Pechino - Il ponte Hong Kong-Zhuhai-Macao è operativo: «Annuncio che è ufficialmente aperto», ha scandito in mattinata il presidente cinese Xi Jinping nella cerimonia inaugurale tenuta a Zhuhai, città dell’operoso e ricco Guangdong, il cuore del miracolo economico del Dragone.

È il più lungo al mondo sul mare con i suoi 55 chilometri e collega le due ex colonie di Hong Kong e Macao, e Zhuhai in meno di un’ora di auto contro le 4 necessarie soltanto fino a ieri. Da qualsiasi prospettiva la si veda, la struttura si presta a una lettura molteplice e dà ulteriori dettagli sulle ambizioni e le strategie cinesi: è di sicuro un capolavoro di ingegneria avanzata tra isole artificiali e un tunnel sottomarino di quasi 7 chilometri; è un ulteriore laccio di intorno al collo delle due ex colonie che godranno ancora per 30 anni circa dello status di regioni amministrative speciali; è soprattutto un altro tassello della «Greater Bay Area», l’ambizioso piano che, puntando su innovazione hi-tech e finanziaria, punta a creare un hub leader mondiale in grado di generare 4.600 miliardi di dollari di Pil entro il 2030, ben oltre quello prodotto dall’intera Germania.

Nove anni di lavori, due in più sulla originaria tabella di marcia a causa di scandali, incidenti e ostacoli tecnici da superare e budget lievitato oltre i 20 miliardi di dollari, sono serviti per realizzare un ponte capace di durare 120 anni, di resistere a un sisma di magnitudo 8, a tifoni con venti fino a 340 chilometri/ora e all’impatto con una pesante portacontainer. Hong Kong, che ha contribuito con un «assegno» superiore ai 15 miliardi di dollari, sarà sempre «più vicina» alla terraferma. In molti nell’ex colonia britannica e a Macao vedono nel ponte un’altra mossa di Pechino verso la normalizzazione: allo stato vale la regola «un Paese, due (anzi tre) sistemi».

Sono diverse le valute, le dogane e le strutture amministrative e legali destinate a resistere, rispettivamente, almeno fino al 2047 e al 2049, in base agli accordi stipulati con Londra e Lisbona per la restituzione dei territori a Pechino. I dubbi aumentano se si considera che lo scorso mese, in aggiunta ai vari collegamenti già esistenti, si è aggiunta la linea ad alta velocità tra Hong Kong e la Cina, in particolare Shenzhen e Guangzhou. Il ponte sul Delta del Fiume delle Perle è quindi un passo strategico per la Greater Bay Area: una grande area economica e finanziaria integrata, della logistica e di sviluppo tecnologico tra Hong Kong, Macao e la saldatura con 9 città del Guangdong. Una macro regione di 68 milioni di persone che, trasformando la «fabbrica del mondo» nel modello di sviluppo economico cinese, finisca per sfilare il primato alla Silicon Valley di San Francisco o alle città avanzate come New York e Tokyo.

I vicepremier Han Zheng e Liu He hanno accompagnato Xi nella inaugurazione tenuta a Zhuhai per tenere un’apparente distanza dalle ex colonie. Nel suo intervento Han ha lanciato messaggi chiari: l’opera «faciliterà gli scambi tra le popolazioni dei tre posti, lo sviluppo economico e commerciale, rilancerà la competitività della regione del Delta del Fiume delle Perle e aiuterà a integrare Hong Kong e Macao al Paese».

Realizzare materiali di alta qualità, non tossici e a basso costo utili alla raccolta di energia sprecata come calore, ovvero produrre l’energia pulita convertendo le fluttuazioni termiche in energia elettrica. È questo il tema dello studio “NanoPyroMat” che ha permesso alla ricercatrice dell’Università di Belgrado Dr. Radenka Krsmanovic Whiffen di vincere la borsa biennale Marie Sklodowska-Curie Individual Fellowship (MSCA IF). La ricerca sarà condotta presso i laboratori ENEA della Casaccia in collaborazione con il Centro ENEA di Faenza e l’ex Università Pierre e Marie Curie di Parigi, ora Sorbonne University.
“Lo studio punta a sviluppare un nuovo approccio per realizzare materiali ceramici di alta qualità con proprietà piroelettriche, in grado cioè di generare una tensione temporanea quando vengono riscaldati o raffreddati”, spiega la ricercatrice ENEA Amelia Montone che farà da tutor alla borsista. “Questi materiali piroelettrici potrebbero aiutare a convertire le fluttuazioni termiche in energia elettrica sfruttando sia le variazioni di temperatura ambientale naturali che, ad esempio, quelle dovute all’emissione di gas di scarico”, conclude Montone.
Attualmente più del 50% dell'energia elettrica prodotta negli Stati Uniti viene dissipata in calore, mentre in Europa viene sprecata una quantità di calore superiore a quella che servirebbe a riscaldare tutti gli edifici.
Finanziata dal programma di ricerca e innovazione di Horizon 2020 della Commissione europea, le MSCA IF sono assegnate a ricercatori di eccellenza impegnati in proposte progettuali innovative presso istituti ospitanti di prestigio.

Mini ospedali mobili costruiti con materiali innovativi ecosostenibili di facile assemblaggio e interconnessi per l’invio e la ricezione di indagini mediche. È questo l’obiettivo del progetto SOS - Smart Operating Shelter, cofinanziato dalla Regione Puglia, che vede riuniti Centro Ricerche ENEA di Brindisi, Politecnico di Bari, Consorzio CETMA (Centro di Ricerche Europeo di Tecnologie, Design e Materiali) e le aziende ENA Consulting, Kinema, Mespo, Protom group e R.I.

Impegnati da anni nello sviluppo di materiali ecologici innovativi per il risparmio energetico in edilizia, i ricercatori ENEA di Brindisi metteranno a punto pannelli in fibra animale o vegetale e ne testeranno i requisiti termici, meccanici e di resistenza a muffe, funghi e al fuoco. Spetteranno all’ENEA inoltre le prove sulla salubrità e sul comfort abitativo del prototipo finale che si prevede sia pronto il prossimo anno.
“Attualmente molti shelter medicali vengono ancora realizzati con materiali non sempre riciclabili o riutilizzabili al 100%”, ha sottolineato Vincenza Luprano del Dipartimento Sostenibilità dei Sistemi Produttivi e Territoriali dell’ENEA.

“Per questo motivo la nostra ricerca si sta focalizzando nella realizzazione di microarchitetture più sostenibili e anche più leggere in grado di contribuire alla continuità di funzionamento degli ospedali in caso di emergenza o ristrutturazione, ma anche all’abbattimento delle liste d’attesa o all’ampliamento del bacino d’utenza, garantendo un rapporto costi/benefici elevato, conformità agli standard e livelli qualitativi tecnologici d’eccellenza”, conclude Luprano.
Il progetto risponde anche all’esigenza sempre più sentita da parte della sanità di operare in presidi mobili, capaci di raggiungere utenti e comunità, facilmente riconfigurabili sulla base del costante aggiornamento tecnologico imposto a livello di attrezzature diagnostiche e terapeutiche.

Ecco le novità che riguardano ecobonus e ristrutturazioni

La legge di bilancio 2019 include anche una parte dedicata al Bonus Casa. Gli incentivi per i contribuenti riguardano l'ecoprestito, il bonus per ristruuturazione e quello per l'acquisto di mobili ed elettrodomestici.

La Legge di Bilancio 2019, i così detti “bonus casa” saranno confermati e prorogati per altri tre anni.

La proroga dovrebbe riguardare tutte le detrazioni fiscali per i lavori in casa. Comprenderà l’ecobonus,  i bonus destinati all’acquisto di mobili e ai lavori di ristrutturazione.
Bonus casa: le novità previste

Il presidente della commissione industria del Senato, Gianni Girotto ha dichiarato che: “I bonus casa storicamente vengono prorogati solo di anno in anno. Questo non dà una prospettiva certa a cittadini e imprese. Noi, invece, vogliamo dare un orizzonte temporale più ampio, che arrivi fino al 2021“.

L’introduzione di un ecoprestito permetterebbe anche a chi non ha la liquidità necessaria di usufruire delle agevolazioni. In pratica, lo Stato sarà garante del contribuente che potrà chiedere un prestito ad un tasso più basso. Secondo lo stesso Girotto “È una forma di prestito nella quale un soggetto pubblico, come Cdp, dà ai cittadini a tasso agevolato una parte delle risorse necessarie ad avviare le opere oltre alla proroga, con la prossima legge di bilancio potrebbe“.

Il bonus per ristrutturare casa ha l’obiettivo di incentivare i lavori di ristrutturazione; lo Stato dovrebbe finanziare i progetti di ristrutturazione in modo tale che i contribuenti possano trovare la liquidità necessaria per attivare e completare i lavori. Il bonus è concesso ai proprietari delle abitazioni, ai nudi proprietari (coloro che hanno diritto di proprietà su un immobile, ma non il diritto usufruirne), ai titolari di un diritto reale di godimento, ai locatari e ai comodatari. L’incentivo permette di detrarre il 50% dell’importo speso, fino ad un massimo di 96mila euro.

Ci osno novità anche per quanto riguarda il bonus mobili ed elettrodomestici. La detrazione del 50% si può ottenere per l’acquisto di mobili e di grandi elettrodomestici di classe non inferiore alla A+ ma solo se destinati per immobili in ristrutturazione.

fonte: news.fidelityhouse.eu

La CU del 13 settembre 2018 ha dato il via libera al decreto del MIT con cui si ripartiscono 321.116.384,00 euro per il programma di recupero e razionalizzazione degli immobili e degli alloggi di edilizia residenziale pubblica di proprietà dei Comuni e degli Istituti autonomi per le case popolari

Edilizia residenziale pubblica: il riparto per il 2018

Via libera ufficiale, con l'accordo raggiunto nella Conferenza Unificata del 13 settembre 2018, al DM del Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti con cui si ripartiscono 321.116.384,00 euro per il Programma di recupero e razionalizzazione degli immobili e degli alloggi di edilizia residenziale pubblica di proprietà dei Comuni e degli Istituti autonomi per le case popolari.
Edilizia residenziale pubblica: le tempistiche

Rispetto al passato, il decreto ministeriale approvato oggi fissa nuovi criteri per la ripartizione e tempi certi per la realizzazione degli interventi. Viene infatti previsto che i Comuni debbano avviare gli interventi finanziati entro un anno dalla concessione del contributo da parte della Regione e li debbano ultimare entro due anni.

Nel caso in cui queste tempistiche non vengano rispettate viene prevista la sospensione dei finanziamenti ed eventualmente, in tempi certi, la loro revoca. Le risorse revocate verranno poi riassegnate annualmente, secondo un criterio di proporzionalità, alle Regioni più virtuose che avranno uno stato di avanzamento lavori superiore alla media nazionale.

Entro sei mesi il Ministero istituirà uno specifico Comitato tecnico di monitoraggio, con la partecipazione delle Regioni e dell’Anci, che dovrà proprio vigilare sul rispetto delle nuove norme e sull’effettivo avanzamento dei programmi.

ERP Regione Liguria aumentato

Come evidenziato dal MIT, un plauso va alle Regioni che, dimostrando grande senso di responsabilità e di vicinanza alla città di Genova, hanno deciso di creare un fondo di solidarietà in cui far confluire il 2% dei fondi spettanti, così da aumentare di 6,4 milioni di euro le risorse da erogare alla Liguria per l’edilizia residenziale pubblica e dare così una risposta alle tante famiglie rimaste senza casa dopo il crollo del Ponte Morandi.

fonte ingenio-web.it di Matteo Peppucci


Reverse Charge in Edilizia per il 2018: come funziona? Come si applica alle prestazioni di servizi di demolizione, di installazione di impianti, di completamento e di pulizia relative ad edifici?

L’inversione contabile, o reverse charge è un particolare meccanismo di applicazione dell’imposta sul valore aggiunto, per effetto del quale il destinatario di una fornitura di beni o prestazione di servizi (cliente), se soggetto passivo nel territorio dello Stato, è tenuto all’assolvimento dell’imposta in luogo del fornitore o prestatore.

Che cos’è il Reverse Charge?

Mediante il reverse charge, limitatamente alle operazioni cui tale regime è applicabile, si trasferisce in capo all’acquirente (cessionario o committente) la qualifica e il ruolo di debitore dell’imposta verso l’Erario. Conseguentemente, al cessionario o al committente non viene addebitata in rivalsa alcuna imposta da parte di colui che effettua l’operazione imponibile. Per effetto del reverse charge, pertanto, il cessionario o committente dovrà calcolare l’imposta dovuta sull’acquisto effettuato e far confluire il predetto importo a debito nella propria liquidazione.

Il riferimento normativo del reverse charge IVA in Italia è rappresentato dall’articolo 17, commi 5 e 6 del dpr 633/1972 (c.d. «decreto IVA»). Di recente, quest’ultimo è stato ampiamente riformato per effetto dell’introduzione dello spesometro trimestrale tramite D.L. 193/2016. Occorre comunque dire che tale riforma non ha toccato la parte relativa al reverse charge.

Il Reverse Charge in Edilizia per il 2018 come funziona?

L’Iva reverse charge sarà applicata a quei campi del settore edile come operazioni come pulizia, operazioni di demolizione, lavori di installazione di impianti e lavori di completamento relativi agli edifici. Il meccanismo dell’inversione contabile pertanto riguarda:

    attività relative al comparto edile (prestazioni di demolizione, installazione di impianti e completamento di edifici) già interessate dal reverse charge alle condizioni di cui alla previgente lettera a) dell’articolo 17, comma 6, del D.P.R. n. 633/1972,
    nuovi settori collegati ma non rientranti nel comparto edile propriamente inteso, come i servizi di pulizia relativi ad edifici.

Il sistema dell’inversione contabile previsto nel contesto del novellato articolo 17, comma 6, lett. a-ter), D.P.R. 633/1972 si applica a prescindere dalla circostanza che le prestazioni siano rese dal subappaltatore nei confronti:

    delle imprese che svolgono l’attività di costruzione o ristrutturazione di immobili;
    dell’appaltatore principale o di un altro subappaltatore;
    di un contraente generale a cui venga affidata dal committente la totalità dei lavori.
    dal rapporto contrattuale stipulato tra le parti, ovvero dalla tipologia di attività esercitata (ferma restando ovviamente la necessità che si tratti di una prestazione di servizi).

In caso di applicazione del Reverse Charge in edilizia, nei casi individuati dalla norma, gli operatori coinvolti dovranno comportarsi come segue:

    Il prestatore, emette fattura (nei termini ordinari) senza addebitare l’imposta, inserendo la dicitura “inversione contabile”. Inserendo anche l’articolo 17, comma 6, DPR n 633/72;
    Il committente soggetto passivo, entro il mese di ricevimento (oppure anche successivamente ma comunque entro 15 giorni e con riferimento al mese di ricevimento)integra la fattura ricevuta con l’indicazione dell’aliquota Iva e della relativa imposta. Inserisce la fattura nel registro vendite/corrispettivi, assolvendo così l’imposta. La medesima fattura va poi annotata anche nel registro acquisti per la detrazione dell’imposta assolta.
 
Quali operazioni sono escluse?

La circolare n. 14/E del 27 marzo 2015 ha precisato che sono escluse dal nuovo reverse charge interno le forniture di beni con posa in opera in quanto tali operazioni, ai fini IVA, costituiscono cessioni di beni e non prestazioni di servizi, poiché la posa in opera assume una funzione accessoria (art. 12 del D.P.R. n. 633/1972) rispetto alla cessione del bene (Risoluzioni n. 148/E del 28 giugno 2007, n. 164/E del 11 luglio 2007 e n. 172/E del 13 luglio 2007).

fonte: lentepubblica.it

Quarantatrè pali per l'illuminazione, quante sono le vittime del crollo del viadotto Morandi. E un'idea per la riqualificazione di tutta l'area

Quarantatré pali dell'illuminazione, tante quante sono le vittime del crollo del vecchio Morandi, su una linea semplice e pulita, priva di "strallatura", ovvero di strutture che sovrastino la carreggiata, con il peso sostenuto interamente dai piloni.

E' questa, secondo quanto anticipato dal Secolo XIX, l'idea del nuovo ponte Morandi, offerta da Renzo Piano e consegnata al commissario per l'emergenza e governatore ligure Giovanni Toti.


I pali dell'illuminazione sono l'elemento "memoriale" del progetto dell'archistar: renderebbero omaggio alle 43 persone che hanno perso la vita il 14 agosto scorso e sarebbero visibili in tutta la vallata. Il progetto di Piano è diverso rispetto a quello parzialmente annunciato da Autostrade per l'Italia, al momento società designata per demolire e ricostruire il ponte: un viadotto in acciaio con una struttura strallata. Entro il 31 agosto si conosceranno anche ulteriori dettagli di questo piano.


Non solo il ponte per Genova

Per Genova "serve un progetto di rinascita, di riscatto per tutta l'area colpita. Non c'è solo un ponte da ricostruire, ma un pezzo di città in trasformazione da ridisegnare" dice l'architetto che è anche senatore a vita a 'Repubblica'. "Questo - spiega Piano - è il classico caso in cui serve un concorso aperto a tutti: architetti, paesaggisti, ingegneri. Quello del ponte è un tema che tocca tutti e tutte le corde: da quella tecnologica a quella poetica. Ho fatto qualche schizzo, ma è soltanto l'inizio. La parte di città colpita dal crollo è fatta di aree industriali e ferroviarie parzialmente dismesse e comunque in trasformazione. Urbanisticamente è molto interessante. Dobbiamo cogliere l'opportunità per riscattare questo pezzo di Genova e quindi tutta la città".

"Le città - prosegue Piano - fanno questo, crescono costruendo sul costruito. E' un grande tema che non è associato soltanto al ponte crollato. Il paradosso è che per questa periferia c'era un progetto finanziato, ma il Parlamento con il Milleproroghe ha rinviato al 2020 i fondi stanziati per il piano nazionale delle periferie".

 

fonte: agi.it

Il Consiglio Nazionale Ingegneri, attraverso una nota, esprime il profondo cordoglio per le vittime e  propone una strategia per evitare altre tragedie come quella di Genova e per prevenire i rischi delle infrastrutture. Rilanciando il Paese.

Da Armando Zambrano il cordoglio per le vittime del ponte polcevera“Il crollo del Ponte Morandi sul Polcevera a Genova ci induce, prima di tutto, ad esprimere i sentimenti di cordoglio e di partecipazione al dolore per le vittime di questa immane tragedia. Il Consiglio Nazionale, interpretando il sentimento di tutti gli ingegneri, ha espresso la sua vicinanza alle famiglie delle vittime e dei feriti”.

Con queste parole, a nome dell’intero Consiglio Nazionale, Armando Zambrano, Presidente del CNI, apre una nota dedicata alla catastrofe di Genova che si intende condividere con tutti gli ingegneri italiani e con l’opinione pubblica nazionale.

Le immagini che hanno preceduto il crollo e quelle ugualmente devastanti che lo hanno seguito riaprono e ripropongono il tema antico ed attuale della sicurezza del costruito. Ancora una volta le parole manutenzione e prevenzione diventano centrali nel linguaggio dei media e della comunicazione in generale, ed ancora una volta la loro declinazione viene affidata alla dialettica, non sempre obbiettiva,  delle forze politiche.

Il CNI ha detto e sostenuto con forza, in questa occasione come nel passato, che la cura, la sicurezza, la manutenzione e la prevenzione devono essere un abito da indossare in modo permanente e non nelle occasioni del lutto e del dolore; che il piano per la sicurezza del costruito deve andare oltre i democratici avvicendamenti dei governi e divenire, finalmente, indirizzo permanente condiviso e difeso da tutti, affidato, nella gestione, alle strutture dello Stato che ne devono essere garanti di continuità ed aggiornamento.

In più occasioni, su questi temi, il CNI e la Rete delle Professioni Tecniche hanno prodotto documenti e proposto soluzioni, sempre compatibili e congruenti con le grandi capacità del nostro Paese. Basti ricordare il Piano sulla prevenzione del rischio sismico, sottoscritto da molti altri enti, anche scientifici, ed organizzazioni pubbliche e private, o i contributi sulla tutela dal rischio idrogeologico, inviati e condivisi da Italia Sicura.

Gli ingegneri hanno più volte chiesto e dato il loro contributo, come professionisti, alle attività della P.A. nel rispetto dell’impegno alla sussidiarietà, sancito anche da una legge dello Stato. Nei documenti evidenziavano anche la necessità di piani di manutenzione programmati e di controlli obbiettivi.

Da ricordare, inoltre, documenti importanti, sottoscritti dal PAT (Professioni area Tecnica), successivamente sostituito dalla Rete delle Professioni area tecnica, in occasione del Professional Day del 1 marzo 2012, sul tema delle concessioni autostradali, o della Rete stessa, successivamente, in audizione, in occasione  della conversione in legge di decreti tesi a rilanciare l’economia, nei quali si evidenziava la necessità di importanti modifiche che imponessero adeguati ammodernamenti delle infrastrutture.

Il tema della prevenzione ha indotto il Consiglio, tra l’altro, ad organizzare una campagna (detta “Diamoci una scossa”), per promuovere gli interventi di riduzione del rischio sismico sul costruito, insieme al Consiglio Nazionale Architetti ed a Fondazione Inarcassa, ormai in avanzato stato, le cui iniziative su tutto il territorio nazionale partiranno nel prossimo mese di settembre. Anche il Congresso Nazionale, tra il 12 ed il 14 settembre, vedrà un’ampia discussione su questi temi.
Ma sul tema della sicurezza delle infrastrutture occorre pensare alla necessità di interventi urgenti, immediati.

D’altra parte, i numeri delle infrastrutture lineari di trasporto, relativamente alle reti autostradali, sono molto importanti. Sono 1.608 i ponti e viadotti, per una lunghezza di 1.013 km su un totale di circa 6.000 km di rete. Ma nel complesso sono circa 61 mila i ponti e viadotti lungo i 255.000 km totali che compongono la rete stradale italiana, fatta da autostrade, strade statali, regionali, provinciali e comunali per una lunghezza complessiva di 38.000 km. Dati che segnalano le problematicità poste dalla complessità dell’orografia del nostro Paese.

Per questo, il Consiglio Nazionale intende avanzare alcune proposte che dovranno vedere coinvolte, per il loro sostegno, l’intera comunità degli ingegneri, a partire dal mondo ordinistico e delle sue rappresentanze territoriali, oltre alle professioni tecniche.

Precisamente:

- Un piano nazionale pluriennale di verifica delle infrastrutture, con un’anagrafe delle opere d’arte importanti ed a rischio e delle condizioni di sicurezza, basata su dati messi a disposizione dagli enti proprietari/concessionari, verificati, con metodi scientifici, da un soggetto indipendente. Un impegno condiviso e sottoscritto dal Governo.

- La gestione ed il coordinamento di questo piano devono essere affidati ad una specifica struttura dello Stato allo scopo dedicata ed operante in stretto accordo con i ministeri competenti che devono esserne l’anima, ponendo fine ad inutili e dannosi antagonismi che, a volte, sono emersi nell’attribuzione di ruoli e competenze.

- Il piano di manutenzione, che è da anni un elemento obbligatorio a corredo del progetto esecutivo, deve essere redatto da soggetti competenti e deve essere aggiornato sulla base di un costante monitoraggio diagnostico, dell’avanzamento delle ricerche scientifiche, delle conoscenze, delle tecnologie. Esso va esteso anche alle opere esistenti.

Il Consiglio Nazionale, in una logica di sussidiarietà, prevista dalla legge, intende dare il necessario contributo alla realizzazione del piano di manutenzione ed alle verifiche necessarie.

Una volta di più gli ingegneri italiani intendono mettersi a disposizione del Paese.


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Riccardo Morandi, scomparso nel 1989 è l'ingegnere che ha progettato il ponte che è crollato a Genova.

Il nome di Morandi in queste ore è finito nel mirino del web. Riccardo Morandi, scomparso nel 1989 è l'ingegnere che ha progettato il ponte che è crollato a Genova.

Un ponte che in tanti definivano critico anche per le scelte inegneristiche fatte durante la costruzione. Adesso, dopo le polemiche di queste ore, rompe il silenzio il figlio, Maurizio che è stato professore ordinario all'Urbanistica a Firenze e ha anche insegnato a Trieste, Pescara ed Algeri. Intervistato da Repubblica, il prfessor Morandi afferma: "Il ponte è stato costruito negli anni '60, e ha avuto una serie di riorganizzazioni e di manutenzioni negli anni successivi, anche dopo la morte di mio padre, avvenuta nel 1989".

Poi parla della manutenzione, l'aspetto che più di ogni altro è finito nel mirino in queste ore dopo la tragedia: "La manutenzione non ha mai riguardato lo studio Morandi, il ponte era poi monitorato per flussi di traffico che oggi sono cambiati". Infine commenta gli attacchi alla sua famiglia e difende il suo "cognome": "Non ci sarà una cattiva luce sul nome e sulla fama di mio padre. Quello è stato un ponte molto importante per l'ingegneria. Era un ponte all'avanguardia. Oggi la nostra famiglia è estremamente colpita, prima di tutto come cittadini. Ci stringiamo al dolore delle vittime".

 

fonte: ilgiornale.it

Genova - Il ponte Morandi di Genova, opera dell'ingegnere Riccardo Morandi; inaugurato nel 67, crollato il 14 agosto 2018. Un tipo di ponte che non ha mai convinto Antonio Brencich, professore dell'Università di Genova del corso di costruzioni in cemento armato. Oggi, nel giorno del crollo, questa la sua analisi: "Io non mi sono occupato di quello specifico ponte, io ho fatto alcune osservazioni su quella tipologia di ponte. Molti lo ritengono un capolavoro dell'ingegneria, io lo ritengo un fallimento dell'ingegneria. E' uno dei tre ponti simili progettati da Riccardo Morandi, e che hanno avuto problemi; ce ne è uno sulla baia di Maracaibo, in Venezuela, primo in ordine di tempo (è il ponte General Rafael Urdaneta), e poi quello di Genova e il ponte sullo Wadi el Kuf in Libia. La storia ha dimostrato delle carenze strutturali su Genova e Maracaibo, non solo oggi ma nel passato. Sono esempi di come non si progettano i ponti" spiega il professore. "Il ponte è stato aperto l'anno che sono nato io nel 1967. Dopo vent'anni dalla sua apertura, e vent'anni nella vita di un ponte sono un battito di ciglia, hanno fatto un intervento sulla torre est. Oggi è crollata la torre ovest. Sono tre torri. Alla torre est hanno sostituito gli stralli cioé il sistema che collegava il ponte alla torre, quei cavi inclinati. Hanno messo dei cavi esterni che si vedono bene. Il mio è un giudizio tecnico dall'esterno; quello è un intervento pesantissimo su un ponte, fatto dopo vent'anni di vita. Il collasso di oggi ragionevolmente, lo diranno le indagini, ha un'origine simile" aggiunge Brencich. "C'era un mio vecchio professore di cemento armato che diceva che esiste un santo per le strutture, e il santo oggi ha fatto crollare la torre più lontana dalle abitazioni, per fortuna". Quindi lei pensa a una fragilità strutturale? "Questo è evidente. Un ponte che ha 51 anni di vita non può crollare. Il maltempo di questi giorni per una struttura significa zero. Se lei mi dicesse una tempesta di neve a meno 40 gradi... ma un po' di pioggia non cambia niente. So che quel ponte ha sempre avuto manutenzione, è il caso in cui non si può dire che mancasse la manutenzione. Teniamo conto che non tutto si può prevedere; resta sempre un'aliquota di imprevedibilità. Era sotto controllo da molto tempo. Non è un caso di disattenzione e mancanza di investimenti" conclude il professore.

Fonte: askanews