Tetto sporgente: la sentenza del Consiglio di Stato

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Anche un tetto sporgente, con valore ornamentale, può rappresentare una violazione della distanza legale minima tra edifici frontistanti. La sentenza dello scorso 30 agosto del Consiglio di Stato n.8035/2023 tratta proprio questa casistica: un privato ha presentato ricorso contro il rigetto dell'accertamento di conformità per una tettoia in legno a...
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Terzo Condono Edilizio: i criteri per la sanatoria e la sentenza del Consiglio di Stato

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La sentenza 5754/2023 dello scorso 12 giugno del Consiglio di Stato si è espressa in merito al rifiuto da parte di un comune, di una domanda di condono ai sensi dell'art.32 del DL 269/2003, convertito poi in legge 326/2003, e riguardante le opere consistenti in "ampliamento del fabbricato esistente". All'interno della domanda di condono è stato dic...
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Decadenza del permesso di costruire: la sentenza del Consiglio di Stato

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Il Consiglio di Stato, nella sentenza 3823/2023, ha chiarito quelli che sono i termini a cui fare riferimento per determinare la decadenza del permesso di costruire: i termini del permesso di costruire iniziano dal momento del rilascio del permesso o dal momento in cui il richiedente viene messo al corrente del rilascio del permesso? L'occasione pe...
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Il condono edilizio: sentenza del Consiglio di Stato

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Il condono edilizio permette la regolarizzazione delle opere realizzate in violazione delle norme urbanistiche, evitando sanzioni legate a queste pratiche irregolari. Il condono è stato introdotto al fine di risolvere quelle che sono situazioni di abuso edilizio. Un abuso in campo edilizio, rimane tale fino a che non viene "condonato" o "sanato": p...
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Pubblica Amministrazione ed equo compenso: interpretazioni della normativa

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Il Consiglio di Stato si è espresso, interpretando la normativa sull'equo compenso, attraverso la sentenza 2084/2023: il compenso deve essere equo solo se per l'incarico è prevista una retribuzione. Il caso studio esaminato dal CdS è incentrato sui servizi di consulenza giuridica, ma le conclusioni risultano essere valide anche per l'affidamento di...
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Decadenza e proroga del permesso di costruire: chiarimenti del Consiglio di Stato

Decadenza e proroga del permesso di costruire: chiarimenti del Consiglio di Stato

Il Consiglio di Stato fornisce interessanti chiarimenti sulle conseguenze del superamento dei termini di efficacia del permesso di costruire nel caso in cui i fatti che hanno ritardato il completamento dei lavori siano conosciuti dall’Amministrazione.

FATTISPECIE
Nel caso di specie il ricorrente si opponeva al rigetto dell’istanza di sospensione del termine d’esecuzione e completamento dei lavori di costruzione di un fabbricato di edilizia residenziale pubblica.
Il rigetto era motivato dal fatto che il ricorrente non aveva provveduto ad informare tempestivamente il Comune dei fatti che avevano determinato la sospensione dei lavori, né aveva anteriormente alla scadenza del titolo presentato un’istanza di proroga. Veniva pertanto ritenuta necessaria la sanatoria delle opere realizzate successivamente alla scadenza, nonostante non fosse stato emanato un provvedimento formale di decadenza.
Il ricorrente sosteneva la piena conoscenza da parte del Comune dei motivi che avevano determinato il ritardo e che pertanto non era necessaria alcuna comunicazione al Comune.

TERMINI DI EFFICACIA DEL PERMESSO DI COSTRUIRE
Ai sensi dell’art. 15, D.P.R. 06/06/2001, n. 380 (Testo unico dell’edilizia), il termine per l'inizio dei lavori non può essere superiore ad un anno dal rilascio del titolo e quello di ultimazione, entro il quale l'opera deve essere completata, non può superare i tre anni dall'inizio dei lavori. Il medesimo articolo dispone la decadenza del titolo edilizio per l’ipotesi di inosservanza dei suddetti termini, salva la richiesta di proroga il cui positivo riscontro, peraltro, è subordinato al ricorrere di specifici presupposti tra i quali rientra il sopraggiungere di fatti estranei alla volontà del titolare del permesso di costruire.

RILEVANZA DEI FATTI SOPRAVVENUTI
In proposito il Consiglio di Stato, con la sentenza 01/04/2020, n. 2206, ha richiamato l’orientamento secondo il quale i fatti sopravvenuti che possono legittimare la proroga del termine di inizio o completamento dei lavori ai sensi dell'art. 15, comma 2 D.P.R. 380/2001, non hanno un rilievo automatico, ma possono costituire oggetto di valutazione in sede amministrativa qualora l'interessato proponga un'apposita domanda di proroga, il cui accoglimento è indefettibile affinché non sia pronunciata la decadenza del titolo edilizio (cfr. C. Stato 10/08/2007, n. 4423).

Ciò posto, tuttavia, qualora per circostanze, oggettivamente riscontrate, l’Amministrazione abbia avuto piena cognizione dei fatti sopravvenuti che hanno differito il completamento dei lavori, la tardiva presentazione dell’istanza di proroga non comporta ex se la declaratoria di decadenza del titolo edilizio.

In tal caso quindi l’Amministrazione, “anziché trincerarsi dietro lo schermo formale dell’assenza di previa comunicazione”, ha l’onere di verificare l’effettiva incidenza dei fatti, di cui era già a conoscenza, sull’esecuzione delle opere oggetto di concessione edilizia.

CONSEGUENZE DELLA MANCATA ADOZIONE DEL PROVVEDIMENTO DI DECADENZA
I giudici hanno inoltre ritenuto che l’omessa tempestiva adozione del provvedimento di decadenza, stante la sua natura dichiarativa, comporta sul piano tecnico giuridico che non si è prodotto l’effetto (performativo) ad esso riconnesso dall’ordinamento di settore, ossia:
- non è stata tempestivamente accertata e certificata l’inefficacia giuridica del titolo edilizio;
- non è stata riscontrata, con l’effetto di certezza pubblica richiesto dalla legge, la decadenza dello stesso.
Ne consegue il generarsi del legittimo affidamento sulla persistente efficacia del titolo che costituisce un’ulteriore ed autonoma posizione giuridica tutelata.

 

Fonte: Bollettino Online di Legislazione Tecnica
www.legislazionetecnica.it

Separazione tra offerta tecnica ed offerta economica: nuovi chiarimenti del Consiglio di Stato

Separazione tra offerta tecnica ed offerta economica: nuovi chiarimenti del Consiglio di Stato

La conoscenza di elementi economici nella fase della valutazione dell'offerta tecnica condiziona la Commissione di gara, compromettendo la garanzia di imparzialità della valutazione.

FATTISPECIE
Nel caso di specie si trattava di una procedura per l’affidamento in concessione, di durata trentennale, di due farmacie di proprietà comunale. La ricorrente era stata esclusa dalla gara perché nella sua offerta tecnica erano contenute le indicazioni relative, oltre al canone iniziale, ai canoni annui, fissi e variabili, nonché i ricavi e i costi, per merci, personale, servizi, locazione, oneri di concessione, oneri diversi e ammortamenti, relativi ai tre anni di gestione.

Al riguardo il Consiglio di Stato, sentenza 09/01/2020, n. 167 ha fornito un interessante riepilogo degli orientamenti giurisprudenziali sul principio di separazione tra offerta tecnica ed offerta economica, che impone che le offerte economiche debbano restare segrete per tutta la fase procedimentale in cui la Commissione compie le sue valutazioni sugli aspetti tecnici della proposta negoziale.

FONDAMENTO E FINALITÀ
Il principio di separazione tra offerta tecnica ed offerta economica trae fondamento dall’obiettivo di evitare che elementi di valutazione di carattere automatico possano influenzare la valutazione degli elementi discrezionali. Tale principio costituisce, dunque, presidio all'attuazione dei principi di imparzialità e buon andamento dell'azione amministrativa, per garantire il lineare e libero svolgimento dell’iter che si conclude con il giudizio sull'offerta tecnica e l'attribuzione dei punteggi ai singoli criteri di valutazione.

REGOLE E APPLICAZIONE
Il principio si declina in una triplice regola, per cui:
a) la componente tecnica dell'offerta e la componente economica della stessa devono essere necessariamente inserite in buste separate e idoneamente sigillate, proprio al fine di evitare la suddetta commistione;
b) è precluso ai concorrenti l’inserimento di elementi economico-quantitativi all’interno della documentazione che compone l’offerta tecnica (qualitativa);
c) l’apertura della busta contenente l’offerta economica deve necessariamente seguire la valutazione dell’offerta tecnica.

Tali regole operative trovano applicazione nei soli in casi in cui sussista effettivamente il pericolo di compromissione della garanzia di imparzialità della valutazione, il che accade, appunto, solo laddove concorrano elementi di giudizio a carattere discrezionale (inerenti l’apprezzamento dei profili tecnici e qualitativi della proposta negoziale articolata dagli operatori economici in concorrenza) ed elementi di giudizio a rilevanza obiettiva ed automatica (quali sono quelli della componente economica dell’offerta) e, dunque, soltanto allorché il criterio di aggiudicazione (che ingloba entrambi i profili) sia quello della offerta economicamente più vantaggiosa individuata sulla base del miglior rapporto qualità/prezzo.

ELEMENTI ECONOMICI AMMESSI NELL’OFFERTA TECNICA
Il divieto di commistione, peraltro, non può essere interpretato in maniera indiscriminata, al punto da eliminare ogni possibilità di obiettiva interferenza tra l’aspetto tecnico e quello economico dell’appalto posto a gara. In particolare, possono essere inseriti nell’offerta tecnica voci a connotazione (anche) economica o elementi tecnici declinabili in termini economici se rappresentativi di soluzioni realizzative dell’opera o del servizio oggetto di gara. Conseguentemente:
- è stata ammessa l’indicazione nell’offerta tecnica di alcuni elementi economici, resi necessari dagli elementi qualitativi da fornire, purché tali elementi economici non consentano di ricostruire la complessiva offerta economica o purché non venga anticipatamente reso noto il “prezzo” dell’appalto;
- è stato escluso che la commistione di elementi dell'offerta tecnica con quella economica possa arrecare un pregiudizio al principio di segretezza delle offerte quando gli elementi di quest'ultima anticipati nella prima abbiano carattere del tutto marginale rispetto alla base d'asta ribassabile o se gli stessi siano inscindibili dagli aspetti di carattere qualitativo da esporre in sede di offerta tecnica.

GARANZIA DI IMPARZIALITÀ DELLA COMMISSIONE DI GARA
In conclusione il Consiglio di Stato, nel confermare la legittimità della sanzione espulsiva, ha ribadito che la conoscenza di elementi economici da parte della Commissione di gara, nella fase della valutazione dell'offerta tecnica, che precede quella di valutazione dell'offerta economica, appare di per sé idonea a determinare anche solo in astratto un condizionamento dell'operato della Commissione medesima, alterando o perlomeno rischiando potenzialmente di alterare la serenità e l'imparzialità dell'attività valutativa.

 

 

Fonte: Bollettino Online di Legislazione Tecnica
www.legislazionetecnica.it

Il Consiglio di Stato fornisce chiarimenti sul criterio c.d. vuoto per pieno

Il Consiglio di Stato fornisce chiarimenti sul criterio c.d. vuoto per pieno

Come è noto l'art. 3 del D.M. 02/04/1968, n. 1444 impone che ad ogni abitante siano assicurati mediamente 25 mq di superficie lorda abitabile, pari a circa 80 mc "vuoto per pieno", eventualmente maggiorati di una quota non superiore a 5 mq (pari a circa 20 mc "vuoto per pieno") per le destinazioni non specificamente residenziali ma strettamente connesse con le residenze (negozi di prima necessità, servizi collettivi per le abitazioni, studi professionali, etc.).

Secondo il Consiglio di Stato il c.d. criterio del “vuoto per pieno” (ossia il volume totale dello spazio compreso tra le pareti esterne, il pavimento più basso e la copertura, misurato all'esterno) richiamato dal suddetto art. 3 riguarda la volumetria complessiva lorda di una costruzione e, in linea di principio, non esclude alcuno spazio e/o superficie. L’unico temperamento ad esso è costituito dalla nozione di “volume tecnico”, espressione con la quale si fa riferimento esclusivamente a quei volumi che sono realizzati per esigenze tecnico-funzionali della costruzione (per la realizzazione di impianti elettrici, idraulici, termici o di ascensori), che non possono essere ubicati all'interno di questa e che sono del tutto privi di propria autonoma utilizzazione funzionale, anche potenziale.

Al riguardo i giudici, nel ribadire che soltanto i locali tecnici sono esclusi dal calcolo della volumetria ammissibile, hanno richiamato, tra l'altro, la circolare del Ministero dei Lavori Pubblici n. 2474 del 31/01/1973, recante la “Definizione dei volumi tecnici ai fini del calcolo della cubatura degli edifici”, secondo la quale devono intendersi per volumi tecnici, ai fini della esclusione dal calcolo della volumetria ammissibile, i volumi strettamente necessari a contenere ed a consentire l'accesso di quelle parti degli impianti tecnici (idrico, termico, elevatorio, televisivo, di parafulmine, di ventilazione, etc.) che non possono per esigenze tecniche di funzionalità degli impianti stessi, trovare luogo entro il corpo dell'edificio realizzabile nei limiti imposti dalle norme urbanistiche.

 

 

 

Fonte: Bollettino Online di Legislazione Tecnica
www.legislazionetecnica.it