Per la realizzazione di un muro di contenimento è necessario il permesso di costruire

Per la realizzazione di un muro di contenimento è necessario il permesso di costruire

Il Consiglio di Stato ha ribadito che è necessario il permesso di costruire per la realizzazione di un muro di contenimento, in quanto si tratta di un’opera che trasforma in modo durevole l’assetto edilizio del territorio e dunque qualificabile come intervento di nuova costruzione.

FATTISPECIE
La sentenza del TAR Lazio impugnata riguardava il ricorso per l’annullamento dell’ordinanza con la quale si era ingiunto di sospendere i lavori e demolire un muro di contenimento di altezza variabile da mt. 1,50 a mt. 2,50 e lungo mt. 8 circa, interessante una superficie di mq. 16, eretto abusivamente in zona “Centro storico”, in San Felice Circeo; zona soggetta a vincolo panoramico e paesaggistico e nella quale il P.R.G. consentiva solo il risanamento igienico ed il restauro conservativo e non anche la realizzazione di nuove opere, comportanti la trasformazione dello stato dei luoghi.

L’appellante sosteneva che l’opera, consistente in un muro di contenimento che si sarebbe reso necessario nel corso di lavori di manutenzione della fossa settica della sua abitazione, sarebbe stata prettamente funzionale alla costruzione principale e, per la sua natura di opera pertinenziale, non avrebbe necessitato del permesso di costruire.

CONSIDERAZIONI GIURIDICHE
Il TAR aveva osservato che il muro realizzato non poteva essere qualificato come un intervento di risanamento igienico né di restauro conservativo di volumi esistenti e, per altro verso, che la edificazione di un muro di contenimento costituisce un’opera di carattere permanente che richiede la concessione edilizia, incidendo in modo permanente e non precario sull’assetto edilizio del territorio.

Secondo la Sent. C. Stato 09/01/2020, n. 212 la sentenza appellata è conforme alla consolidata giurisprudenza in materia, sia amministrativa che penale, che ha espresso i seguenti principi:
- il muro di cinta o di contenimento è struttura che - differenziandosi dalla semplice recinzione, la quale ha caratteristiche tipologiche di minima entità al fine della mera delimitazione della proprietà - non ha natura pertinenziale, in quanto opera dotata di specificità ed autonomia soprattutto in relazione alla funzione assolta, consistente nel sostenere il terreno al fine di evitarne movimenti franosi in caso di dislivello, originario o incrementato;
- il concetto di nuova costruzione è comprensivo di qualunque manufatto autonomo ovvero modificativo di altro preesistente, che sia stabilmente infisso al suolo o ai muri di quella preesistente, ma comunque capace di trasformare in modo durevole l’area coperta, ovvero ancora delle opere di qualsiasi genere con cui si operi nel suolo e sul suolo, se idonee a modificare lo stato dei luoghi;
- in materia edilizia, è necessario il permesso di costruire per la realizzazione di un muro di contenimento, in quanto si tratta di un manufatto che si eleva al di sopra del suolo ed è destinato a trasformare durevolmente l’area impegnata, come tale qualificabile intervento di nuova costruzione.

 

 

Fonte: Bollettino Online di Legislazione Tecnica
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Ammissibilità degli interventi di eliminazione di barriere architettoniche su beni vincolati

Ammissibilità degli interventi di eliminazione di barriere architettoniche su beni vincolati

Il Consiglio di Stato ha chiarito che gli interventi volti ad eliminare le barriere architettoniche si possono effettuare anche sugli immobili vincolati e la relativa autorizzazione può essere negata solo in casi eccezionali ed adeguatamente motivati.

FATTISPECIE
Nel caso di specie, l’amministratore del Condominio di uno stabile aveva inoltrato al Sindaco la domanda di rilascio dell’autorizzazione edilizia per la costruzione alla quota di 7,95 metri di un ballatoio in struttura metallica di smonto all’impianto dell’ascensore, da realizzarsi in corrispondenza del secondo piano dello stabile medesimo e la cui autorizzazione all’installazione era stata contestualmente richiesta.

Nell’istanza si precisava che la realizzazione dell’anzidetto ballatoio risultava indispensabile per il superamento della rampa di scale da parte di una condomina, la quale, essendo portatrice di handicap, aveva chiesto la realizzazione delle opere previste dalla L. 09/01/1989, n. 13, recante Disposizioni per favorire il superamento e l'eliminazione delle barriere architettoniche negli edifici privati.

Essendo lo stabile vincolato, venne acquisito il parere della Commissione edilizia comunale integrata, che espresse parere favorevole all’installazione dell’ascensore ma contrario alla realizzazione del predetto ballatoio, suggerendo di superare la barriera architettonica costituita dalla rampa di scale mediante l’installazione di un apposito mezzo meccanico dedicato ai portatori di handicap. Tale parere della Commissione venne confermato dalla Soprintendenza per i Beni architettonici e ambientali di Napoli.

L’autorizzazione edilizia comunale, relativa alla sola installazione dell’ascensore e recante l’esplicita prescrizione di non realizzare anche il predetto ballatoio, non venne impugnata nella parte recante tale divieto, il quale venne peraltro violato mediante la realizzazione del manufatto.

Il condominio chiese quindi il rilascio di un’autorizzazione edilizia in sanatoria per la realizzazione del ballatoio predetto e con ulteriore istanza integrò la pratica edilizia in corso con la richiesta di installare a quota 13,26 metri un ulteriore ballatoio per le necessità di altro condomino portatore di handicap.

La Commissione edilizia comunale integrata si espresse in senso negativo sulle due richieste, richiamandosi anche al proprio precedente parere.

PRINCIPI DI DIRITTO
In punto di diritto, la Sent. C. Stato 14/01/2020, n. 355 ha precisato che:
- la speciale disciplina di favore contenuta nella L. 09/01/1989, n. 13, si applica anche a beneficio di persone anziane le quali, pur non essendo portatrici di disabilità vere e proprie, soffrano comunque di disagi fisici e di difficoltà motorie;
- ai sensi di tale legge, infatti, i problemi delle persone affette da una qualche specie invalidità devono essere assunti dall’intera collettività e viene imposto in via generale che nella costruzione di edifici privati e nella ristrutturazione di quelli preesistenti le barriere architettoniche siano eliminate indipendentemente dalla effettiva utilizzazione degli edifici stessi da parte di persone disabili;
- secondo l’art. 4, della L. 09/01/1989, n. 13, gli interventi volti ad eliminare le barriere architettoniche, ovvero quelli volti a migliorare le condizioni di vita delle persone svantaggiate, si possono effettuare anche su beni sottoposti a vincolo come beni culturali, e la relativa autorizzazione può essere negata solo ove non sia possibile realizzare le opere senza serio pregiudizio del bene tutelato;
- il diniego deve essere motivato con la specificazione della natura e della serietà del pregiudizio, della sua rilevanza in rapporto al complesso in cui l’opera si colloca e con riferimento a tutte le alternative eventualmente prospettate dall'interessato;
- l’interesse alla protezione della persona svantaggiata può soccombere di fronte alla tutela del patrimonio artistico soltanto in casi eccezionali.

CONCLUSIONI
Il Consiglio di Stato, in conformità con le statuizioni del TAR, ha dunque ritenuto che il sopradescritto e alquanto rigoroso onere motivazionale non è stato adempiuto, posto che: la Commissione edilizia integrata si era limitata ad affermare nel parere, in via del tutto generica, che mediante la realizzazione dei due ballatoi “si configurerebbe un’ulteriore alterazione della facciata laterale dello stabile”; nel precedente parere, la stessa Commissione aveva espresso parere negativo senza peraltro esprimersi in ordine all’asserito pregiudizio per l’estetica della facciata dello stabile, limitandosi unicamente a prospettare la soluzione alternativa dell’installazione di un “opportuno mezzo meccanico posto all’interno”; in modo ancor più breviloquente la Soprintendenza per i Beni architettonici e artistici di Napoli, nella propria nota aveva aderito alla già di per sé carente motivazione espressa dalla Commissione edilizia integrata limitandosi ad affermare che la stessa era comunque congruente rispetto ad una “migliore tutela del sito”.
Puntualmente dunque il giudice di primo grado aveva colto l’intrinseco difetto motivazionale di tutti e tre tali atti rispetto al precetto di legge, posto che in nessuno di essi è stato enunciato un qualsivoglia riferimento a quanto esplicitamente e puntualmente chiesto dalla disposizione di legge.

Tali innegabili carenze dispiegano i propri effetti vizianti sul provvedimento di diniego dell’accertamento di conformità e quindi sulla susseguente ingiunzione a demolire emanata dallo stesso Comune, che risulta pertanto illegittima.

 

 

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Diritto all’abitazione, ordine di demolizione e abuso per necessità

Diritto all’abitazione, ordine di demolizione e abuso per necessità

La Corte di Cassazione, sez. pen., con la sentenza 13/01/2020, n. 844, fornisce un interessante riepilogo degli orientamenti giurisprudenziali sul c.d. abuso per necessità, dai quali emerge che il diritto all'abitazione è comunque subordinato al rispetto della normativa urbanistica nazionale.

FATTISPECIE
Nella fattispecie il ricorrente si opponeva all’ordine di demolizione di una parte di un immobile nel quale vivevano due famiglie, adducendo l'indisponibilità di un altro diverso alloggio nonché delle necessarie risorse economiche per garantirsi un'altra abitazione. Il ricorrente, invocando l’art. 8 della Convenzione dei diritti dell’uomo (riguardante il diritto al rispetto della vita privata e familiare e alla casa), sosteneva che la demolizione avrebbe violato il diritto alla tutela dell’abitazione in quanto, riguardando la parte più consistente dell’immobile, avrebbe privato di fatto le persone che vi abitavano del diritto di disporre di un’abitazione rispondente alle condizioni minime di tutela della dignità umana.

ORIENTAMENTI SUL DIRITTO ALL’ABITAZIONE
Al riguardo la Corte di Cassazione, con la sentenza 844/2020, ha richiamato gli orientamenti sul tema sviluppati dalla Corte europea dei diritti dell’uomo (CEDU) e dalla giurisprudenza italiana, secondo i quali l'interesse dell'ordinamento nazionale è quello di abbattere l'immobile abusivamente realizzato, ripristinando l'ordine giuridico violato e garantendo il rispetto delle disposizioni urbanistiche applicabili. La demolizione quindi configurerebbe una legittima sanzione ripristinatoria, e l'interesse con essa perseguito deve ritenersi prevalente sul diritto all’abitazione dell'immobile abusivamente realizzato.

La giurisprudenza ha escluso inoltre che la demolizione dell'opera abusiva possa legittimamente avvenire solo ove il condannato abbia a disposizione un alloggio alternativo, ovvero qualora a ciò abbia provveduto lo Stato, non potendosi riconoscere un diritto assoluto all'inviolabilità del domicilio e, dunque, dell'abitazione, tale da precludere l'esecuzione dell'ordine di demolizione dell'opera abusiva.

Ciò che invece è stato ritenuto indefettibile dai giudici europei è una valutazione, caso per caso, finalizzata al bilanciamento del diritto del singolo alla tutela dell'abitazione e dell'interesse dello Stato ad impedire l'esecuzione di interventi edilizi in assenza di un regolare titolo abilitativo, ossia in altri termini gli interessi tutelati mediante la concreta applicazione della normativa in materia edilizia e territorio.
Ne consegue che l'eventuale violazione dell'art. 8 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo, va verificata sotto il profilo della proporzionalità dell’ordine di demolizione rispetto alle condizioni personali e familiari dei destinatari della sanzione.

CONCLUSIONI
Alla luce dei suesposti orientamenti, la Corte ha affermato che:
- l'esecuzione dell'ordine di demolizione di un immobile abusivo non contrasta con il diritto al rispetto della vita privata e familiare e del domicilio di cui all'art. 8 della Convenzione dei diritti dell’uomo (CEDU);
- il diritto all'abitazione non può essere qualificato come assoluto, dovendo lo stesso essere comparato con l'interesse della collettività all'effettiva applicazione della normativa in materia edilizia;
- l'ordine di demolizione non costituisce una sanzione penale, bensì una misura funzionalmente diretta al ripristino dello status quo ante, la cui non esecuzione è limitata ad ipotesi specificamente individuate dal legislatore (come la c.d. fiscalizzazione ex art. 34, D.P.R. 380/2001);
- nel caso di specie la demolizione ordinata non poteva essere considerata sproporzionata rispetto all'interesse del singolo, tenuto conto che la stessa riguardava unicamente una porzione dell'opera (ossia un suo ampliamento) e non l'immobile nella sua interezza.

FISCALIZZAZIONE DELL’ABUSO EDILIZIO
Infine, secondo i giudici, al caso di specie non era neppure applicabile l’art. 34, D.P.R. 380/2001 (che prevede la possibilità di sostituire la rimozione della porzione abusiva dell'immobile con una sanzione pecuniaria nel caso in cui la demolizione non possa avvenire senza pregiudizio per la restante parte), in quanto:
- il consulente tecnico non aveva fornito dati scientificamente attendibili idonei a dimostrare l’effettiva incidenza della demolizione parziale sull’intero immobile;
- l’opera abusiva realizzata non risultava solo difforme parzialmente dal titolo abilitativo, ma difettava totalmente del necessario permesso di costruire.

Al riguardo è stato infatti precisato che la disciplina prevista dall'art. 34, comma 2, D.P.R. 06/06/2001, n. 380 (cosiddetta procedura di fiscalizzazione dell'illecito edilizio) trova applicazione, in via esclusiva, per gli interventi eseguiti in parziale difformità dal permesso di costruire e non equivale ad una "sanatoria" dell'abuso edilizio, in quanto non integra una regolarizzazione dell'illecito, né autorizza il completamento delle opere realizzate, venendo le parti abusive tollerate, nello stato in cui si trovano, solo in funzione di conservazione di quelle realizzate legittimamente.

 

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Diligenza professionale, colpa e colpa grave: quali errori sono coperti da una polizza RC professionale

Diligenza professionale, colpa e colpa grave: quali errori sono coperti da una polizza RC professionale

Breve approfondimento sui concetti di “diligenza”, “colpa” e “colpa grave” nello svolgimento dell’attività dei professionisti, finalizzato a chiarire quali fattispecie di errore possono essere coperti da una polizza di RC professionale, con rimandi a sentenze di Cassazione.

Abbiamo introdotto in precedenti contributi il tema dell’assicurazione professionale, parlando in particolare di quando i professionisti siano obbligati a stipularne una e delle conseguenze in caso di mancanza (si vedano: L’assicurazione RC professionale, ratio dell’obbligo e conseguenze della mancanza e Quando è obbligatorio attivare la polizza RC professionale).

Ritorniamo sul tema dell’assicurazione professionale per fornire alcune indicazioni in merito a quali siano gli “errori” professionali che possono essere oggetto di risarcimento, con riguardo alla c.d. “diligenza” del professionista ed ai concetti di “colpa”, “colpa grave” e “dolo”.

LA “DILIGENZA” DEL PROFESSIONISTA - Sia il Codice civile che i Codici deontologici delle varie categorie impongono al professionista di svolgere il proprio lavoro con “diligenza”. Questo concetto, già non facile da concretizzare e delimitare, si declina tuttavia in maniera diversa, nel rapporto tra cliente e professionista, rispetto ad un normale rapporto di obbligazione tra privati.
Infatti, se di norma l’ordinamento giuridico richiede di usare la diligenza “del buon padre di famiglia” (art. 1176 del Codice civile, comma 1) - da intendersi come la cura volenterosa e scrupolosa mediamente richiesta per l’esecuzione di un’obbligazione - nel caso del professionista, in virtù delle speciali conoscenze e competenze tecniche che gli si richiedono, la diligenza diventa “professionale”, detta anche “specifica” oppure “diligentia quam in concreto” perché riferita ad un’attività specifica e ben individuata.
In altri termini, possiamo dire che, per il professionista, la diligenza si declina in termini di utilizzo di “perizia”, intesa quest’ultima come il complesso di cognizioni tecniche e professionali acquisite con lo studio e l’esperienza ed espresse dal livello medio della categoria d’appartenenza, tali da consentire di eseguire la prestazione secondo la c.d. “regola dell’arte”.

L’ELEMENTO SOGGETTIVO DELLA COLPA NELL’ERRORE PROFESSIONALE - Pertanto, nel caso del professionista, è in base al suddetto concetto di diligenza professionale che occorrerà valutare se un eventuale errore professionale sia commesso con “colpa” (negligenza, imprudenza, imperizia) o “colpa grave” (grossolana mancanza di diligenza, con evidente scostamento dalle regole di prudenza e perizia che il caso concreto avrebbe richiesto di osservare).
Nell’ambito di una polizza di assicurazione per RC professionale:
- i danni derivanti da “colpa” del professionista sono risarcibili;
- i danni derivanti da “colpa grave” sono anch’essi risarcibili, e possono rimanere esclusi soltanto in presenza di espresse clausole limitative del rischio.
È ovvio che i danni derivanti da “dolo” (intenzionalità di causare il danno) non sono risarcibili.

Alla luce di quanto sopra, il professionista risponde del danno solamente qualora non abbia usato - con colpa o colpa grave - la diligenza richiesta per l’esecuzione dell’attività specifica (con onere probatorio a carico del richiedente il risarcimento), mentre l’inadempimento non è imputabile quando il professionista dimostri il diligente impegno.
Peraltro, ai sensi dell’art. 2236 del Codice civile, se la prestazione implica la soluzione di problemi tecnici di “speciale difficoltà” (anche questi da intendere ovviamente in relazione alla “perizia” del professionista), il prestatore d’opera risponde dei danni solo in caso di dolo o di colpa grave.

A proposito del fatto che di norma la polizza deve coprire anche le fattispecie di colpa grave, si segnala Cass. 25/09/2019, n. 23948, secondo cui - nell’assicurazione della responsabilità civile - fondamento dell’obbligazione di risarcire il danno, a norma dell’art. 1917 del Codice civile, comma 1, è l’imputabilità del fatto dannoso a titolo di colpa, anche grave, mentre sono esclusi dalla garanzia assicurativa unicamente i danni derivanti da fatti dolosi dell’assicurato (contrariamente a quanto accade invece nell’assicurazione per danni, nella quale sono normalmente esclusi dalla garanzia i fatti addebitabili per colpa grave).
Anche secondo Cass. 26/07/2019, n. 20305, l’assicurazione della responsabilità civile, per la sua stessa denominazione e natura, importa necessariamente l’estensione anche a fatti colposi, con la sola eccezione di quelli dolosi.

 

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L'agibilità degli edifici richiede anche la conformità edilizia e urbanistica

L'agibilità degli edifici richiede anche la conformità edilizia e urbanistica

Secondo il TAR, non si può considerare agibile un immobile che sia in contrasto con gli strumenti urbanistici o con il titolo edilizio. Anche in caso di segnalazione certificata, permane la possibilità che un immobile sia dichiarato inagibile.

Nel caso esaminato dal TAR Campania-Salerno 03/12/2019, n. 2138, il ricorrente impugnava il provvedimento con il quale il Comune aveva negato il rilascio del certificato di agibilità di un albergo perché alcune parti - per le quali era in corso un procedimento di sanatoria - non risultavano in regola con le norme urbanistiche ed edilizie. La vicenda si svolgeva nella vigenza dell’art. 25 del D.P.R. 380/2001, ora abrogato dal D. Leg.vo 222/2016 che ha sostituito il certificato di agibilità con la segnalazione certificata di agibilità (vedi La certificazione di agibilità degli edifici).
Il ricorrente sosteneva che l’accertamento di agibilità è volto ad una verifica tecnica, come tale del tutto estranea al procedimento amministrativo di sanatoria ancora pendente per alcuni locali oggetto della richiesta. Inoltre, adduceva la formazione del silenzio assenso ai sensi del comma 4 dell’art. 25 del D.P.R. 380/2001, in quanto il provvedimento di diniego era pervenuto oltre il termine previsto dal citato art. 25.

Il TAR, nel respingere il ricorso, ha in primo luogo affermato che il certificato di agibilità può riguardare esclusivamente le sole opere legittime ab origine o per intervenuta sanatoria. La presenza di consistenze ancora non assentite, né legittimate da specifici titoli edilizi e urbanistici rendeva dunque impossibile da parte dell’amministrazione l’accoglimento della richiesta del certificato di agibilità, e ciò anche in pendenza di un procedimento di sanatoria.

In altri termini, l’agibilità può essere negata non solo in caso di mancanza delle condizioni igieniche, ma anche in caso di contrasto con gli strumenti urbanistici o con il titolo edilizio.
Tale interpretazione è in linea con la prevalente giurisprudenza (si veda ad esempio TAR Lombardia 10/02/2010, n. 332), basata in particolare sull’art. 25 del D.P.R. 380/2001, comma 1, secondo il quale la domanda di agibilità deve essere corredata, fra l’altro, da una dichiarazione del richiedente di conformità dell’opera rispetto al progetto approvato (l’art. 25 del D.P.R. 380/2001, vigente al momento della pronuncia in commento, è stato ora abrogato, ma la formulazione sopra indicata è riportata in modo pressoché identico nell’art. 24 del D.P.R. 380/2001 medesimo).
Del resto appare assurdo, si legge nella sentenza, che il Comune rilasci l’agibilità a fronte di un’opera magari palesemente abusiva e destinata quindi con certezza alla demolizione, apparendo tale comportamento dell’amministrazione contraddittorio rispetto al perseguimento del pubblico interesse.

Quanto sopra si può affermare - come nella fattispecie esaminata dalla sentenza - anche ove fosse pendente un procedimento di sanatoria edilizia.

In secondo luogo, secondo i giudici, la mancanza del presupposto della legittimità urbanistico-edilizia dell’immobile esclude la possibilità di ritenere formato il silenzio assenso sull’istanza di agibilità di cui all’art. 25 del D.P.R. 380/2001, comma 4. Ed infatti le ipotesi di silenzio assenso, vale a dire di provvedimento implicito favorevole su un’istanza di parte, non si sottraggono alla precondizione della sussistenza di tutti i presupposti perché possa essere emanato un provvedimento favorevole espresso (diversamente si potrebbe arrivare a ritenere agibile in via di silenzio assenso un immobile cui l’agibilità sarebbe negata in caso di procedimento espresso).
Tale affermazione conserva la sua valenza anche nella vigenza della nuova disciplina dettata dal D. Leg.vo 222/2016 che ha modificato il Testo unico dell’edilizia prevedendo in luogo del rilascio del certificato di agibilità la presentazione di una segnalazione certificata da parte dell’interessato. Infatti, ai sensi dell’art. 26 del D.P.R. 380/2001, la presentazione della segnalazione certificata di agibilità non impedisce l’esercizio del potere di dichiarazione di inagibilità di un edificio o parte di esso ai sensi dell’art. 222 del R.D. 27/07/1934, n. 1265.

 

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RTI: esclusione dalla gara per DURC negativo del mandante

RTI: esclusione dalla gara per DURC negativo del mandante

Secondo il TAR Calabria 665/2019, il mandante di un raggruppamento temporaneo di imprese che abbia perso il requisito della regolarità contributiva in corso di gara non può essere sostituito.

NORME DI RIFERIMENTO
Il Decreto correttivo (D. Leg.vo 56/2017) del Codice dei contratti pubblici ha modificato l’art. 48, comma 18, D. Leg.vo 50/2016 inserendo la possibilità di sostituire un mandante in caso di perdita, in corso di esecuzione del contratto, dei requisiti di cui all'art. 80, D. Leg.vo 50/2016. Il comma 19-ter del medesimo articolo, aggiunto pure dal Correttivo, ha stabilito che “le previsioni di cui ai commi 17, 18 e 19 trovano applicazione anche laddove le modifiche soggettive ivi contemplate si verifichino in fase di gara”. Il combinato disposto di tali norme è stato interpretato dal TAR con riferimento alla perdita del requisito della regolarità contributiva da parte del mandante di un RTI in corso di gara.

FATTISPECIE
Nel caso di specie la ricorrente impugnava l’esclusione dalla gara del RTI ritenendo che, in applicazione dell’art. 48, comma 19-ter, D. Leg.vo 50/2016, doveva essere accolta l’istanza di sostituzione della ditta mandante che in sede di verifica del DURC non era risultata regolare. In particolare sosteneva che se una mandante perde i requisiti di cui all’art. 80, D. Leg.vo 50/2016, non solo in corso di esecuzione (come indicato dal comma 18 dell’art. 48 citato), ma anche in fase di gara, in base al predetto comma 19-ter può essere sostituita da un altro operatore.

CONSIDERAZIONI DEL TAR
Al proposito i giudici hanno ribadito la tesi sostenuta dalla giurisprudenza precedente e dall’ANAC secondo la quale tali disposizioni consentono la sostituzione del mandante nei soli casi di “modifiche soggettive” (per le società, fallimento, liquidazione coatta amministrativa, amministrazione controllata, amministrazione straordinaria, concordato preventivo ovvero procedura di insolvenza concorsuale o di liquidazione di uno dei mandanti e, nei casi di imprenditore individuale, morte, interdizione, inabilitazione o fallimento), previste dal comma 18, e non anche nell’ipotesi di perdita dei requisiti di cui al citato art. 80 in corso di gara, pure prevista dal medesimo comma 18 come causa di sostituzione della mandante ma nella (sola) fase esecutiva.

Il comma 18 è stato, infatti, modificato dal D. Leg.vo 56/2017, con l’espressa, eccezionale, ma limitata previsione della possibilità di sostituzione esclusivamente nella fase dell'esecuzione contrattuale, in quanto, in tale fase, la sostituzione risponde alla necessità di perseguire il preminente interesse pubblico alla prosecuzione dell'esecuzione dell'appalto. Secondo il TAR sarebbe, dunque, illogico che l’estensione “alla fase di gara” di cui al comma 19-ter, introdotto dallo stesso Decreto correttivo, vada a neutralizzare la specifica e coeva modifica del comma 18.

CONCLUSIONI
Ne consegue che la mancanza del requisito di cui all’art. 80, comma 4, D. Leg.vo 50/2016, in riferimento all’accertata irregolarità contributiva della mandante, non poteva essere “sanata” con la sostituzione della stessa. Pertanto il TAR ha rigettato il ricorso confermando l'esclusione dalla gara del RTI.

 

 

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URSA ti aspetta al KLIMAHOUSE 2020

URSA ti aspetta al KLIMAHOUSE 2020

URSA Italia è lieta di invitarvi al KLIMAHOUSE, la fiera di riferimento a livello nazionale per il risparmio energetico in edilizia.

Vi accoglieremo presso il Padiglione AB stand A05/22 con le più innovative soluzioni di isolamento sostenibile.

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Il massimo rapporto tra sostenibilità e tecnologia in termini prestazionali: resistenza a compressione; isolamento termico e isolamento acustico.

Anche quest'anno inoltre l'impegno di URSA sulla sostenibilità non si ferma qui: di fronte all'ingresso principale, e per il terzo anno consecutivo, ritroverete ISOLA URSA, il progetto culturale volto a promuovere la sostenibilità ambientale, verso i professionisti del settore e soprattutto verso le nuove generazioni.

URSA ti aspetta al KLIMAHOUSE 2020
KLIMAHOUSE, 22 - 25 Gennaio
Padiglione AB stand A05/22

FRCM: Linea guida per progetto ed esecuzione interventi di consolidamento strutturale

FRCM: Linea guida per progetto ed esecuzione interventi di consolidamento strutturale

Il Consiglio superiore dei lavori pubblici ha rilasciato la Linea guida per la progettazione, l’esecuzione e la manutenzione di interventi di consolidamento strutturale mediante l’utilizzo di sistemi di rinforzo FRCM.

Con D. Cons. Sup. LL.PP. 03/12/2019, n. 627, il Consiglio superiore dei lavori pubblici ha approvato la la Linea guida per la progettazione, l’esecuzione e la manutenzione di interventi di consolidamento strutturale mediante l’utilizzo di sistemi di rinforzo FRCM.

La Linea guida fornisce principi e regole di applicazione per la progettazione, la verifica, il collaudo e la manutenzione di interventi di rinforzo strutturale con materiali compositi fibrorinforzati a matrice inorganica - FRCM (Fiber Reinforced Cementitious Matrix). Tali materiali sono utilizzati per il miglioramento delle prestazioni strutturali di costruzioni esistenti, sia in muratura, che in calcestruzzo armato.
La Linea guida tratta in particolare le regole di progetto relative alle principali applicazioni strutturali, per le quali sono disponibili in letteratura modelli di calcolo ampiamente condivisi dalla comunità tecnica e scientifica, sia a livello nazionale che internazionale, sottolineando invece che applicazioni diverse devono essere necessariamente suffragate da approfondite indagini preliminari in laboratorio su elementi strutturali in scala reale e da verifiche di tipo numerico.

Si rinvia al D. Cons. Sup. LL.PP. 08/01/2019, n. 1, per gli aspetti legati alla identificazione, qualificazione e accettazione in cantiere, nonché per gli aspetti connessi alla durabilità, trasporto, stoccaggio, movimentazione, utilizzo, nonché ed ai manuali di installazione dei sistemi, obbligatori per questi materiali.
Si ricorda in particolare che tale decreto prevede un periodo transitorio, in base al quale è consentito fino al 08/01/2021 continuare a fare riferimento a quanto disposto in merito al punto 8.6 delle Norme tecniche per le costruzioni (NTC 2018) di cui al D.M. 17/01/2018, per quanto concerne l’impiego di FRCM nel consolidamento di costruzioni esistenti.

 

 

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Messa in sicurezza di edifici e territorio: richieste di contributi entro il 15 gennaio 2020

Messa in sicurezza di edifici e territorio: richieste di contributi entro il 15 gennaio 2020

Entro il 15/01/2020 gli enti locali possono presentare la richiesta di attribuzione di un contributo a copertura della spesa di progettazione definitiva ed esecutiva, relativa ad interventi di messa in sicurezza del territorio a rischio idrogeologico, di messa in sicurezza ed efficientamento energetico delle scuole, degli edifici pubblici e del patrimonio comunale, nonché per investimenti di messa in sicurezza di strade.

L’art. 1, comma 51, della Legge di bilancio 2020 (L. 27/12/2019, n. 160), prevede l'assegnazione di contributi agli enti locali al fine di favorire gli investimenti per spesa di progettazione definitiva ed esecutiva, relativa ad interventi di messa in sicurezza del territorio a rischio idrogeologico, di messa in sicurezza ed efficientamento energetico delle scuole, degli edifici pubblici e del patrimonio comunale, nonché per investimenti di messa in sicurezza di strade.

I contributi ammontano a 85 milioni di euro per l’anno 2020, 128 milioni di euro per l’anno 2021, 170 milioni di euro per l’anno 2022 e 200 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2023 al 2034.

Ai sensi del comma 52, dell'art. 1, della Legge di bilancio 2020, gli enti locali devono comunicare le richieste di contributo (fino ad un massimo di 3 richieste per la stessa annualità) al Ministero dell’interno, entro il termine perentorio del 15 gennaio dell’esercizio di riferimento del contributo.
La richiesta deve contenere:
- le informazioni riferite al livello progettuale per il quale si chiede il contributo e il codice unico di progetto (CUP) valido dell’opera che si intende realizzare;
- le informazioni necessarie per permettere il monitoraggio complessivo degli interventi.

L’ammontare del contributo attribuito a ciascun ente locale è determinato entro il 28 febbraio dell’esercizio di riferimento tenendo conto del seguente ordine prioritario:
- messa in sicurezza del territorio a rischio idrogeologico;
- messa in sicurezza di strade, ponti e viadotti;
- messa in sicurezza ed efficientamento energetico degli edifici, con precedenza per gli edifici scolastici, e di altre strutture di proprietà dell’ente.

Il Decreto del Ministero dell’interno del 31/12/2019, pubblicato nella G.U. del 07/01/2020, n. 4, approva la modalità di certificazione per l’assegnazione, nell’anno 2020, del contributo agli enti locali per la copertura della spesa di progettazione definitiva ed esecutiva, relativa ai suddetti interventi di messa in sicurezza.
In particolare, il Decreto specifica che i comuni, le province, le città metropolitane, le comunità montane, le comunità isolane e le unioni di comuni, possono presentare la domanda relativa all’attribuzione dei contributi per l’anno 2020, tramite la modalità di certificazione approvata, presente nell’area riservata del Sistema certificazioni enti locali e accessibile dal sito web https://dait.interno.gov.it/finanza-locale/area-certificati.

Gli enti locali devono presentare telematicamente la richiesta di contributo, munita di firma digitale, entro il termine perentorio delle ore 24,00 del 15 gennaio 2020.

 

 

Fonte: Bollettino Online di Legislazione Tecnica
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Veneto: prorogato al 30/09/2020 il termine per l'adeguamento al Regolamento Edilizio Tipo

Veneto: prorogato al 30/09/2020 il termine per l'adeguamento al Regolamento Edilizio Tipo

È stata pubblicata sul BURV 27/12/2019, n. 150 la L.R. Veneto 49/2019 che ha prorogato al 30/09/2020 il termine per l'adeguamento dei Comuni alle disposizioni sul contenimento del consumo di suolo e al Regolamento Edilizio Tipo (RET).

La L.R. Veneto 23/12/2019, n. 49, in vigore dal 28/12/2019, modificando l’articolo 17, comma 7 della L.R. Veneto 04/04/2019, n. 14, ha prorogato dal 31/12/2019 al 30/09/2020 i termini per l’adeguamento, da parte dei Comuni, alle disposizioni sul contenimento del consumo di suolo, di cui alla L.R. Veneto 06/06/2017, n. 14, e per l'adeguamento dei regolamenti edilizi, ai sensi dell'articolo 2, comma 4 del D.P.R. 06/06/2001, n. 380 (Testo Unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia), allo schema di Regolamento Edilizio Tipo e relativi allegati approvati con l'Int. Conf. Unificata 20/10/2016, n. 125/CU.

Si ricorda, infatti, che il termine per l’adeguamento dei regolamenti edilizi comunali al Regolamento Edilizio Tipo, inizialmente fissato al 21/05/2018 ai sensi di quanto stabilito con la Delib. G.R. Veneto 22/11/2017, n. 1896, era stato poi rideterminato al 31/12/2019 dall'articolo 17 comma 7 della L.R. Veneto 04/04/2019, n. 14.

La modifica normativa approvata con l'articolo 1 della L.R. Veneto 49/2019, che ha disposto la proroga dei suddetti termini, si è resa necessaria a seguito delle numerose segnalazioni da parte dei Comuni di alcune criticità relative principalmente, per quanto riguarda il contenimento del consumo di suolo, alla corretta identificazione e perimetrazione degli ambiti di urbanizzazione consolidata e, per quanto concerne il RET, alle ricadute delle definizioni uniformi sugli strumenti della pianificazione urbanistica con riferimento all’invarianza delle previsioni dimensionali degli stessi.

 

 

Fonte: Bollettino Online di Legislazione Tecnica
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Fondi per rigenerazione urbana, sviluppo sostenibile e infrastrutturale e reti ciclabili

Fondi per rigenerazione urbana, sviluppo sostenibile e infrastrutturale e reti ciclabili

La Legge di bilancio 2020 prevede lo stanziamento di risorse per i comuni finalizzati ad investimenti in progetti di rigenerazione urbana, di sviluppo sostenibile e infrastrutturale e di sviluppo delle reti ciclabili urbane.

La Legge di bilancio 2020 - L. 27/12/2019, n. 160, pubblicata nella G.U. del 30/12/2019, n. 304 ed in vigore dal 01/01/2020 - prevede l’assegnazione ai comuni, per ciascuno degli anni dal 2021 al 2034, di contributi per investimenti in progetti di rigenerazione urbana, volti alla riduzione di fenomeni di marginalizzazione e degrado sociale, nonché al miglioramento della qualità del decoro urbano e del tessuto sociale ed ambientale, nel limite complessivo di 150 milioni di euro per l'anno 2021, di 250 milioni di euro per l'anno 2022, di 550 milioni di euro per ciascuno degli anni 2023 e 2024 e di 700 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2025 al 2034.
Con successivo decreto saranno individuati i criteri e le modalità di riparto, nonché le modalità di recupero ed eventuale riassegnazione delle somme non utilizzate.

Inoltre, nello stato di previsione del Ministero dell'interno è istituito un fondo per investimenti a favore dei comuni, con una dotazione di 400 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2025 al 2034. Il fondo è destinato al rilancio degli investimenti per lo sviluppo sostenibile e infrastrutturale del Paese, in particolare nei settori di spesa dell'edilizia pubblica, inclusi manutenzione e sicurezza ed efficientamento energetico, della manutenzione della rete viaria, del dissesto idrogeologico, della prevenzione del rischio sismico e della valorizzazione dei beni culturali e ambientali.
Con uno o più decreti del Presidente del Consiglio dei ministri saranno individuati i criteri di riparto e le modalità di utilizzo delle risorse, nonché le modalità di recupero ed eventuale riassegnazione delle somme non utilizzate.

Allo scopo di cofinanziare interventi finalizzati alla promozione e al potenziamento di percorsi di collegamento urbano destinati alla mobilità ciclistica, è istituito poi, nello stato di previsione del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, il Fondo per lo sviluppo delle reti ciclabili urbane, con una dotazione di 50 milioni di euro per ciascuno degli anni 2022, 2023 e 2024. Il Fondo finanzia il 50% del costo complessivo degli interventi di realizzazione di nuove piste ciclabili urbane posti in essere da comuni ed unioni di comuni.
Con successivo decreto saranno definite le modalità di erogazione ai comuni e alle unioni di comuni delle risorse del Fondo, nonché le modalità di verifica e controllo dell'effettivo utilizzo da parte dei comuni e delle unioni di comuni delle risorse erogate. I comuni e le unioni di comuni, all'atto della richiesta di accesso al Fondo, devono comunque dimostrare di aver approvato in via definitiva strumenti di pianificazione dai quali si evinca la volontà dell'ente di procedere allo sviluppo strategico della rete ciclabile urbana.

 

 

Fonte: Bollettino Online di Legislazione Tecnica
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Decreto Fiscale convertito in legge: ritenute e compensazioni in appalti e subappalti

Decreto Fiscale convertito in legge: ritenute e compensazioni in appalti e subappalti

Il Decreto Fiscale, convertito in legge dalla L. 157/2019, reca una serie di misure per contrastare l’omesso versamento delle ritenute fiscali in materia di appalti e subappalti. Tali misure si applicano a decorrere dal 01/01/2020.

L’art. 4 del Decreto Fiscale (D.L. 124/2019, convertito in legge con la L. 19/12/2019, n. 157, pubblicata nella G.U. del 24/12/2019, n. 301) introduce l’art. 17-bis nel D. Leg.vo 09/07/1997, n. 241, il quale stabilisce che il committente (sostituto di imposta residente nel territorio dello Stato ai fini delle imposte sui redditi) che affida il compimento di una o più opere o di uno o più servizi di importo complessivo annuo superiore a 200.000 euro a un’impresa, tramite contratti di appalto, subappalto, affidamento a soggetti consorziati o rapporti negoziati comunque denominati, caratterizzati da prevalente utilizzo di manodopera, presso le sedi di attività del committente con l'utilizzo di beni strumentali di proprietà di quest'ultimo o ad esso riconducibili in qualunque forma, è tenuto a richiedere all'impresa appaltatrice o affidataria e alle imprese subappaltatrici, obbligate a rilasciarla, copia delle deleghe di pagamento relative al versamento delle ritenute fiscali trattenute dall’impresa appaltatrice o affidataria e dalle imprese subappaltatrici ai lavoratori direttamente impiegati nell’esecuzione dell’opera o del servizio.
Il versamento delle ritenute è effettuato dall’impresa appaltatrice o affidataria e dall’impresa subappaltatrice, con distinte deleghe per ciascun committente, senza possibilità di compensazione.

Inoltre, il nuovo articolo 17-bis, del D. Leg.vo 241/1997, specifica alcuni obblighi di trasmissione previsti per le ditte appaltatrici (affidatarie o subappaltatrici) necessari per consentire al committente di adempiere all’obbligo del riscontro dell'ammontare complessivo degli importi versati dalle imprese.

Si introduce poi l’obbligo per il committente di sospendere il pagamento dei corrispettivi maturati dall'impresa appaltatrice o affidataria (sino a concorrenza del 20% del valore complessivo dell'opera o del servizio, ovvero per un importo pari all'ammontare delle ritenute non versate rispetto ai dati risultanti dalla documentazione trasmessa) nel caso di mancato adempimento da parte di quest’ultime degli obblighi di trasmissione o nel caso di omesso o insufficiente versamento delle ritenute fiscali.

In caso di inottemperanza ai predetti obblighi, il committente è obbligato al pagamento di una somma pari alla sanzione irrogata all'impresa appaltatrice o affidataria, o subappaltatrice, per la corretta determinazione delle ritenute e per la corretta esecuzione delle stesse, nonché per il tempestivo versamento, senza possibilità di compensazione.

Sono previste alcune deroghe alla disciplina descritta, per le imprese appaltatrici e subappaltatrici o affidatarie che provino la sussistenza di determinati requisiti.

L'art. 17-bis, comma 8, del D. Leg.vo 241/1997, prevede infine che per le imprese appaltatrici o affidatarie e per le imprese subappaltatrici è esclusa la facoltà di avvalersi dell'istituto della compensazione quale modalità di estinzione delle obbligazioni relative a contributi previdenziali e assistenziali e premi assicurativi obbligatori, maturati in relazione ai dipendenti. Detta esclusione opera con riguardo a tutti i contributi previdenziali e assistenziali e ai premi assicurativi maturati, nel corso della durata del contratto, sulle retribuzioni erogate al personale direttamente impiegato nell'esecuzione delle opere o dei servizi affidati.

 

 

Fonte: Bollettino Online di Legislazione Tecnica
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URSA MAIOR – tecnologia e prestazione in un unico isolante

URSA MAIOR – tecnologia e prestazione in un unico isolante

Coperture innovative – Cool Roof

Vi è mai capitato, in estate, di scottarvi la mano toccando una superficie scura? Vi siete mai accorti dell’elevata temperatura che può raggiungere l’asfalto di una strada durante una calda giornata estiva?

Sui nostri tetti succede la stessa cosa: un tetto piano con superficie in membrana bituminosa nera tradizionale raggiunge con soleggiamento facilmente 80°C in una giornata estiva, e forse anche qualche grado in più.

Ciò dà luogo principalmente a due categorie di problemi:

- l’isola di calore: fenomeno dell’innalzamento della temperatura delle aree urbane rispetto a quella di cui si gode nelle aree rurali, misurato tra 1° e 6°C.
- il consumo energetico: i tetti scuri riflettono una piccolissima parte del calore ricevuto dal sole e, quindi, lo trasmettono all’ambiente interno sottostante, con costi di condizionamento elevati e scarso comfort abitativo.

Il cool roof, in italiano “tetto freddo”, è un tetto contraddistinto da elevata capacità di riflettere l’irradiazione solare incidente e, al contempo, di emettere energia termica nell’infrarosso.

Queste innovative coperture possono fornire un’efficace soluzione al problema del surriscaldamento estivo dei singoli edifici e delle grandi aree urbane.

In California e in altri Stati degli U.S.A. i cool roofs sono da molti anni oggetto di analisi tecnico-economiche estensive e, più recentemente, di attività di certificazione e regolamentazione.

Una significativa accelerazione si è recentemente avuta in seguito ai black-out estivi innescati dall’azionamento simultaneo, nelle ore più calde della giornata, degli impianti di condizionamento e dal conseguente sovraccarico della rete elettrica.

Gli studi svolti hanno dimostrato che i cool roofs possono permettere riduzioni dei consumi per condizionamento e dei carichi elettrici di picco fino anche al 70%.

Tra i provvedimenti normativi a sostegno del Cool Roof oggi possiamo contare: gli standard ASHRAE 90.1 e 90.2, diverse norme di efficienza energetica statali in USA, l’International Energy Conservation Code, il Cool Roof Rating Council in USA e nell’UE, il Codice Energetico per gli uffici in India e altre iniziative in continua crescita. Anche il Green Building Council ne riconosce il grande impatto.

La stessa certificazione LEED®, sempre più ricorrente anche alle nostre latitudini, prevede il contributo alla soddisfazione del credito SS 7.2 “Effetto isola di calore: coperture” (secondo il Protocollo LEED® v4).

In pratica, un cool roof può essere ottenuto applicando alla superficie del tetto uno strato di rivestimento superficiale esterno con colore molto chiaro, preferibilmente bianco, e con carattere non metallico. Un tipo di copertura con simili proprietà può fornire una soluzione sia al problema del surriscaldamento estivo degli edifici, con i suoi negativi effetti sul benessere termoclimatico, sia al correlato problema dell’isola di calore urbana, l’aumento di temperatura rispetto alle campagne circostanti che in estate caratterizza le aree altamente urbanizzate.

Si possono quindi avere vantaggi diretti, connessi al minore riscaldamento del tetto e, di conseguenza, al maggiore comfort termico interno, ai minori consumi energetici e costi di impianto per condizionamento ed al più lento degrado delle strutture edilizie, e vantaggi indiretti, consistenti in una riduzione del surriscaldamento urbano e del conseguente fenomeno dello smog fotochimico, con i costi sociali e sanitari a questi correlati, nonché in minori consumi energetici globali, inferiori carichi di picco sulla rete elettrica e più ridotta immissione di gas serra in atmosfera.

Il cool roof è ad oggi, tra le tipologie di coperture, il più comunemente impiegato, ma che presenta elevate criticità, soprattutto a carico del manto impermeabile. I manti sintetici di nuova concezione tipo TPO (di colorazione chiara), presentano la faccia superiore bianca, che consente un’alta riflettività dei raggi solari e un basso assorbimento di calore.

Ciononostante, per il corretto funzionamento della copertura e fondamentale che l’isolante termico possa offrire sufficiente e duratura planarità. La stabilita dimensionale diventa quindi la caratteristica determinante nella scelta del prodotto isolante.

I pannelli URSA MAIOR non assorbono acqua nè per diffusione nè per immersione, sono chimicamente stabili all’aria e all’acqua e le loro caratteristiche fisiche restano invariate anche in presenza di umidità.

Non essendo prevista alcuna zavorra di finitura, i pannelli isolanti vanno accuratamente ed opportunamente ancorati al piano di posa, mediante incollaggio a freddo o fissaggi meccanici (vedi foto).




Il bordo a battente e il più indicato in questo tipo di soluzione, in quanto agevola la posa in opera e contribuisce a ridurre i ponti termici tra i pannelli, sebbene contenuti. Anche in questo caso, prima della posa dello strato isolante, sul massetto delle pendenze va prevista la stesura di una barriera al vapore.




Anni di ricerca continua hanno reso possibile lo sviluppo di URSA MAIOR, un prodotto isolante di ultima generazione, dalle straordinarie proprietà termiche, ma non solo.

La composizione chimica e la trama regolare della sua struttura cellulare a celle chiuse, permettono infatti a URSA MAIOR di raggiungere bassissimi valori di conduttività termica e gli conferiscono altre importanti caratteristiche:

- E’ chimicamente stabile anche per lunghi periodi a sostanze come l’aria e l’acqua;
- E’ resistente alla penetrazione dell’acqua anche sotto forma di vapore;
- Non subisce variazioni dimensionali o di planarità in presenza di acqua o vapore;
- Può essere impiegato anche in contesti dove si raggiungano temperature elevate (temperature limite d’impiego -50°/+95° C);
- E’ imputrescibile;
- Presenta elevata resistenza meccanica;
- Mantiene costanti le proprie caratteristiche sia durante le fasi di stoccaggio che per tutto il suo ciclo di vita.

Aumento di volumetria, variazioni essenziali e abuso per necessità

Aumento di volumetria, variazioni essenziali e abuso per necessità

Il TAR Lazio-Roma 14/11/2019, n. 13055 fornisce un utile riepilogo dei principi giurisprudenziali in tema di interventi eseguiti in assenza o in difformità dal titolo edilizio.

FATTISPECIE
Nel caso di specie la ricorrente impugnava l’ordinanza di demolizione emessa dal Comune che aveva rilevato la realizzazione di lavori abusivi in totale difformità dalla concessione edilizia. In particolare si trattava della edificazione di un manufatto ad uso residenziale e di un altro con destinazione agricola, di un piano interrato eseguito come seminterrato con maggiore superficie e volumetria residenziale e il mutamento della destinazione d’uso di un garage e di un locale per gli attrezzi agricoli; tutto ciò per consentire il migliore e concreto utilizzo dei luoghi anche da parte di una persona affetta da una malattia invalidante.
A tale ultimo riguardo la ricorrente sosteneva che lo stato di malattia dovrebbe autorizzare interventi edilizi anche in deroga agli strumenti urbanistici, a maggior ragione quando le modifiche abbiano solo riflessi interni e non riguardino categorie diverse ed autonome.

VARIAZIONI ESSENZIALI E DIFFORMITÀ PARZIALE
Il TAR, ritenendo in primo luogo infondate le deduzioni della ricorrente volte a sminuire l’abuso con la considerazione parziale ed atomistica dei singoli interventi, che invece vanno considerati nel loro complesso, ha richiamato i seguenti orientamenti giurisprudenziali in materia:

- in tema di abusi edilizi si è in presenza di difformità totale del manufatto o di variazioni essenziali, sanzionabili con la demolizione quando i lavori riguardino un'opera diversa da quella prevista dall'atto di concessione per conformazione, strutturazione, destinazione, ubicazione; si configura per contro la difformità parziale quando le modificazioni incidano su elementi particolari e non essenziali della costruzione e si concretizzino in divergenze qualitative e quantitative non incidenti sulle strutture essenziali dell'opera;

- in caso di realizzazione di una volumetria maggiore rispetto a quella assentita si configura un'ipotesi di variazione essenziale, ai sensi dell'art. 32, D.P.R. 380/2001, comma 1, lett. b), soprattutto ove questa abbia determinato un incremento percentuale superiore a quello di tolleranza del 2% previsto dall'art. 34, D.P.R. 380/2001, comma 2-ter. È legittima pertanto l'applicazione della sanzione demolitoria che l'art. 31, D.P.R. 380/2001, comma 2, riconnette non solo agli interventi eseguiti in totale difformità dal permesso di costruire, ma anche a quelli realizzati con "variazioni essenziali" determinate ai sensi del richiamato art. 32;

- il provvedimento che ingiunge la demolizione è un atto sostanzialmente dovuto che, pertanto, soprattutto in presenza di un abuso rientrante nella disciplina dell’art. 31, D.P.R. 380/2001, non richiede una particolare motivazione oltre alla chiara indicazione delle opere abusive; per la costante giurisprudenza non è di ostacolo alla sua emanazione neppure il decorso di un periodo di tempo anche consistente dalla commissione dell'abuso.

ABUSO PER NECESSITÀ
Infine il TAR, proprio sulla base della considerazione che la repressione dell’abuso in questione non costituiva attività discrezionale della P.A. ma attività del tutto vincolata, ha affermato che le primarie esigenze di tutela della salute e della necessità di abbattimento delle barriere architettoniche non possono giustificare opere eseguite in totale difformità da quanto assentito con il titolo edilizio, in assenza di una richiesta di permesso di costruire in variante. Di conseguenza non assume alcuna rilevanza la possibilità di deroga alla disciplina urbanistica ai fini della necessità dall’abbattimento delle barriere architettoniche, non dovendo l’amministrazione, in presenza di opere edilizie eseguite in assenza di titolo edilizio o in difformità totale dall’assentito, accertare il profilo sostanziale della conformità o meno delle opere alla disciplina urbanistica, ma dovendosi limitare ad evidenziare la sussistenza degli abusi eseguiti sine titulo.

 

Fonte: Bollettino Online di Legislazione Tecnica
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FRCM, qualificazione e accettazione: proroga termine regime transitorio

FRCM, qualificazione e accettazione: proroga termine regime transitorio

Il Consiglio superiore dei lavori pubblici ha prorogato di un anno il periodo transitorio previsto dalle Linee guida per l’identificazione, la qualificazione ed il controllo di compositi fibrorinforzati a matrice inorganica, denominati FRCM (Fiber Reinforced Cementitious Matrix), impiegati per il consolidamento strutturale.

Con D. Cons. Sup. LL.PP. 08/01/2019, n. 1, sono state approvate Linee guida contenenti le procedure per l’identificazione, la qualificazione e l’accettazione di materiali di compositi fibrorinforzati a matrice inorganica (FRCM - Fiber Reinforced Cementitious Matrix), allo scopo di consentire lo svolgimento delle attività del Servizio Tecnico Centrale relative al rilascio delle Certificazioni di Valutazione Tecnica per l'impiego di materiali e prodotti da costruzione per uso strutturale non soggetti a marcatura CE.
Il provvedimento si affianca al precedente D. Cons. Sup. LL.PP. 09/07/2015, n. 220, concernente i materiali compositi fibrorinforzati a matrice polimerica (FRP).

A partire dalla pubblicazione del decreto del Consiglio superiore dei lavori pubblici in commento, è possibile inoltrare al Servizio Tecnico Centrale istanze di qualificazione dei materiali in oggetto, in conformità a quanto riportato nelle Linee guida.
È peraltro previsto un periodo transitorio: è infatti consentito, per un periodo di un anno successivo al decreto stesso, ora ulteriormente prorogato di 12 mesi e quindi fino al 08/01/2021 dal D. Cons. Sup. LL.PP. 03/12/2019, n. 625, durante il quale - per quanto concerne l’impiego di composti fibrorinforzati a matrice inorganica (FRCM) da utilizzarsi per il consolidamento di costruzioni esistenti - è possibile continuare a fare riferimento a quanto disposto in merito al punto 8.6 delle Norme tecniche per le costruzioni (NTC 2018) di cui al D.M. 17/01/2018. Si richiama in proposito il Parere 20/07/2017, n. 31, del Consiglio superiore dei LL.PP.
Trascorso detto periodo transitorio, per il consolidamento di costruzioni esistenti tramite composti fibrorinforzati a matrice inorganica (FRCM), potranno essere impiegati solo materiali qualificati ai sensi della Linea guida in commento.

 

 

Fonte: Bollettino Online di Legislazione Tecnica
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Contributi ai comuni per efficientamento energetico e sviluppo territoriale sostenibile

Contributi ai comuni per efficientamento energetico e sviluppo territoriale sostenibile

Il DDL bilancio 2020, approvato dal Senato il 16/12/2019, prevede l'assegnazione ai comuni di 500 milioni di euro, per ciascuno degli anni dal 2020 al 2024, per la realizzazione di opere pubbliche finalizzate all'efficientamento energetico ed allo sviluppo territoriale sostenibile.

L'art. 1, commi da 29 a 37, del disegno di Legge di bilancio 2020 prevede l’assegnazione di contributi in favore dei comuni, nel limite massimo di 500 milioni di euro annui, per ciascuno degli anni dal 2020 al 2024, destinati ad opere pubbliche in materia di:
- efficientamento energetico, ivi compresi interventi volti all’efficientamento dell’illuminazione pubblica, al risparmio energetico degli edifici di proprietà pubblica e di edilizia residenziale pubblica, nonché all’installazione di impianti per la produzione di energia da fonti rinnovabili;
- sviluppo territoriale sostenibile, ivi compresi interventi in materia di mobilità sostenibile, nonché interventi per l’adeguamento e la messa in sicurezza di scuole, edifici pubblici e patrimonio comunale e per l’abbattimento delle barriere architettoniche.

I contributi sono attribuiti a ciascun comune sulla base della popolazione residente, come di seguito indicato:
- ai comuni con popolazione inferiore o uguale a 5.000 abitanti è assegnato un contributo pari ad euro 50.000;
- ai comuni con popolazione compresa tra 5.001 e 10.000 abitanti è assegnato un contributo pari ad euro 70.000;
- ai comuni con popolazione compresa tra 10.001 e 20.000 abitanti è assegnato un contributo pari ad euro 90.000;
- ai comuni con popolazione compresa tra 20.001 e 50.000 abitanti è assegnato un contributo pari ad euro 130.000;
- ai comuni con popolazione compresa tra 50.001 e 100.000 abitanti è assegnato un contributo pari ad euro 170.000;
- ai comuni con popolazione superiore compresa tra 100.001 e 250.000 abitanti è assegnato un contributo pari ad euro 210.000;
- ai comuni con popolazione superiore a 250.000 abitanti è assegnato un contributo pari ad euro 250.000.

I contributi spettanti a ciascun comune devono essere attribuiti entro il 31/01/2020 con decreto del Ministero dell'interno, il quale assume altresì l'obbligo di comunicare a ciascun comune, entro il 10/02/2020, l'importo del contributo ad esso spettante per ciascun anno.

Si stabilisce l'obbligo per il comune beneficiario del contributo di iniziare l'esecuzione dei lavori entro il 15 settembre di ciascun anno di riferimento del contributo.
I contributi sono erogati dal Ministero dell'interno agli enti beneficiari:
- per il 50%, previa verifica dell'avvenuto inizio dell'esecuzione dei lavori, e
- per il restante 50% previa trasmissione al Ministero dell'interno del certificato di collaudo o del certificato di regolare esecuzione rilasciato dal direttore dei lavori.

 

 

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Fondo salva opere: nuovi termini per istanze, certificazioni e riparto delle risorse 2019 e 2020

Fondo salva opere: nuovi termini per istanze, certificazioni e riparto delle risorse 2019 e 2020

Con Decreto del Ministero delle infrastrutture e trasporti del 19/12/2019, sono stati fissati nuovi termini per la presentazione delle istanze, la trasmissione delle certificazioni ed il riparto delle risorse relative alle annualità 2019 e 2020 del Fondo salva opere.

I. L'art. 47, comma 1-bis, del D.L. 34/2019 prevede che, al fine di garantire il rapido completamento delle opere pubbliche e di tutelare i lavoratori, è istituito nello stato di previsione del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti un fondo denominato "Fondo salva opere”.

Il Fondo è alimentato dal versamento di un contributo pari allo 0,5% del valore del ribasso offerto dall’aggiudicatario:
- delle gare di appalti pubblici di lavori, nel caso di importo a base d’appalto pari o superiore a euro 200.000;
- delle gare di servizi e forniture, nel caso di importo a base d’appalto pari o superiore a euro 100.000.

Le risorse del Fondo sono destinate a soddisfare, nella misura massima del 70%, i crediti insoddisfatti dei sub-appaltatori, dei sub-affidatari e dei sub-fornitori nei confronti dell’appaltatore ovvero, nel caso di affidamento a contraente generale, dei suoi affidatari, sub-fornitori, subappaltatori, sub-affidatari, quando questi sono assoggettati a procedura concorsuale, nei limiti della dotazione del Fondo.

II. Il D. Min. Infrastrutture e Trasp. 12/11/2019, n. 144, ha adottato il Regolamento che disciplina i criteri di assegnazione delle risorse e le modalità operative del Fondo salva opere, istituito in applicazione delle disposizioni di cui ai commi da 1-bis a 1-septies, dell'art. 47, del D.L. 30/04/2019, n. 34 (c.d. Decreto Crescita), come convertito dalla L. 28/06/2019, n. 58.

In particolare, il Decreto disciplina la procedura di accesso alle risorse del Fondo e le modalità di erogazione delle risorse.

I soggetti aventi diritto chiedono l’accesso alle risorse del Fondo con istanza presentata all’amministrazione aggiudicatrice, da inviare con posta elettronica certificata, compilata secondo il modello di cui all’Allegato A al Decreto. L’istanza di accesso alle risorse del Fondo è corredata della documentazione attestante l’esistenza, l’esigibilità, l’importo del credito nei confronti dell’appaltatore, del contraente generale o dell’affidatario del contraente generale, insoluto alla data di presentazione dell’istanza.

I soggetti ai quali è presentata l’istanza, certificano l’importo del credito anche avvalendosi di atti e documenti nella disponibilità propria o del contraente generale, al quale sono tenuti a farne richiesta. La certificazione, redatta secondo il modello di cui all’Allegato B al Decreto, è trasmessa al Ministero e all’istante dall’amministrazione aggiudicatrice ovvero dal contraente generale, o dall’amministrazione affidante a contraente generale, con posta elettronica certificata.

III. Il Decreto del Ministero delle infrastrutture e trasporti del 19/12/2019, ha ridefinito la tempistica per la presentazione delle istanze, la trasmissione delle certificazioni ed il riparto delle risorse relative alle annualità 2019 e 2020 del Fondo salva opere.

In particolare, per i crediti di cui all'articolo 47, comma 1-quinquies, del D.L. 34/2019, e relativamente alle risorse stanziate per l'anno 2019:
- i creditori presentano, entro il 24/01/2020, l'istanza di accesso alle risorse del Fondo;
- le amministrazioni aggiudicatrici alle quali è presentata l’istanza, trasmettono al Ministero la certificazione del credito entro il 14/02/2020;
- è predisposto un unico piano di ripartizione entro il 06/03/2020.

In relazione alle risorse destinate per l'anno 2020 dall'articolo 47, comma 1-quinquies, del D.L. 34/2019, la Direzione generale per l'edilizia statale e per gli interventi speciali, in base alla certificazione rilasciata a seguito della presentazione dell' istanza per l'anno 2019, predispone il piano di ripartizione entro il 01/04/2020.

 

Fonte: Bollettino Online di Legislazione Tecnica
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Responsabilità solidale di progettista e collaudatore per il crollo di un edificio

Responsabilità solidale di progettista e collaudatore per il crollo di un edificio

Sono responsabili in solido sia il progettista che il collaudatore per il cedimento di una struttura alla cui progettazione e costruzione avevano partecipato a vario titolo.

FATTISPECIE
Nel caso di specie, una società aveva commissionato la costruzione di un capannone, che veniva ultimato nei primi mesi del 2001. Nel 2005 era crollata l'arcata centrale del capannone, provocando il cedimento di parte della struttura, con danni alle attrezzature interne e con fermo del ciclo produttivo per lungo periodo.

Il Tribunale aveva ritenuto responsabili del danno sia la società costruttrice che gli ingegneri che ricoprivano l’incarico di progettista e di collaudatore, ripartendo la responsabilità di questi ultimi senza vincolo di solidarietà. La Corte di appello di Venezia aveva parzialmente riformato la decisione di primo grado, ritenendo solidale la responsabilità del progettista e del collaudatore.

Secondo il collaudatore ricorrente, la diversità delle due condotte (del progettista e collaudatore) impedirebbe di configurare una solidarietà passiva, essendo questa piuttosto legata a condotte entrambe volte alla realizzazione dell'opera, a cui il collaudatore invece non aveva partecipato.

PRINCIPIO DI DIRITTO E CONCLUSIONI
In proposito, l’Ord. C. Cass. civ. 14/10/2019, n. 25780 ha affermato che l'art. 2055, comma 1, Codice civile richiede solo che il fatto dannoso sia imputabile a più persone, ancorché le condotte lesive siano fra loro autonome e pure se diversi siano i titoli di responsabilità di ciascuna di tali persone.

Correttamente dunque è istituito un vincolo di solidarietà tra la condotta del progettista e quella del collaudatore, quando entrambe abbiano contributo al medesimo evento, quale il cedimento della struttura alla cui progettazione e costruzione avevano partecipato a vario titolo.

La Suprema Corte ha dunque ritenuto correttamente configurata la responsabilità solidale tra i due ingegneri.

Si ricorda che in caso di responsabilità solidale ai sensi dell’art. 2055 del Codice civile, può essere richiesto il risarcimento dell’intero danno ad uno qualsiasi degli obbligati in solido, quest’ultimo poi si potrà rivolgere agli altri coobbligati (diritto di regresso) nella misura determinata dalla gravità della rispettiva colpa e dall'entità delle conseguenze che ne sono derivate. Nel dubbio, le singole colpe si presumono uguali.


Fonte: Bollettino Online di Legislazione Tecnica
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La veranda attrezzata di un esercizio commerciale necessita del permesso di costruire

La veranda attrezzata di un esercizio commerciale necessita del permesso di costruire

Il Consiglio di Stato ha ritenuto che una veranda attrezzata esterna, stabilmente destinata ad estensione del locale interno in ogni periodo dell’anno, a causa della sua consistenza e funzione comporta una rilevante trasformazione edilizia del territorio. Pertanto deve essere qualificata come nuova opera e necessita del permesso di costruire.

FATTISPECIE
Il Comune di Treviolo (BG) aveva intimato al ricorrente, ai sensi dell’art. 31, del D.P.R. 380/2001, la demolizione del manufatto antistante il suo immobile adibito ad enoteca con servizio di ristorazione, ove erano collocati tavolini e sedie utilizzati per l’attività di somministrazione di alimenti e bevande, in quanto realizzato in assenza di titolo edilizio (permesso di costruire).

Il manufatto abusivo è descritto dall’amministrazione come “una struttura autonoma che costituisce, delimita e arreda uno spazio per il ristoro all’aperto, annesso al locale di pubblico esercizio di somministrazione insediato in sede fissa […] adibita a dehors permanente semichiuso, realizzato con elementi in legno (montanti, travi e travetti), avente dimensioni esterne di m 13,55 X 8,60 (superficie lorda mq 116,53). La struttura si regge su n. 12 montanti in legno 12 X 12 annegati in n. 10 botti riempite di calcestruzzo (…) ed è riparata dagli agenti atmosferici con telo plastificato affrancato ai travetti mediante legacci. L’ambiente è munito di impianto elettrico per alimentare ventilatori, lampade scaldanti, impianto di diffusione stereofonica; il pavimento è costituito da lastre di legno composite, sostenute e livellate da graticci. In definitiva la struttura è semichiusa lateralmente da tende in tessuto e tende saliscendi plastificate a delimitazione dell’ambito, poggia su suolo pavimentato, non è ancorata, ma ha caratteri di solidità”. Tale manufatto risultava inoltre mantenuto in loco e utilizzato da più di 7 anni.

Il ricorrente, aveva contestato la legittimità dell’ordinanza di demolizione del manufatto e del successivo diniego di rilascio del titolo edilizio in sanatoria, in quanto sosteneva che: il dehors non era una struttura autonoma e utilizzabile indipendentemente rispetto all’enoteca; non aveva carattere permanente, poiché facilmente amovibile; non era munito di solaio ma solo di un telo per il riparo degli avventori dalle intemperie, non era chiuso su tutti i lati ed era privo di riscaldamento.

PRINCIPI DI DIRITTO
In proposito, la Sent. TAR. Lombardia Brescia 18/11/2019, n. 990 ha precisato che:
- l’asserita "facile amovibilità" nonché la mancanza di impianto di riscaldamento non costituiscono elementi idonei a conferire al dehors le caratteristiche di un'opera precaria, se tale struttura non ha un utilizzo contingente e limitato nel tempo, ma è destinata a soddisfare bisogni duraturi e non provvisori attraverso la permanenza nel tempo della sua funzione;
- va esclusa, inoltre, l’asserita valenza puramente pertinenziale del manufatto, in relazione al suo stretto collegamento con l’edificio principale, se, per il suo impatto volumetrico, la veranda attrezzata incide significativamente e in modo permanente sull'assetto edilizio dell’edificio, del quale amplia la superficie e la volumetria utile.

CONCLUSIONI
Il Tribunale ha quindi concluso che il ricorrente aveva creato un autonomo organismo edilizio di rilevanti dimensioni, stabilmente destinato ad estensione del locale interno in ogni periodo dell’anno; il quale pertanto, a causa della sua consistenza e funzione, deve essere qualificato come nuova opera, comportando una rilevante trasformazione edilizia del territorio.



Fonte: Bollettino Online di Legislazione Tecnica
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Marche: pubblicata la legge sull’equo compenso

Marche: pubblicata la legge sull’equo compenso

Lo scopo della L.R. Marche 38/2019 è garantire per i liberi professionisti un equo compenso proporzionato alla quantità, qualità e al contenuto e alle caratteristiche della prestazione resa, ma anche rispetto ai parametri applicabili alla professione svolta nello specifico.

È stata pubblicata nel BURM 28/11/2019, n. 93 la L.R. Marche 18/11/2019, n. 38 che attribuisce alle istituzioni regionali e alla Pubblica amministrazione il compito di perseguire la finalità di promuovere e valorizzare le attività professionali, anche attraverso il riconoscimento ad un equo compenso.

Il compenso dovrà necessariamente essere proporzionato alla quantità, alla qualità, al contenuto e alle caratteristiche della prestazione resa, oltre che conforme ai parametri applicabili alla specifica professione, così come stabilito anche dal legislatore nazionale.
Gli stessi parametri dovranno essere utilizzati, quale criterio o base di riferimento, ai fini dell’individuazione dell’importo da porre a base di gara e nei contratti di incarico professionale non dovranno essere inserite clausole vessatorie.

MISURE PREVISTE - La legge prevede che entro il 31 marzo di ogni anno la Giunta regionale dovrà sottoporre all’Assemblea legislativa una relazione che ricomprenda i risultati dell’attività di monitoraggio. Viene previsto, inoltre, che la Regione promuova l’adozione da parte degli Enti locali di misure atte a garantire quanto stabilito dall’intervento legislativo in questione.

 



Fonte: Bollettino Online di Legislazione Tecnica
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