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Terzo Condono Edilizio: i criteri per la sanatoria e la sentenza del Consiglio di Stato

La sentenza 5754/2023 dello scorso 12 giugno del Consiglio di Stato si è espressa in merito al rifiuto da parte di un comune, di una domanda di condono ai sensi dell'art.32 del DL 269/2003, convertito poi in legge 326/2003, e riguardante le opere consistenti in "ampliamento del fabbricato esistente".

All'interno della domanda di condono è stato dichiarato che l'ultimazione delle opere era avvenuta in data 26 marzo 2003. Il comune ha però comunicato i motivi di diniego della richiesta di condono, in quanto "i lavori abusivi in oggetto non risultavano ultimati alla data del 31 marzo 2003, termine ultimo previsto dalla L. n. 326/03".

Il TAR ha respinto il ricorso. Il Consiglio di Stato ha precisato che per concedere la sanatoria straordinaria, il proprietario o responsabile dell'abuso deve provare la data di ultimazione delle opere edilizie, dal momento in cui solo l'interessato può fornire atti che siano inconfutabili, documenti ed elementi probatori che possano comprovare la ragionevole certezza dell'epoca di realizzazione dell'edificio.

In assenza di queste prove, rimane integro il potere dell'Amministrazione di negare la sanatoria dell'abuso e il suo dovere di irrogare la sanzione demolitoria. Secondo il Terzo Condono Edilizio, ovvero l'art.32 comma 25 del DL 269/2003, il condono è applicabile solo a quelle opere abusive completate entro la data del 31 marzo 2003.
Per opere ultimate, secondo il comma 2 dell'art.31 della legge 447/1985 che si applica anche al nuovo condono, si intendono "gli edifici nei quali sia stato eseguito il rustico e completata la copertura, ovvero, quanto alle opere interne agli edifici già esistenti e a quelle non destinate alla residenza, quando esse siano state completate funzionalmente".

Due criteri alternativi per constatare l'ultimazione dei lavori e rilasciare quindi il condono sono:
-criterio strutturale, nei casi di nuova costruzione;
-criterio funzionale, nei casi di opere interne di edifici già esistenti o edifici che non abbiano uso residenziale.

Per edifici completi almeno al "rustico" si intende un'opera a cui mancano solo le finiture come ad esempio le tramezzature interne o i pavimenti, ma che includa le tamponature esterne, che realizzano i volumi e che questi siano individuabili e calcolabili con precisione.

Il criterio funzionale invece richiede uno stato di realizzazione tale che consentirebbe già la fruizione dello stesso immobile, ad eccezione delle finiture mancanti, con una identità riconoscibile che ne definisca in maniera evidente la destinazione d'uso.

Il Consiglio di Stato quindi, in relazione alla sentenza in oggetto, ha segnalato che alla data del 9 marzo 2005 ha effettuato un sopralluogo, verificando l'esistenza di un fabbricato ristrutturato e non ancora abitato, con volumi in sopraelevazione relativi al penultimo ed ultimo piano del fabbricato con l'ingresso dell'immobile ancora a vento, riscontrando anche la mancanza di infissi e tamponature.
Il Consiglio di Stato ha quindi rigettato la domanda di condono, anche a seguito dell'analisi della documentazione prodotta sull'immobile: i lavori del piano in sopraelevazione riscontrati, non sono stati ultimati entro il 31 marzo 2003, secondo i termini di legge.

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