Autorizzazione preventiva: svolta nei Bonus Edilizi

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Le agevolazioni fiscali nel settore edilizio sono un terreno delicato, in costante evoluzione per soddisfare esigenze di sostenibilità e rilancio economico. Tuttavia, recenti criticità e distorsioni del sistema hanno reso necessario un ripensamento delle strategie. Tra le soluzioni proposte spicca l'introduzione dell'autorizzazione preventiva come ...
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Cappotto termico e autorizzazione paesaggistica

Cappotto
Dopo la Circolare Mibact 4/2021, riepiloghiamo con l'ausilio di uno schema pratico finale i criteri per stabilire quando la realizzazione dell'isolamento a cappotto su edifici sottoposti a vincolo paesaggistico sia esonerata dall'autorizzazione paesaggistica e quando invece sia necessaria l'autorizzazione, sia pure in forma semplificata. Per la fru...
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Pratiche per pergolato o porticato: cosa usare?

Pratiche per pergolato o porticato: cosa usare?

Quando si parla di pergolato o porticato ci si riferisce a "opere edilizie minori": in questa categoria appartengono appunto pergolati, tettoie, gazebo, tensostrutture, porticati, ecc.
Definire queste opere esclusivamente come "minori" non è prettamente corretto inquanto dipende da tanti fattori che determinano una serie difficoltà a standardizzare e prevedere casistiche specifiche.
In questi casi, si procede interpellando il tribunale che, dopo aver analizzato il caso di specie, potrà dare una defizione appropriata all'opera.

Il caso sotto esame riguarda un titolare di un'attività di ristorazione che per la realizzazione di un pergolato in legno lamellare smontabile, aveva presentato una segnalazione certificata di inizio attività (SCIA). Allo scadere dei lavori però ha chiesto di riformulare il progetto precisando la data in cui la struttura sarebbe stata smontata, sospendendo l'efficacia della SCIA.
Successivamente, alcuni tecnici del Comune, dopo un sopralluogo, hanno inviato un'ordinanza di demolizione, con ripristino dei luoghi e sanzione pecuniaria.
Per il Comune si trattava infatti di "intervento di nuova costruzione" che necessitava non solo del permesso di costruire, ma anche di autorizzazione sismica, trovandosi, il Comune interessato, in una zona a rischio sismico.

Il titolare dell'attività di ristorazione ha fatto ricorso al TAR, lamentando tra le altre cose l'erronea qualificazione dell'opera da parte del Comune.
Il Tribunale Amministrativo Regionale (TAR) ha emesso la sentenza n. 6189 del 16 dicembre 2020 con la quale affronta il ricorso presentato.

Le osservazioni del Comune
I tecnici del Comune che hanno effettuato il sopralluogo, con le dovute misurazioni dell'opera, hanno dichiarato che si tratta di un porticato che necessita di autorizzazione come "nuovo intervento", secondo quanto disposto dal DPR n. 380/2001 (c.d. Testo Unico Edilizia).
Secondo alcuni giudici, il manufatto presenta "caratteristiche intrinseche e modalità costruttive, nonché dimensioni, che ne evidenziano la natura di struttura non leggera, bensì permanente, idonea a determinare un notevole impatto sull'area circostante ed atta a produrre una trasformazione definitiva del territorio".

Queste osservazioni si discostano da quanto dichiarato nella presentazione della SCIA, dove era stato descritto come"un pergolato in legno lamellare smontabile di supporto all’attività lavorativa, una struttura di carattere temporaneo e che non comporta aumento di volume in quanto non presenta alcun tipo di tamponamento laterale e/o frontale e di copertura; difatti, quest’ultima sarà del tipo aperto poiché realizzata con travi in legno trasversali su cui verranno installati, in alcune parti, teli in tessuti sintetici o materiale plastico, in altre parti con cannucciaia o similare".

Inoltre, i giudici precisano la differenza tra pergolato e tettoia:
- il pergolato "ha una funzione ornamentale, è realizzato in una struttura leggera in legno o in altro materiale di minimo peso, deve essere facilmente amovibile in quanto privo di fondamenta e funge da sostegno per piante rampicanti, attraverso le quali realizzare riparo e ombreggiatura di superfici di modeste dimensioni, non necessitando, di regola, del previo rilascio del permesso di costruire";
- la tettoia non è altro che un pergolato coperto superiormente, anche in parte, con una struttura non facilmente amovibile; questo è soggetto al rilascio del permesso di costruire.
Aggiungono infine che si parla di "nuova costruzione" anche quando c'è l'installazione di manufatti leggeri o di strutture che non siano dirette a soddisfare esigenze temporanee (articolo 3 del Testo Unico Edilizia). Bisogna, quindi, dimostrare un uso precario e temporaneo per fini specifici, con limiti temporali di durata e smontaggio.

Ultima contestazione fatta dal Comune riguarda la mancanza di autorizzazione sismica del manufatto che ricade in zona sismica.
"La normativa in materia antisismica è applicabile in ogni caso di esecuzione di lavori edilizi in zona sismica, a prescindere dalla natura degli interventi e dai materiali usati, nonché a prescindere dal carattere pertinenziale del manufatto": questo è quanto dichiarato dai giudici.

In conclusione, nella sentenza viene precisato che "sebbene l'autorizzazione sismica non costituisca il presupposto per il rilascio del permesso di costruire, o per la presentazione della Scia, è pur sempre una condizione di efficacia dello stesso e quindi è necessaria per l'inizio dei lavori".

Il proprietario dell'attività commerciale dovrà quindi demolire il manufatto mentre i giudici hanno annullato la sanzione pecuniaria.

 

A cura di Geom. Lucia Coviello - Edilsocialnetwork

Roof garden, quando è funzionale all'edificio principale?

Roof garden, quando è funzionale all'edificio principale?

Il Tar Sicilia, con la sentenza 2446/2020, spiega quando un roof garden realizzato su lastrico solare è di pertinenza dell'edificio principale e quando è da considerarsi una nuova costruzione, specificando anche di quali permessi necessità.


Il caso in esame coinvolge il proprietario di un albergo, il quale aveva realizzato un roof garden sul lastrico solare autorizzato dalla Soprintendenza. A termine dei lavori, il Comune ha condotto un sopralluogo dove ha rilevato difformità tra la struttura realizzata e quella autorizzata, ordinando dunque la demolizione delle opere.

Il proprietario dell'albergo ha dunque presentato ricordo sostenendo che la struttura realizzata fosse classificata come intervento minore e di pertinenza dell'albergo, poiché di volumetria inferiore al 20% del volume dell'edificio principale. Per tali motivi dunque non ritiene fosse necessario presentare un permesso di costruire, ma che fosse sufficiente una SCIA.

A tale proposito i giudici del Tar hanno ricordato che, come definito dall'articolo 3 del Testo Unico, le pertinenze che comportino un volume fino al 20% del volume dell'edificio principale o che non siano qualificate come nuove costruzioni dagli strumenti urbanistici, non sono soggette al previo rilascio del permesso di costruire. Tuttavia. I giudici rammentano anche che il concetto di pertinenza civilistico e quello urbanistico/edilizio sono da tenere distinti. Infatti gli interventi che, pur risultando secondari a quello principale, se incidono evidentemente sull'assetto edilizio, determinando dunque un aumento del carico urbanistico, sono soggetti a permesso di costruire. Quindi, per essere classificata come pertinenza, non è sufficiente che l’opera sia posta a servizio dell’edificio principale, ma deve essere priva di una autonoma destinazione e utilizzazione.

Nel caso in esame, il roof garden andava ad ospitare un ristorante che poteva essere usato in modo autonomo rispetto all'albergo, facendo decadere dunque la classificazione come pertinenza della struttura principale. Inoltre, essendosi la Soprintendenza espressa su un progetto non corrispondente alla realtà, andava a decadere anche l'effettiva autorizzazione. Per tali motivi i giudici del Tar Sicilia hanno confermato l'ordine di demolizione.

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Nei titoli edilizi prevale il contenuto della relazione tecnica rispetto alla planimetria

Nei titoli edilizi prevale il contenuto della relazione tecnica rispetto alla planimetria

Il Consiglio di Stato ha affermato che in caso di discordanza tra quanto descritto nella relazione tecnica allegata alla domanda di concessione edilizia e quanto rappresentato graficamente nella tavola progettuale, occorre dare prevalenza alla prima.

FATTISPECIE
L’appellato aveva acquistato un locale sottotetto all’interno di un fabbricato sito in Livorno e aveva presentato al Comune domanda di condono edilizio per aver realizzato abusivamente, nell’area del predetto sottotetto, un bagno, un ripostiglio ed un angolo cottura.

I competenti uffici del Comune di Livorno respingevano la richiesta di rilascio di condono edilizio a causa della mancata corrispondenza tra lo stato di fatto relativo all’ultima concessione edilizia sul fabbricato e quello indicato come antecedente all’intervento abusivo.

L’appellato proponeva ricorso avverso il diniego di condono edilizio e impugnava anche la disposta demolizione delle opere abusive. Le censure nei confronti del provvedimento di diniego si concentravano sulla rilevanza attribuita dagli uffici comunali, al fine di negare il rilascio del titolo in sanatoria, all’asserita discrasia tra quanto rappresentato nella relazione tecnica allegata alla domanda di condono e quanto emergeva dall’ultima rilevazione planimetrica disponibile presso gli uffici del Comune, allegata al titolo edilizio in variante.

CONSIDERAZIONI GIURIDICHE
Con riferimento alla discrasia (costituita dalla discordanza tra dato letterale e segno grafico) tra quanto descritto nella relazione tecnica e ciò che era rappresentato graficamente nella tavola progettuale, il TAR riteneva che tale contrasto era superabile per il principio secondo il quale va data preferenza al dato letterale contenuto nella relazione piuttosto che al segno grafico illustrato nel progetto.

Il Consiglio di Stato ha confermato la sentenza del TAR e rilevato che il giudice di primo grado si era limitato, correttamente, a richiamare l’orientamento giurisprudenziale secondo il quale, in caso di discrasia tra il contenuto della relazione tecnica allegata alla domanda di condono e segno grafico presente nel progetto disponibile presso il comune, deve darsi prevalenza al primo.

Con riferimento al processo di formazione del singolo titolo edilizio, la Sent. C. Stato 10/12/2019, n. 8390 ha infatti affermato che il titolo edilizio scaturisce dalla compresenza tanto della descrizione letterale dell'opera, contenuta nel testo della concessione, quanto della sua rappresentazione grafica, ricavabile dalle tavole progettuali.

In caso di discordanza tra quanto descritto nella relazione tecnica allegata alla domanda di concessione edilizia e quanto rappresentato graficamente nella tavola progettuale, occorre dare prevalenza alla prima, in quanto la valenza del dato letterale, ove il medesimo sia formulato in modo chiaro, prevale su quella del segno grafico.

Secondo il Consiglio di Stato, tale conclusione va acquisita sulla base dello stesso principio statuito dalla giurisprudenza amministrativa in tema di discordanza tra parte normativa e parte grafica dei piani urbanistici, che dunque non trova limitazioni di applicazione estensiva al processo di formazione dei titoli edilizi.

 

Fonte: Bollettino Online di Legislazione Tecnica
www.legislazionetecnica.it

Il parere sull’istanza di autorizzazione paesaggistica deve essere adeguatamente motivato

Il parere sull’istanza di autorizzazione paesaggistica deve essere adeguatamente motivato

Il TAR Veneto ha riaffermato che la Sovrintendenza, nell'esprimere un parere negativo relativamente ad una istanza di autorizzazione paesaggistica, non può limitarsi ad esprimere valutazioni apodittiche e stereotipate, ma deve esplicitare i motivi di contrasto tra le opere da autorizzare e le ragioni della tutela.

La ricorrente esercitava attività di ristorazione e preparazione di cibi da asporto in un locale al piano terra, fronte strada, del centro storico di Lazise, che era assoggettato a vincolo paesaggistico. La ricorrente, aveva chiesto al Comune di Lazise autorizzazione paesaggistica per il posizionamento dell’unità esterna di un impianto condizionatore, con pompa di calore, sull’unica facciata esterna del locale, precisamente sotto il soprastante poggiolo del primo piano, a contatto col medesimo. Detta unità aveva dimensioni di cm. 45x85x90 e, nella relazione allegata alla domanda, la ricorrente aveva proposto l’installazione di schermature a fini di mimetizzazione nella parete dell’edificio.

Nonostante il parere favorevole del Comune, la competente Soprintendenza si esprimeva negativamente, ravvisando “negative interferenze con le partiture architettoniche” della facciata dell’edificio, e con “la percezione del delicato contesto sottoposto a tutela paesaggistica, costituito dal centro storico di Lazise”, per cui “l’intervento non è compatibile con i valori espressi dall’ambito paesaggistico vincolato”.

Il TAR Veneto ha ritenuto che la motivazione del parere era carente di motivazione in relazione ad elementi rilevanti che erano stati rappresentati nella domanda, quali le ridotte dimensioni del manufatto, il suo posizionamento a ridosso del soprastante poggiolo del piano primo, e la disponibilità alla installazione di mascheratura e sistemi di mimetizzazione con la parete; tutti elementi potenzialmente idonei ad influenzare un giudizio di compatibilità, che tuttavia è stato formulato senza averli considerati (o almeno senza dare conto di averlo fatto).

Secondo Sent. TAR. Veneto 29/01/2020, n. 108, la motivazione era pure carente per non avere contemplato gli elementi necessari nell’iter logico di qualsiasi giudizio di compatibilità (o meno) paesaggistica. Mancavano infatti:
- la descrizione del manufatto (cioè nella fattispecie sia del condizionatore che dall’edificio e del suo prospetto);
- la descrizione del contesto tutelato in cui esso si colloca;
- la descrizione del rapporto tra l’uno e l’altro, dell’impatto visivo del primo sul secondo; e delle ragioni per cui esso è disarmonico o addirittura intollerabile.

 

Fonte: Bollettino Online di Legislazione Tecnica
www.legislazionetecnica.it