilmente più innovativo risiede comunque nel nuovo art. 94 bis: nel disciplinare le autorizzazioni necessarie per l’esecuzione di interventi in zona sismica, tale norma attribuisce rilevanza non solo al livello di sismicità della zona, ma anche alla tipologia di intervento da realizzare.

Nello specifico, il decreto “Sblocca Cantieri” introduce una classificazione degli interventi in base alla pubblica incolumità, suddividendoli in “rilevanti”, “di minore rilevanza” e “privi di rilevanza”.

In tal senso, rientrano nella categoria “A” di “interventi rilevanti rispetto alla pubblica incolumità”:

    gli interventi di adeguamento o miglioramento sismico di costruzioni esistenti nelle località sismiche ad alta sismicità (zona 1 e 2);
    le nuove costruzioni che (indipendentemente dalla zona ove ricadono n.d.r.), si discostino dalle usuali tipologie o che per la loro particolare complessità strutturale richiedano più articolate calcolazioni e verifiche;
    gli interventi relativi ad edifici di interesse strategico e alle opere infrastrutturali la cui funzionalità durante gli eventi sismici assume rilievo fondamentale per le finalità di protezione civile, nonché relativi agli edifici e alle opere infrastrutturali che possono assumere rilevanza in relazione alle conseguenze di un loro eventuale collasso;

L’esecuzione di tali interventi rimane soggetta a “preventiva autorizzazione scritta del competente ufficio tecnico della regione, in conformità all’articolo 94” (art. 94 bis co. 3).

Rientrano invece nella categoria “B” degli interventi di “minore rilevanza”:

    Gli interventi di adeguamento o miglioramento sismico di costruzioni esistenti nelle località sismiche a media sismicità (Zona 3);
     le riparazioni e gli interventi locali sulle costruzioni esistenti (indipendentemente dalla zona ove insistono n.d.r.);
    le nuove costruzioni che non rientrano nella fattispecie di cui alla lettera a), n. 2;

Rientrano infine nella categoria “C” degli interventi “privi di rilevanza nei riguardi della pubblica incolumità” quelli che, per loro caratteristiche intrinseche e per destinazione d’uso, non costituiscono pericolo per la pubblica incolumità.

Gli interventi delle categorie “B” e “C” non rimangono soggetti ad autorizzazione preventiva e richiedono, eventualmente, il solo deposito del progetto: come si legge nel comma 4, l’autorizzazione preventiva non è necessaria per  “lavori relativi ad interventi di “minore rilevanza” o “privi di rilevanza” di al comma 1, lettera b) o lettera c)”. La stessa norma fa tuttavia salvo il potere per le Regioni di istituire controlli anche con modalità a campione.

Come si è anticipato, il decreto “Sblocca Cantieri”, per la sua completa attuazione, rinvia a successive Linee Guida ove verranno stabiliti i criteri per la qualificazione, sotto il profilo strutturale, degli interventi.

Nelle more, le Regioni sono espressamente titolate a potersi dotare di specifiche elencazioni per la classificazione degli interventi. Successivamente all’adozione delle linee guida, le Regioni adotteranno “specifiche elencazione di adeguamento delle stesse”.

L’attribuzione di un tale potere in capo alle Regioni risolve dunque l’annosa questione circa il loro potere di legiferare in tale particolare materia, che più volte è stato oggetto di discussione innanzi agli Organi di Giustizia.

Quel che comunque emerge evidente, soprattutto in questa fase “iniziale”, è il ruolo del tecnico e l’importanza della sua asseverazione circa la qualificazione degli interventi ai fini dell’individuazione dell’autorizzazione cui rimane soggetto: con tutte le prevedibili e gravi conseguenze circa la legittimità dell’intervento e le collegate responsabilità, anche di ordine penale.

In ultimo è opportuno rilevare come tale decreto lasci emergere l’intenzione del legislatore di prevedere alcune liberalizzazioni anche in relazione alle autorizzazioni sismiche. Come si legge nel comma 2 dell’art. 94 bis, le succitate linee guida dovranno individuare anche “le varianti di carattere non sostanziale per le quali non occorre il preavviso di cui all’articolo 93”, così lasciando emergere un (minimo) spazio di edilizia libera anche sotto il profilo sismico.

fonte: legal-team.it